Andrea M. Maccarini (a cura di)
Character skills e didattica digitale
DOI: 10.1401/9788815374615/c5

Capitolo quinto Adolescenti di carattere: un profilo emergente
di Giulia Maria Cavaletto e Andrea M. Maccarini

Notizie Autori
Giulia Maria Cavaletto insegna Metodologia della ricerca sociale nell’Università di Padova e Sociologia dell’educazione nell’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni recenti: Emerging Platform Education? What Are the Implications of Education Processes’ Digitization? (2020), Overcoming the STEM Gender Gap. From School to Work (2020), Democrazia. Le sfide del presente tra rappresentanza e partecipazione (2020).
Notizie Autori
Andrea M. Maccarini insegna Sociologia nell’Università di Padova. È autore, tra l’altro, di Deep Change and Emergent Structures in Global Society (2019) e di Lezioni di sociologia dell’educazione (2003); ha curato il volume L’educazione socio-emotiva. Character skills, attori e processi nella scuola primaria (2021).
Abstract
In questo capitolo si articola – in termini necessariamente esplorativi – una visione sintetica rispetto alle SES, alla riflessività dei giovani studiati e a ciò che a esse si correla, primariamente in rapporto all’esperienza scolastica. L’idea fondamentale è che la riflessività personale si svolga attraverso una sorta di «operatore» che è la conversazione interiore: con questa espressione si fa riferimento a tutte quelle forme silenziose con cui i soggetti umani «parlano» dentro di sé, dando forma verbale alle proprie riflessioni su sé stessi in relazione al mondo e sul mondo in relazione a sé, alla propria esperienza di vita, a ciò che si vuole essere e diventare. Questo tipo di analisi è volto a offrire interpretazioni più comprensive delle traiettorie di vita personali nella loro particolare curvatura, che non si spiegherebbe esclusivamente in base ai fattori condizionanti.

1. «Character skills» e riflessività negli adolescenti: significati, contraddizioni, fattori correlati

