Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c4
Riprendiamo, dopo questa carrellata un poco tecnica, ma necessaria per comprendere i risultati di questi studi, la domanda iniziale posta nell’introduzione: «Le neuroscienze hanno la pretesa di applicare le proprie tecniche di indagini a tutti gli aspetti dell’esperienza umana, a tutte le manifestazioni della personalità umana. Da dove nasce una pretesa così smisurata?». La fMRI si pone come una tecnica che è in grado di offrire misure di parametri oggettivi correlati con le funzioni cerebrali, cioè si pone come una misura oggettiva, idealmente che prescinde dalla soggettività. Fino
{p. 94}ad ora ci si era comunque affidati a resoconti dei soggetti, come tali non oggettivi e quindi non affidabili. Per la prima volta, sembrano sostenere le neuroscienze, abbiamo una conoscenza oggettiva delle funzioni cerebrali.
Vediamo nel caso specifico dell’applicazione di questa tecnica alle NCS come stanno veramente le cose.

3. Applicazione della fMRI allo studio delle «non cognitive skills»

Un articolo di quest’anno riporta un titolo provocatorio e significativo: The Tenacious Brain: How the Anterior Midcingulate Contributes to Achieving Goals (Il cervello tenace: come la corteccia del cingolo medio anteriore contribuisce a raggiungere gli obbiettivi) [3]
.
Vorrei subito sottolineare un’ambiguità voluta e cercata in campo neuroscientifico: si attribuisce una tipica caratteristica del soggetto umano, della sua esperienza, direttamente al cervello, al tessuto cerebrale, a un organo del nostro corpo? Perché mai il cervello dovrebbe essere tenace? Anzi la consistenza del tessuto cerebrale è veramente minima, il cervello è molle!
È evidente a chiunque che si vuole indurre l’idea che l’uomo sia il suo cervello!
Fin dall’inizio dell’articolo emerge una preoccupazione metodologica tipica di questo approccio: la definizione più precisa e possibilmente adottata da tutti della capacità in studio.
La tendenza a perseverare nonostante le difficoltà è stata chiamata con più nomi. Recenti studi sui successi nella vita la descrivono come «grinta» in inglese grit (letteralmente ghiaia a grani grossi), definita come «passione e perseveranza verso obiettivi soprattutto a lungo termine» [4]
. Altri hanno usato il termine {p. 95}«persistenza» (definita come «la capacità di generare e mantenere l’attenzione/eccitazione interna») [5]
, «perseveranza» (definita come «il mantenimento dello sforzo nel tempo» [6]
, o definita come opposto di «apatia») [7]
. Qui usiamo il termine tenacia, persistenza di fronte alla sfida, per descrivere sia un modello di comportamento persistente, sia un bias fondamentale nei calcoli dello sforzo [8]
, per cui i costi dello sforzo vengono sminuiti e viene enfatizzato il valore delle ricompense a lungo termine [9]
.
Di fatto, poi, l’articolo è una review centrata sul contributo della corteccia medio-cingolata alla tenacia della persona.
Un articolo del 2016 [10]
riporta lo studio della grinta e della credenza nella crescita dell’assetto mentale, due non cognitive skills, in una popolazione di ragazzi. Così l’articolo definisce le capacità in studio:
la grinta è la perseveranza a lungo termine per un obiettivo o una serie di obiettivi, mentre la credenza nella crescita dell’assetto mentale (una teoria incrementale dell’intelligenza) è la convinzione che l’intelligenza sia malleabile e che si possa «far crescere» l’intelligenza e raggiungere gli obiettivi attraverso il proprio lavoro e la dedizione [11]
.{p. 96}
La popolazione è costituita da un gruppo di 20 ragazzi (9 femmine) con età media di anni 11,2, selezionati da un gruppo più largo che era stato sottoposto a uno studio di fMRI della connettività cerebrale funzionale nello stato di riposo (vedi prima in questo capitolo).
