Andrea M. Maccarini (a cura di)
Character skills e didattica digitale
DOI: 10.1401/9788815374615/c2
Questa criticità è motivo di grande preoccupazione tra i dirigenti: mentre rispetto alla formazione tecnica molto si può fare con tutti, perché si tratta di insegnare il «come», sugli aspetti caratteriali (le competenze socio-emozionali degli insegnanti) l’intervento è molto difficile, anzi per certi versi impossibile, in quanto richiederebbe un’azione sul «chi»,
{p. 53}ossia richiama l’attenzione sul chi è l’insegnante. Dunque, se una competenza tecnica o una procedura o una sequenza di azioni può essere agevolmente e rapidamente insegnata, non altrettanto si può dire degli aspetti caratteriali. Attraverso le narrazioni dei dirigenti si coglie una diffusione trasversale del problema: non è la filiera l’elemento determinante per stabilire le qualità del buon docente. Trasversalmente alle scuole incluse nella ricerca, i dirigenti hanno riferito di docenti problematici, non collaborativi, poco attivi sul fronte della rimodulazione della didattica, poco curiosi verso nuovi metodi e tecniche. La questione sembra tuttavia porsi in termini di particolare gravità all’interno degli istituti tecnici e professionali, in cui il ricorso alle tecnologie dovrebbe essere già parte integrante del modus operandi docente in condizioni ordinarie. E invece è proprio in queste filiere che si segnalano le situazioni di maggiore criticità. Un elemento che pare avere rilevanza è la fascia di età (più attivi e competenti i giovani; più resistenti i senior) e la condizione occupazionale (più attivi i precari e i docenti con incarico annuale rispetto a quelli a tempo indeterminato).
Rispetto a questo tema i dirigenti hanno tratteggiato alcuni «tipi» di docente che questa esperienza ha fatto emergere con chiarezza a partire dal loro osservatorio. Riprendendo e schematizzando le loro argomentazioni, i tipi ideali di docente risultano dall’intersezione di due dimensioni: quella della disponibilità al cambiamento e quella dell’esperienza didattica.
La dimensione del cambiamento spazia dalla propensione all’innovazione alla resistenza inerziale. La dimensione del tempo si riferisce invece alla durata dell’esperienza d’insegnamento dei docenti pregressa all’evento Covid-19.
Lo spazio semantico che viene a definirsi attraverso l’intersezione tra i due assi genera quattro tipi ideali di docenti, come illustrato nella figura 2.1. Gli Immobili sono coloro che pur avendo una lunga esperienza di insegnamento presentano una bassa propensione al cambiamento e che in condizioni di emergenza, quando più che mai sarebbe richiesta una mobilitazione di risorse ed energie, si arroccano all’interno della propria zona di comfort. Sono docenti con bassa motivazione, che considerano la professione una tra {p. 54}tante, e che si fanno forti dell’inquadramento professionale a tempo indeterminato. Gli Insicuri sono coloro che invece hanno una limitata esperienza di insegnamento alle spalle e proprio per questo sono avversi al cambiamento; sono probabilmente docenti ancora in cerca del proprio posto e del proprio stile educativo e didattico, talora sono precari o con incarichi temporanei di supplenti e per queste ragioni ritengono di non dover agire in direzione di investimenti corposi nello svolgimento dell’attività professionale.
Fig. 2.1. Tipi ideali di docenti – atteggiamento rispetto all’innovazione.
Fig. 2.1. Tipi ideali di docenti – atteggiamento rispetto all’innovazione.
I Curiosi sono insegnanti di lunga esperienza, fortemente motivati e continuamente alla ricerca di nuovi stimoli, da elaborare e trasferire all’interno della propria pratica professionale; presentano un elevato livello di apertura verso la novità. Infine, gli Entusiasti: per quanto dotati di limitata esperienza professionale, sono comunque orientati all’innovazione, pronti a cogliere sfide che l’ambiente di apprendimento pone loro.
È evidente che diversi tipi di docente produrranno effetti all’interno delle loro classi e sui loro studenti:
il problema sono proprio le competenze non cognitive degli insegnanti; e qui purtroppo c’è poco da fare, io ho molti dubbi {p. 55}che una formazione di qualche ora possa servire a chi insegna da vent’anni… se ti interessa questa cosa probabilmente ci hai già investito sopra per conto tuo, altrimenti la formazione imposta la fai certo, ma ti lascia proprio poco. Io ho visto in tutte le scuole una eterogeneità enorme tra insegnanti; c’è quello motivato, capace, intraprendente, curioso, appassionato e riversa questo in classe, e i ragazzi assorbono anche quello spirito; poi ci sono gli esecutori, formali, per carità ligi nell’esecuzione del compito e anche bravi, ma sono esecutori… e poi residuano quelli che proprio non dovevano insegnare (da intervista a DS liceo).
Nella nostra indagine, vedremo come tali effetti possono essere colti attraverso la correlazione tra l’atteggiamento degli insegnanti e le SES degli alunni. Dalle considerazioni dei dirigenti emerge, comunque, la necessità di studiare anche le SES degli insegnanti. Naturalmente il nostro studio attuale non ha questo focus. Tuttavia, utilizzando le informazioni contenute nelle interviste con i dirigenti scolastici, abbiamo provato a proiettare le SES oggetto del nostro lavoro sulla tipologia degli insegnanti che abbiamo definito poc’anzi. Ne risulta un quadro come quello illustrato nella tabella 2.1. In essa non possiamo esprimere alcuna valutazione numerica, perché non si è svolta alcuna misurazione. Possiamo solo introdurre, indicativamente, il segno tendenziale che corrisponde alle SES manifestate (secondo i dirigenti) dai vari tipi d’insegnanti in parola. Il senso di questa operazione consiste semplicemente nel notare l’interesse della questione e nel proporre un primo punto di partenza possibile per ulteriori studi.
In ogni caso, è chiaro che le SES dei docenti non solo agiscono sulla classe in generale, ma lo fanno tanto più in momenti di forte stress, come quello determinato dalla pandemia:
i ragazzi percepiscono anche questo disinvestimento da parte del docente singolo, ma il gruppo docente come team dipende dall’abbinamento più o meno fortunato dentro le classi. In alcune volte c’è collaborazione e le cose funzionano e hanno funzionato anche ora a queste condizioni (da intervista a DS IP).{p. 56}
Tab. 2.1. Competenze socio-emotive e tipi ideali di docenti
Immobili
Insicuri
Entusiasti
Curiosi
«Task performance»
Motivazione al risultato
+
+
Responsabilità
+
+
Perseveranza
+
+
+
Autocontrollo
+
+
Regolazione emotiva
Resistenza allo stress
+
Ottimismo
+
+
Controllo emotivo
+
+
Collaborazione
Empatia
+
+
Fiducia
+
+
Cooperazione
+
+
+
«Engaging with others»
Socievolezza
+
+
+
Assertività
+
Energia
+
+
«Open mindedness»
Tolleranza
+
+
Creatività
+
+
Curiosità
+
+
 
