Federico Batini (a cura di)
La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c6
Nello sviluppo dell’autoregolazione il linguaggio è sicuramente il canale più importante di autoistruzione e la scrittura la sua naturale esplicitazione. Per questo motivo ogni giorno i ragazzi sono stati invitati a scrivere una pagina di diario di bordo, accomodato in base ai differenti funzionamenti: in questo spazio sono stati invitati a riportare resoconti, vissuti, attività, persone conosciute, apprendimenti conquistati e difficoltà incontrate. La narrazione di sé è diventata un processo educativo per imparare a riconoscere e accettare i propri punti di forza e di debolezza, per ragionare su eventi «imprevisti», per riappropriarsi di una stima di sé, per tessere il proprio progetto di vita.
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È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci di un po’ di scuse e diventare chi vogliamo essere [...] Chi abbiamo intorno ci aiuta, ma ad un certo punto dobbiamo essere noi a prendere in mano le redini e a manipolare la nostra esistenza perché ci assomigli [Atzori 2011, 66].
Nei soggetti in cui linguaggio e scrittura erano fortemente compromessi, sono state scelte forme di autoconsapevolezza non verbale che hanno utilizzato ad esempio mezzi visivi, come figure, fotografie e sequenze di disegno. Questi semplici strumenti sono diventati significative occasioni di autodirezione in compiti di routine: l’attenzione, inoltre, alle dimensioni psicologiche del locus of control, alle percezioni dell’autoefficacia personale, allo sviluppo corretto e produttivo di strategie di lavoro sono opportunità di valorizzazione e potenziamento del ruolo attivo e responsabilizzato del soggetto.
La responsabilità è la capacità di rispondere alle diverse situazioni della vita, senza sprecare energia incolpandosi o incolpando gli altri degli errori commessi. È importante udirsi. Ascoltare ciò che si dice, le parole che si usano, il proprio linguaggio. Dunque, non si può essere profondamente responsabili seguendo un rigido e costante impegno, ma serve una rilassatezza autentica, una riconciliazione con la vita. Serve pace col proprio destino. La responsabilità più profonda non è «essere ciò che si vuole essere», ma è accettare ciò che si è [Callini 2008, 13].
In questa sede per la prima volta i ragazzi hanno letto e hanno ricevuto letture, narrative e argomentative, che avessero per tema la sindrome di Down: a volte si sono rispecchiati, in altri casi distinti; hanno individuato risonanze e dissonanze, hanno guadagnato storie prossimali capaci di sollecitare consapevolezze e prese di coscienza, amplificazioni personali.
La sfida della lettura è diventata condizione per promuovere a più livelli occasioni di dialogo interno ed esterno, una sorta di esperienza di bricolage, intesa come capacità di cogliere le potenzialità personali e di contesto, le vulnerabilità di ciascuno e del sistema, il ruolo dell’agency esercitata dal {p. 164}singolo e dalla comunità in un’ottica di un sistema inclusivo che si costruisce insieme a partire dal riconoscimento della dignità di ogni progetto di vita, frutto sempre di un intreccio tra condizioni, situazioni, significazioni. E dentro questa continua costruzione, mediata anche dalle narrazioni ricevute e regalate, ciascuno
non sa esattamente che cosa produrrà, ma recupera tutto quello che trova in giro... si arrangia con gli scarti. La maggior parte delle volte sono l’esito di una serie di avvenimenti contingenti, il frutto di tutte le occasioni che gli si sono presentate per arricchire la sua raccolta di cianfrusaglie [Jacob 1978, 17-18].

4. Brevi conclusioni

Questo piccolo percorso di approfondimento ha messo in evidenza alcune possibili piste di indagine e di lavoro che consegnano alla lettura altri compiti importanti.
Non si tratta solo di immaginare universi di possibilità evolutive e apprenditive, ma permettere di costruire comunità capaci di pensarsi al plurale e accogliere l’eterogeneità come dato del mondo.
Oltre al già noto e documentato, possiamo oggi affermare che l’incontro con una certa letteratura, anche dentro all’universo disabilità, può consentire di falsificare, dare forza, umanizzare, piuttosto che espropriare, diffamare, confermare [Adichie 2020]: può diventare un amplificatore di visioni e scenari maggiormente rispettosi della diversità e delle differenze di ciascuno. La lettura può farsi anche occasione per prendere coscienza in maniera onesta della propria condizione di fragilità o di svantaggio: incontrare le storie di altri può permettere di trovare assonanze e concordanze con il proprio stare al mondo, fare pace con quella parte di sé a volte ignota e nascosta, ma di cui è impossibile disfarsi.
I libri raccolgono e fanno nascere parole [...]. Parole che diciamo, a noi stessi, o che permettono un intreccio, un dialogo con gli altri. E quindi libri con e libri per chi cresce con bisogni speciali [Canevaro 2009, 9].{p. 165}
Stare a contatto con dimensioni di vulnerabilità consente anche di evitare di pensare che appartengano solo ad alcuni o che debbano essere facilmente risolte, aggiustate, superate, quando invece hanno diritto di esistere per tutti e per ciascuno come possibili sfumature esistenziali.
Regalarsi opportunità di lettura può così delicatamente sostenere percorsi di autodeterminazione, empowerment, in una sorta di riconciliazione personale in cui ci si scopre capaci di abitare una buona vita [Miatto 2020] ed essere, così come si è, buoni per la vita.