Come vengono accertate e misurate la grinta e la credenza nella crescita dell’assetto mentale? A distanza di 2 anni dall’esecuzione dell’indagine fMRI venne fatta una survey socioeconomica dei soggetti e vennero somministrati 2 questionari, quello per la grinta composto di 8 item ciascuno con una gradazione di risposta di 5 livelli e quello per la credenza nella crescita dell’assetto mentale di 6 item ciascuno con una gradazione di risposte di 6 livelli.
Poiché nella fMRI della connettività cerebrale funzionale nello stato di riposo non vengono eseguiti compiti, azioni, pensieri o attuate stimolazioni, ma anzi la registrazione avviene in condizioni di riposo e minima stimolazione e poiché comunque è difficile immaginare condizioni sperimentali di valutazione della grinta della durata di 20-30 secondi, la tecnica di indagine che è stata applicata è quella della wholebrain seed-to-voxel analysis (analisi seme versus voxel dell’intero cervello), cioè del paragone di 1 o 2 aree cerebrali con tutte le altre dell’intero cervello. Poiché motivazione e apprendimento, specie quello correlato alla ricompensa, dipendono da un nucleo cerebrale chiamato striato [12]
, lo studio è stato fatto scegliendo la connettività striatale dorsale e ventrale come punto di paragone per la connettività con tutte le altre aree cerebrali.
Per l’analisi statistica sono state paragonate le due capacità grinta e credenza nella crescita dell’assetto mentale, cioè i dati dei due questionari nel loro insieme con un paragone tra le due capacità e le correlazioni tra i valori dei questionari dei singoli soggetti rispetto alle variazioni {p. 97}di connettività delle due aree scelte come seme nelle loro connessioni con le altre aree cerebrali.
Grinta e credenza nella crescita dell’assetto mentale sono risultate avere un basso grado di correlazione, non statisticamente significativo. Lo striato dorsale mostra correlazioni tra la credenza nella crescita dell’assetto mentale e la sua connettività con varie aree cerebrali, mentre la grinta non mostra alcuna correlazione. Al contrario lo striato ventrale mostra correlazione rilevante della sua connettività con varie aree cerebrali sia per la credenza nella crescita dell’assetto mentale, sia per la grinta.
Gli autori sottolineano che il loro è il primo studio a prendere in esame grinta e credenza nella crescita dell’assetto mentale. Riconoscono i limiti del proprio lavoro per l’esiguità del campione e la distanza temporale tra l’esecuzione della fMRI e la somministrazione dei questionari. Tuttavia, arrivano ad affermare che la conoscenza acquisita può aiutare a sviluppare modelli neurobiologici di NGS rilevanti per l’educazione e i relativi interventi. I nuovi modelli possono servire come step intermedio per convalidare le basi cerebrali delle non cognitive skills al fine di comprendere meglio il target di interventi educativi e più in generale la modalità di sviluppo di competenze come grinta e credenza nella crescita dell’assetto mentale.
Come si vede bene dalle conclusioni degli autori emerge una pretesa di intervento persino in campo educativo (dopo il primo articolo neuroscientifico di questo genere!) che lascia davvero perplessi.
Innanzitutto occorre sottolineare che nelle condizioni sperimentali di fMRI della connettività funzionale dello stato di riposo e della scelta di studiare la connettività dello striato dorsale e ventrale con altre aree cerebrali entrano necessariamente per le analisi statistiche i valori dei questionari, che ovviamente coinvolgono un aspetto di soggettività, che può essere influenzata da una miriade di fattori: gli autori sottolineano solo la distanza temporale tra fMRI e somministrazione dei questionari.
In secondo luogo, i dati che emergono dallo studio sono che le due capacità esaminate correlano scarsamente {p. 98}fra loro per quanto riguarda il livello di connettività dello striato dorsale e ventrale con le restanti aree cerebrali in condizione di riposo e che i valori dei questionari mostrano delle correlazioni con le connettività delle due aree scelte. Quindi si tratta di dati del tutto iniziali, di cui aumentare la numerosità, ma soprattutto di cui capire il significato anche con condizioni sperimentali che valutino direttamente l’impatto di queste capacità sull’attivazione cerebrale.
