Andrea M. Maccarini (a cura di)
Character skills e didattica digitale
DOI: 10.1401/9788815374615/c1
  1. in primo luogo, ci si è chiesti quali tra le molte competenze fossero le più pertinenti alle domande di ricerca e coerenti con il percorso sin qui descritto. Ciò implica anche corrispondere da vicino ai temi spesso sottolineati nel di
    {p. 32}battito pubblico, laddove si segnalano le difficoltà vissute dai giovani alunni nelle circostanze attuali;
  2. inoltre, abbiamo tenuto conto delle scelte metodologiche di fondo, cioè di un approccio basato sul mixed method e sull’introduzione di tecniche di rilevazione innovative;
  3. infine, si è tenuto conto del problema della sostenibilità: uno studio focalizzato su un numero ridotto di scuole e di studenti presenta il vantaggio delle possibilità di approfondimento; infatti, il mix delle tecniche di rilevazione selezionate ha consentito di scandagliare il terreno di alcune, selezionate competenze.
Su questa base, la scelta è stata di studiare cooperazione, resistenza allo stress e passione per gli obiettivi.
Inoltre, la situazione ha posto un problema metodologico fondamentale: come condurre un’indagine in un periodo in cui la scuola tiene le porte del tutto chiuse o pone molte restrizioni all’accesso? E tuttavia come perdere l’opportunità di osservare che cosa accade al suo interno in un momento così peculiare? Com’è noto, le scuole superiori sono state il segmento della scuola italiana maggiormente sottoposto a misure restrittive e didattica a distanza. La scelta delle tecniche per la rilevazione delle informazioni è stata dunque fortemente condizionata dalle regole del distanziamento sociale attuate in risposta alla persistente pandemia. Il progetto ha mirato a trasformare i vincoli in opportunità, selezionando strumenti di rilevazione sagomati ad hoc sulle circostanze.
La ricerca si è configurata anzitutto come uno studio di casi. La finalità del progetto è consistita nell’identificare e analizzare alcune buone pratiche (nell’accezione sopra specificata) in scuole superiori torinesi in tempi di DAD, con specifica attenzione alle competenze socio-emotive e alla capacità riflessiva orientata al passato, al presente e al futuro [24]
. Le informazioni necessarie sono state raccolte da diversi soggetti, coinvolti nell’indagine con diversi strumenti. Il profilo delle scuole selezionate è stato ricostruito attraverso dati secondari e interviste con testimoni privilegiati (dirigenti {p. 33}scolastici e insegnanti). La ricostruzione dei contesti educativi e dell’ecologia degli ambienti di apprendimento ha costituito la premessa necessaria della nostra indagine: occorre definire di quale scuola si tratti, quali caratteristiche fondamentali possieda, quale utenza accolga, quali risposte fornisca ai bisogni di alunni e famiglie. A questi elementi generali, tipici di ogni rilevazione e utili a qualificare il campo di indagine, si sono aggiunti elementi qualificanti il momento contingente. A tal fine sono state realizzate interviste in profondità con i dirigenti scolastici, sollecitando una loro riflessione sulla DAD, sulle dotazioni tecniche della scuola, sulla preparazione degli insegnanti nell’uso delle tecnologie, sull’impatto del distanziamento sociale rispetto alle competenze non cognitive di studenti e docenti, e infine circa le ricadute di questo scenario sugli apprendimenti. Con il team insegnante della classe coinvolta in ciascuna scuola è stato realizzato un focus group. Ognuno di questi ha indagato le seguenti aree: il pregresso problema delle disuguaglianze educative e l’impatto (amplificatore o riduttore) della DAD, le trasformazioni osservate negli studenti sia rispetto ai rendimenti, sia alla socialità, alla motivazione e all’orientamento al futuro in tempi di distanziamento sociale, la dotazione di competenze socio-emotive tra gli insegnanti e il loro utilizzo durante la DAD, i fattori di criticità emersi nei mesi di DAD e nei rientri parziali.