In questo capitolo si articola – in termini necessariamente esplorativi – una visione sintetica rispetto alle SES, alla riflessività dei giovani studiati e a ciò che a esse si correla, primariamente in rapporto all’esperienza scolastica.
Affrontiamo dapprima la questione della riflessività personale. Abbiamo già introdotto in precedenza il concetto e la sua ispirazione teorica, chiarendo che il peculiare interesse che tale categoria riveste per noi in questa ricerca consiste nella sua capacità di cogliere le forme dell’impegno e d’investimento di sé dei giovani che abbiamo studiato, le «cose che contano» nella vita di questi adolescenti, il che risulta in diversi atteggiamenti rispetto al loro «piano di vita» futuro. Ora, è interessante notare che i testi delle narrazioni autobiografiche che gli alunni hanno presentato si sono prestati all’interpretazione attraverso questa chiave di lettura, rivelando così significati profondi che vanno oltre una semplice analisi del contenuto. L’approccio teorizzato da Margaret Archer, dunque, ha costituito un’efficace pista interpretativa dei materiali narrativi consegnati nei testi dello storytelling.
Prima di entrare nel vivo dell’analisi è necessaria una breve digressione, che chiarisca almeno in nuce la nozione dei cosiddetti «modi» della riflessività, secondo la teorizzazione a cui facciamo riferimento [1]
. L’idea fondamentale è {p. 142}che la riflessività personale si svolga attraverso una sorta di «operatore» che è la conversazione interiore: con questa espressione si fa riferimento a tutte quelle forme silenziose con cui i soggetti umani «parlano» dentro di sé, dando forma verbale alle proprie riflessioni su sé stessi in relazione al mondo e sul mondo in relazione a sé, alla propria esperienza di vita, a ciò che si vuole essere e diventare. Negli studi di Archer, questa operazione coscienziale presenta tre caratteristiche che la rendono profondamente rilevante anche sul piano sociologico:
  1. assume forme diverse, prevalenti in soggetti diversi, finendo per «caratterizzarli»; Archer afferma di avere identificato queste forme in quanto emergenti induttivamente dalle sue analisi empiriche (e quindi anche potenzialmente non esaustive della fenomenologia della riflessività);
  2. è correlata, appunto attraverso i suoi specifici modi, a vari aspetti del contesto sociale, culturale, materiale e pratico in cui la persona si trova fin dal suo ingresso nel mondo;
  3. dà forma alla agency e la esprime, e con ciò influenza – cioè contribuisce a condizionare – l’orientamento al futuro dei soggetti, il loro modo di fare la propria strada nel mondo.
Osservati in base ai modi suddetti, secondo Archer, i soggetti si caratterizzano come:
  1. riflessivi comunicativi: si tratta di soggetti i quali mostrano una conversazione interiore che necessita per il suo stesso svolgimento del confronto con altri fuori da sé, qualificati come significativi. Questi soggetti valorizzano fortemente le relazioni e le comunità di riferimento, che figurano tra le loro priorità di vita;
  2. riflessivi autonomi: sono capaci di dialogo interiore in modo del tutto indipendente da altri, sono fortemente e razionalmente orientati a obiettivi nella dimensione pratica (per esempio la carriera e l’abilità in compiti concreti) e tendono all’impegno, anche etico, in forma individualizzata;
  3. metariflessivi: si tratta qui di persone il cui flusso di conversazione interiore è centrato sulla meta-critica riflessiva di sé stesse e degli ambienti sociali di cui fanno parte, o con cui entrano in contatto. Sono in un certo senso un «tipo» {p. 143}analogo agli autonomi, ma si caratterizzano per la forte tendenza alla valorizzazione di ciò che «fa la differenza» nel mondo, al di là dell’achievement individuale;
4) riflessivi fratturati [2]
: sono soggetti la cui conversazione interiore appare bloccata da incertezze e dubbi, ansia e difficoltà, le cui verbalizzazioni interiori sembrano essere inconcludenti, manifestando un senso di disorientamento e scarsa autoefficacia – a volte fino al distacco dalla realtà sociale.
L’idea di base è che a tali «modi di operare» della coscienza si associno tendenzialmente investimenti diversi su diversi beni, percepiti come interessi intrinseci (premure, concern) prioritari nella propria vita. In tal modo s’intende gettare uno sguardo analitico e profondo su «come funziona» la agency delle persone, sottolineando attraverso quale processo questa le porti a re-agire alle situazioni, ai condizionamenti sociali e culturali entro cui vivono. Questo tipo di analisi è volto a offrire interpretazioni più comprensive delle traiettorie di vita personali nella loro particolare curvatura, che non si spiegherebbe esclusivamente in base ai fattori condizionanti.
Veniamo ora alla nostra indagine. Ogni narrazione (rivolta al passato, al presente o al futuro, per ogni studente) è stata attribuita – attraverso la lettura condivisa nel team di ricerca – a un modo della riflessività prevalente, sia esso fratturato, comunicativo, autonomo o metariflessivo [3]
. {p. 144}L’attenzione nella lettura dei testi è stata, dunque, funzionale a realizzare questa attribuzione. Per questa ragione, si è concentrata su due dimensioni: anzitutto sulle forme dell’esposizione, ossia sul tipo di narrazione che ci è stata consegnata. Sotto questo profilo, un tratto rilevante consiste nella distinzione tra narrazioni introspettive (con accento prevalente sull’interiorità, sugli stati d’animo, sulle loro trasformazioni), descrittive (focalizzate sulla narrazione di eventi e sequenze di accadimenti), o miste (derivanti dalla composizione delle due forme). Abbiamo, inoltre, esaminato i testi in base ai contenuti, focalizzando l’attenzione in modo particolare sulle cose che contano, che stanno a cuore agli adolescenti, nei diversi momenti del tempo di cui hanno fornito un’istantanea – includendo in questa formulazione sia altri attori sociali, sia varie situazioni, progetti, eventi.
A partire di qui è possibile sviluppare varie piste di analisi, esplorando diversi aspetti del «profilo» dei soggetti del nostro studio.