La costruzione di mappe cerebrali funzionali è a un livello estremamente grossolano: stiamo parlando di dati fMRI che dipendono da volumi di cervello (voxel) contenenti milioni di neuroni connessi in modo estremamente complesso e che comunicano fra loro in modo continuamente mutevole, a velocità vertiginose, con gigabyte di informazioni scambiate. Pertanto, è ridicola la pretesa che queste iniziali mappe possano aver alcuna utilità nel determinare scelte educative nei singoli soggetti o in popolazioni di ragazzi.
Tutto il grande interesse per le NCS nasce dal fatto che la possibile loro determinazione con esattezza in singoli individui permetterebbe previsioni di successo e scelte professionali molto più adeguate. Le neuroscienze in questo campo muovono i primi passi di tipo del tutto euristico, di ricerca. Inoltre, non sarà per nulla facile passare da correlazioni valide su popolazioni all’applicazione significativa e utile nel singolo individuo.

4. Problemi generali delle misure delle NCS dal punto di vista neuroscientifico e neuropsicologico

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, anche per le NCS, occorre arrivare a definizioni le più precise possibili e approvate e impiegate da tutta la comunità scientifica. Altrimenti l’interpretazione del significato dei dati ottenuti e la loro confrontabilità tra diversi set sperimentali rimane problematica.
Ma il punto più problematico riguarda la messa a punto del vero strumento di indagine che è il questionario. La scelta delle domande rispetto alla funzione indagata è
{p. 99}cruciale. Occorre che la domanda sia chiara, non ambigua, ben comprensibile anche per soggetti di livello culturale molto vario. L’unica strada realistica è quella di elaborare lentamente il questionario, applicandolo e migliorandolo rispetto ai primi risultati e ripetendo tale operazione fino a raggiungere una qualità confacente del questionario. Deve essere poi validato in un campione rappresentativo dell’intera popolazione.
Note
[3] A. Touroutoglou, J. Andreano, B.C. Dickerson, L.F. Barrett et al., The Tenacious Brain: How the Anterior Mid-cingulate Contributes to Achieving Goals, in «Cortex», 123, 2020, pp. 12-29.
[4] A.L. Duckworth e J.J. Gross, Self-control and Grit: Related but Separable Determinants of Success, in «Current Directions in Psychological Science», 23, 2014, pp. 319-325.
[5] C.B. Holroyd, The Waste Disposal Problem of Effortful Control, in T. Braver (a cura di), Motivation and Cognitive Control, New York, Psychology Press, 2016, pp. 235-260.
[6] E.H. Patzelt, W. Kool, A.J. Millner e S.J. Gershman, The Transdiagnostic Structure of Mental Effort Avoidance, in «Scientific Reports», 9, 2019, p. 1689.
[7] C. Le Heron, C.B. Holroyd, J. Salamone e M. Husain, Brain Mechanisms underlying Apathy, in «Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry», 90, 2019, pp. 302-312.
[8] A. Shenhav, M.M. Botvinick e J.D. Cohen, The Expected Value of Control: An Integrative Theory of Anterior Cingulate Cortex Function, in «Neuron», 79, 2013, pp. 217-240.
[9] A. Touroutoglou, J. Andreano, B.C. Dickerson, L.F. Barrett et al., The Tenacious Brain: How the Anterior Mid-cingulate Contributes to Achieving Goals, cit., pp. 12-29.
[10] C.A. Myers, C. Wang, J.M. Black, N. Bugescu, F. Hoeft et al., The Matter of Motivation: Striatal Resting-state Connectivity is Dissociable between Grit and Growth Mindset, in «Social Cognitive and Affective Neuroscience», 11, 10, 2016, p. 1521.
[11] A. Touroutoglou, J. Andreano, B.C. Dickerson, L.F. Barrett et al., The Tenacious Brain: How the Anterior Mid-cingulate Contributes to Achieving Goals, cit., pp. 12-29.
[12] R. Pauli, A. Bowring, R. Reynolds, G. Chen, T.E. Nichols e C. Maumet, Exploring fMRI Results Space: 31 Variants of an fMRI Analysis in AFNI, FSL, and SPM, in «Frontiers in Neuroinformatics», 10, 24, 2016.