Infine, per quanto riguarda gli studenti, a causa dell’impossibilità per i ricercatori di entrare nelle scuole, sono stati predisposti strumenti di rilevazione adeguati alla modalità a distanza. In tutte le classi il progetto è stato presentato in presenza, durante una delle finestre nelle quali era consentita la frequenza degli studenti al 75%, ma successivamente la rilevazione delle informazioni è stata gestita a distanza. Gli alunni sono stati coinvolti nella ricerca attraverso tre diverse attività:
  1. la raccolta di narrazioni autobiografiche (o storytelling), volte a cogliere le loro rappresentazioni e riflessioni sulle dimensioni sopra citate e in particolare circa l’orientamento al futuro;
  2. la partecipazione a un serious game impostato sulle SES selezionate;{p. 34}
  3. la somministrazione, contestuale alle partite del game, di un questionario online per la misurazione delle medesime SES.
  1. Per quanto riguarda lo storytelling, esso è stato proposto nella forma di redazione di una storia personale per ogni alunno (uno storytelling riflessivo a partire da un approccio narrativo autobiografico), articolata in tre capitoli, ognuno dei quali organizzato attorno a una traccia ideata dai ricercatori [25]
    . Complessivamente sono state raccolte, per le tre tracce e per le sei scuole, 378 narrazioni.
Ogni traccia sollecitava la narrazione riflessiva dello studente, diventando l’occasione per raccontare qualcosa su di sé, su ciò che sta a cuore, di cui si ha timore o speranza, su ciò che piace e per cui si ha passione; per manifestare dubbi e critiche a sé stessi, alla scuola, alla famiglia, agli amici. La dimensione del cambiamento è stata sottolineata e considerata essenziale: il tempo che passa modifica situazioni, percezioni, progettualità, relazioni. Ognuno dei tre momenti narrativi poteva infatti presentare elementi peculiari legati a un «prima» e a un «dopo». Il cambiamento è stato proposto alla riflessione non soltanto come mutamento al di fuori di sé (circostanze, avvenimenti, contesti ecc.), ma anche dentro di sé, attraverso riflessioni, pensieri, emozioni (positive o negative).
Dal punto di vista teorico, a supporto della scelta di questa tecnica vi è una serie di contributi rilevanti. Un breve cenno può essere utile a comprenderne la valenza per la nostra ricerca. In primo luogo, va ricordato che la narrazione costituisce un’attività umana universale, pur nell’eterogeneità dei metodi, dei contenuti, dei generi [Barthes 1985] e per questa ragione essa può dirsi quasi una forma istintuale [Brooks 1984]. Dalle favole ai miti, dai diari alle storie, fin dall’infanzia raccontare costituisce una delle prime e fondamentali forme di discorso (sia come discorso prodotto che come discorso ascoltato), che vengono acquisite e poi usate dagli individui nelle più varie circostanze di vita [Bruner 1992; Riessman 1993]. Anche la narrazione autobiografica {p. 35}può essere strutturata secondo un’articolazione interna di trama, sequenza temporale, personaggi, ossia una connessione di eventi, una struttura cronologica e l’interazione con altri attori sociali [26]
. La vita stessa può essere intesa come una narrazione con la quale si conferisce visibilità a sé stessi e agli altri, agli eventi della propria biografia, e si definiscono le aspettative e prospettive per il futuro [Gergen 1997] attraverso la parola (detta o scritta). Bruner è l’autore che ha maggiormente approfondito e sistematizzato le riflessioni sul significato e i modi in cui le narrazioni vengono prodotte, i significati vengono scambiati, condivisi e comunicati attraverso il raccontare e il raccontarsi [Bruner 1992]. La tesi principale di Bruner è che i processi cognitivi e linguistici a partire dai quali prende forma la narrazione (e in particolare l’autonarrazione) siano culturalmente e socialmente situati e consentano di agire sia retrospettivamente, organizzando la memoria, sia proiettivamente, organizzando la propria vita in vista di uno o più fini. La narrazione di ogni attore sociale è quindi uno strumento per entrare in comunicazione con altri attori sia reali, sia immaginari, presenti o variamente dislocati nello spazio-tempo, e costruisce una relazione di tipo comunicativo [27]
. Il racconto che prende forma nell’autonarrazione richiede inoltre un duplice atto interpretativo: da parte di chi lo costruisce (l’attore, la voce narrante) e da parte di chi riceve/legge/ascolta la narrazione (gli altri attori, i destinatari del messaggio). La narrazione connette eventi, azioni e interazioni, li seleziona, conferisce loro ordine, produce senso.