 
 
 
 
 
E le competenze dei docenti hanno una rilevanza ancora maggiore in relazione al momento del percorso scolastico: per gli studenti che oggi sono nelle classi seconde delle superiori, il supporto del team docente è ancora più necessario perché queste sono le classi che sono andate in lockdown dopo pochi mesi dall’inizio della scuola superiore, ancor prima di aver costruito reti tra pari e quando ancora la conoscenza da parte dei docenti era superficiale. Mantenere questi studenti agganciati alla scuola, motivati, far intravedere loro comunque un’opportunità di apprendimento anche in condizioni di svantaggio, costituisce uno dei mandati educativi a cui gli insegnanti sono chiamati.
Concludiamo questa ricognizione delle narrazioni dei dirigenti scolastici con una riflessione, suggerita anch’essa dai dirigenti, relativa alle profonde carenze all’interno della scuola italiana: la prima carenza va individuata nel corpo docente, troppo eterogeneo come formazione, come motivazione e come capacità di adattamento e lavoro in situazioni ormai sempre nuove. Prevale ancora una resistenza al cambiamento e all’innovazione, nella didattica e nei modi di fare didattica:
Però la realtà della nostra scuola è purtroppo questa, intendo non solo questa scuola ma la scuola italiana. Questo modo di fare didattica in modo standardizzato è il più diffuso e quello che mi preoccupa di più è che riguarda soprattutto le nuove generazioni che hanno uno stile molto tradizionale e anche problemi relazionali con la classe. Purtroppo io credo che si replichi uno stile che si è visto, ma non funziona più (da intervista a DS IP).
Il trasferimento semplice dalla presenza alla distanza non funzionava. Alcune discipline avevano già una pratica maggiore nella gestione di attività differenti e adatte alla distanza, e anche metodi di valutazione diversi. La DAD tende ad essere applicata dai docenti senza innovare troppo, adattando lo strumento digitale al proprio bagaglio professionale mentre dovrebbe essere il contrario (da intervista a DS liceo).
D’altra parte la scuola, tranne alcuni casi eccezionali, è anche carente sul piano delle dotazioni strutturali: poco
{p. 58}attrezzata, poco aggiornata, poco connessa, poco formata; l’emergenza sanitaria in questo caso ha fatto da acceleratore a una transizione tecnologica che era indispensabile.