2. Modi della riflessività e SES

La prima e più fondamentale osservazione, in linea molto generale, è che tutti e quattro i modi della riflessività si sono manifestati nelle narrazioni raccolte tra i quindicenni della nostra ricerca, variamente distribuiti tra le filiere e tra i generi. Sempre in via generale, le femmine prevalgono tra i riflessivi autonomi e i metariflessivi; i riflessivi autonomi prevalgono nella filiera liceale; i riflessivi fratturati si trovano più frequentemente nelle altre filiere. La capacità riflessiva e introspettiva in generale sembra appartenere maggiormente alle femmine che ai loro coetanei maschi.
Ciò detto, il focus dell’analisi è consistito soprattutto nell’indagare se le SES mostrino una qualche relazione con i modi della riflessività che sono emersi dalla lettura delle {p. 145}narrazioni autobiografiche. Questa domanda è indubbiamente importante, oltre che per ragioni teoriche, anche per un motivo eminentemente pratico: se non ci fosse alcun nesso significativo tra queste entità vorrebbe dire che le SES non sono correlate a una delle proprietà più rilevanti per qualunque soggetto umano e per lo sviluppo dell’identità personale.
I dati raccolti evidenziano, in effetti, una relazione tra SES e modi riflessivi. Ne diamo qui dapprima una caratterizzazione qualitativa. Partendo dai riflessivi comunicativi, essi presentano una bassa capacità cooperativa, il che appare a prima vista controintuitivo: visto che la loro forma riflessiva li conduce a fondare la propria stessa identità sul dialogo intenso con «altri fuori da sé», si sarebbe immaginata una forte propensione all’empatia, alla capacità di dare e chiedere aiuto, di entrare in relazione con l’altro. Il punto che qui si evidenzia, a ben vedere, è che le narrazioni ci restituiscono un’immagine di comunicazione fine a sé stessa, finalizzata più che altro a soddisfare il proprio bisogno di essere ascoltati più che a fare della relazione l’elemento qualificante di un’intrapresa comune – di un obiettivo da raggiungere. Rispetto a tale competenza prevale il «dire» più che l’ascoltare e ancor più che la reciprocità o l’efficacia operativa del flusso comunicativo.
Per quanto riguarda la resistenza allo stress, i riflessivi comunicativi ne sono dotati in misura moderata: si potrebbe dedurre che la situazione legata alla pandemia abbia eroso le risorse emotive e psicologiche di questi adolescenti in modo particolare, proprio a causa dell’isolamento sociale. È soprattutto nel progredire della narrazione che si avverte una costante perdita di capacità di resistenza e fronteggiamento della situazione.
Per quanto riguarda i riflessivi autonomi, questi si caratterizzano per un basso livello di cooperazione, il che è coerente con un profilo prevalentemente individualista: i soggetti autonomi – o almeno, questi autonomi – sono capaci di progettare scenari futuri per sé, dialogano e si confrontano con gli altri, ma non cercano per forza una relazione con altri, e ancor meno un’interazione di tipo
{p. 146}cooperativo. Presentano un’elevata resistenza alle situazioni difficili, sono capaci di attuare strategie di fronteggiamento di fronte a eventi stressanti; in conseguenza di queste caratteristiche sono anche fortemente motivati e determinati nel raggiungimento dei propri obiettivi, che sono peraltro chiari, lucidi e razionali, fortemente ancorati alla realtà. Anche le loro scelte lessicali, per esempio, privilegiano la prima persona singolare: gli autonomi vivono in un mondo fatto essenzialmente di «io» e «me».
Note
[1] Per i riferimenti bibliografici rinviamo all’argomentazione svolta nel capitolo primo del presente volume, senza entrare qui in ulteriori dettagli.
[2] Questa formulazione, certo non delle più felici in lingua italiana, risulta dalla traduzione del termine inglese fractured. In mancanza – almeno per ora – di idee migliori, assumiamo questa scelta lessicale, utile se non altro a mantenere chiaro il significato teorico-concettuale sottostante.
[3] Evitiamo in questa sede di approfondire ulteriormente la discussione metodologica che potrebbe (anzi, dovrebbe!) svilupparsi in merito alla modalità con cui i «modi» riflessivi sono stati individuati. Basti per ora chiarire che, intenzionalmente, non abbiamo utilizzato un questionario ad hoc e l’indicatore ICONI (internal conversation indicator) a suo tempo sviluppato nel lavoro di Archer [2003]. Disponendo di testi narrativi abbastanza strutturati e articolati, centrati su domande compatibili con quelle relative alla riflessività nel senso archeriano, abbiamo preferito non sovraccaricare i giovani con un ulteriore strumento di rilevazione, ma interpretare e collocare i loro testi nei vari «modi» in base alla corrispondenza tra forme e contenuti testuali e caratteristiche tipiche dei modi, come definite nella teoria. Torneremo altrove più diffusamente su questo punto.