Nel nostro caso, una narrazione prodotta da adolescenti non fa eccezione rispetto allo schema ora brevemente richiamato: rappresenta anzi, anche per essi, lo strumento riflessivo per eccellenza, con cui mettere a fuoco una catena di eventi, individuando nessi di casualità e identificando così i possibili punti di svolta nella propria biografia scolastica e personale, {p. 36}da cui originano le chances di vita future. Buona parte della letteratura sul tema sostiene che, a partire da quanto detto sin qui, la narrazione sia anche lo strumento fondamentale attraverso il quale un attore sociale può costruire la propria identità personale. La narrazione è quindi una modalità espressiva e comunicativa con cui l’attore sociale guarda a sé stesso, riflette su di sé e si riconosce. Per riprendere ancora Bruner: «solo la narrazione consente di costruirsi un’identità» [Bruner 2001, 55]. Non a caso, in letteratura si è parlato di creazione narrativa del sé [Bocci e Franceschelli 2014], di costruzione dialogica del sé [Nicolini 2001] e di identità narrativa [Mancini 1995].
È rilevante ai nostri fini anche il fatto che il sé narrativo si articoli lungo l’asse temporale, nelle dimensioni retrospettiva e progettuale [Demetrio 1998; Leone 2001; Ricoeur 1993; Smorti 1994; 1996; 1997]. Il contributo di Ricoeur, per limitarci a un breve cenno, mette in tensione l’attività di raccontare una storia (anche la propria) e il carattere temporale di ogni esperienza umana. La narrazione è per Ricoeur lo strumento attraverso cui si può accedere alla comprensione di sé. L’identità narrativa sarebbe il tipo d’identità più autentica, perché non è legata a una concezione di assolutezza e immodificabilità, ma riconosce la possibilità di continuare a essere sé stessi nel continuo divenire e mutare dell’esistenza. Secondo Ricoeur, temporalità e narratività prendono forma in tre fasi: la prefigurazione, che indica che ogni racconto è ancorato alla storia, cioè alla vita precedente; la configurazione, che articola l’intreccio della storia (gli avvenimenti costruiscono la storia; molteplici avvenimenti si trasformano in storia attraverso la capacità riflessiva del narratore); e infine la rifigurazione, ossia l’attribuzione di senso e la comprensione.
Le considerazioni precedenti servono a introdurre lo specifico uso che nella nostra ricerca è stato fatto delle narrazioni autobiografiche. Le ragioni per introdurre la narrazione all’interno di un percorso d’istruzione, come occasione formativa per studenti e docenti prima ancora che informativa per i ricercatori, sono ben sintetizzate da Bocci e Franceschelli nel passo che segue:
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Note
[24] La scelta delle scuole e i suoi criteri sono illustrati nell’appendice metodologica.
[25] Il testo delle tracce è riportato nell’appendice metodologica.
[26] Su questo cfr. Polanyi [1985]; Denzin [1989]. Sul concetto di trama si veda anche Czarniawska [2004].
[27] Nel filone habermasiano, si potrebbe qui riflettere sulla narrazione come forma di agire comunicativo: cfr. Linde [1993]; Bachtin [1975].