Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c7
Una constatazione confermata dall’Istat [21]
nel recente Report sul rendimento dei titoli di studio per il lavoro. In Italia, nel confronto con l’Europa, alla più elevata incidenza di giovani che abbandonano precocemente gli studi, si associa una quota di occupati, tra questi, significativamente inferiore (–11 punti). In Italia è occupato un giovane Elet [22]
su tre (35,4%), nella media UE poco meno di uno su due (46,6%). Di contro, in Italia un Elet su due dichiara che vorrebbe lavorare a fronte di uno su tre in Europa. Confrontando la condizione occupazionale dei giovani Elet con i coetanei che hanno abbandonato i percorsi di istruzione e formazione dopo aver raggiunto il titolo secondario superiore, si osserva che oltre la metà di questi ultimi
{p. 168}(53,6%) è occupato già dopo pochi anni dall’uscita dagli studi, contro appena un terzo degli Elet (35,4%). Peraltro, sempre secondo lo stesso studio di Istat, il basso tasso di occupazione degli Elet non deriva da uno scarso interesse a entrare nel mondo del lavoro, ma dalla reale difficoltà a trovare un’occupazione; il tasso di mancata partecipazione, cioè la quota di non occupati tra quanti sono disponibili a lavorare è infatti significativamente maggiore tra gli Elet (56,2%) rispetto ai diplomati (38,9%).
Tab. 2. Distribuzione dei Neet condizionata rispetto al titolo di studio (valori percentuali)
Non-Neet
Neet
Totale
Post-laurea (Dottorato/Master)
87,0
13,0
100
Laurea magistrale o laurea di vecchio ord.
81,6
18,4
100
Laurea triennale o diploma universitario
85,5
14,5
100
Diploma di scuola media superiore
80,7
19,3
100
Qualifica di scuola media superiore
64,6
35,4
100
Licenza di scuola media inferiore
50,7
49,3
100
 
 
 
 
Fonte: Rilevazione dell’Indagine 2017 dell’Istituto Giuseppe Toniolo, in S. Alfieri, M. Migliavacca e E. Sironi, Neet in una prospettiva dinamica: come si entra ed esce dal «tunnel», in La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, Bologna, Il Mulino, 2019, p. 57.
Un insieme di dati che mettono ulteriormente in luce il ruolo indiretto ma essenziale dell’istruzione (lunga e di successo) anche sul rafforzamento del «carattere» dello studente, della sua persona. Le rilevazioni dell’Istat coincidono con i confronti che l’Istituto Toniolo ha compiuto sui Neet intervistati a distanza di quattro anni, negli anni 2012 e 2016. I giovani non diplomati presentano livelli di inserimento nel mercato del lavoro inferiori, anche sensibilmente nel caso del campione dell’Indagine 2016, a quelli in possesso di un titolo secondario superiore. Nel confronto a distanza di quattro anni la quota dei Neet cresce di 4 punti, ma per i non diplomati passa dal 40,5 al 57,5%, mentre i Neet diplomati passano dal 34,4 al 37,1%. I giovani con almeno un diploma sperimentano una condizione di vantaggio che si manifesta soprattutto sul piano dell’occupabilità e quindi di maggior tutela rispetto a traiettorie di marginalizzazione.{p. 169}
Rispetto all’atteggiamento di soddisfazione verso la propria vita, i giovani non in possesso di un titolo secondario manifestano un più basso tasso di fiducia generalizzata e istituzionale e un debole coinvolgimento personale nel mondo della partecipazione sociale (volontariato). Una distanza che sta crescendo negli anni.
I Neet, soprattutto i bassi livelli di scolarità, manifestano un maggior grado di sfiducia nei confronti dell’«altro generalizzato», delle istituzioni, esprimono un minor livello di felicità e soddisfazione per la propria condizione di vita [23]
.
È un tema su cui insistono le ricerche dei Rapporti annuali sui giovani dell’Istituto Toniolo, che hanno il merito di affiancare i numerosi approfondimenti sul tema delle competenze trasversali, per lo più centrate sulla domanda delle imprese, con un focus prezioso sull’offerta e, in specifico, sulla condizione dei giovani Neet. Anche sulla scia di studi realizzati in altri paesi [24]
, una parte del Rapporto Giovani 2018 ha preso in considerazione anche la dimensione delle SES nella percezione che, in relazione alla loro padronanza, hanno le diverse categorie dei giovani che si affacciano alla vita adulta e al lavoro, con un confronto specifico dei giovani Neet con i giovani Non-Neet. Anche qui emerge prima di tutto che tra i fattori maggiormente associati alle varie dimensioni delle SES considerate, un ruolo rilevante è svolto dall’istruzione propria ma anche dal background culturale della famiglia di origine.
L’istruzione è ancora uno dei principali fattori di successo che si manifestano non solo nell’immediato nell’acquisizione di competenze specifiche, ma anche mediante il rafforzamento delle competenze trasversali che potenziano la fiducia in sé stessi, {p. 170}l’abilità di trattare il prossimo, di stare bene nel gruppo di pari e in relazione con gli adulti [25]
.
La ricerca rimarca in modo netto come i Neet siano caratterizzati da una serie di caratteristiche psicosociali: bassa autostima e autoefficacia, scarsa motivazione nei confronti delle possibilità di impiego e poca fiducia negli altri e nel futuro. Inoltre sono molto più pessimisti dei loro coetanei in merito alla loro probabilità futura di andare avanti nella vita [26]
. Per un numero considerevole degli item considerati i Neet dichiarano di possedere livelli significativamente inferiori delle SES rispetto alle altre categorie sociali soprattutto in relazione ad alcune specificità come «capacità di risolvere i problemi», «leadership» e «gestione del tempo».
Anche rispetto al «desiderio di imparare» e «avere un sogno da realizzare», i Neet – e in modo ancora più marcato il loro sottogruppo composto dai disoccupati da oltre due anni – sono i giovani che mostrano i risultati peggiori. Un’evidenza non casuale che sottolinea come il protrarsi di una condizione di disoccupazione sia associato a una radicalizzazione del senso di sfiducia nelle proprie potenzialità. Infine, rispetto agli item «capacità di resistere alle situazioni stressanti» «capacità di lavorare in modo autonomo», l’analisi multivariata individua di nuovo i disoccupati e soprattutto i Neet scoraggiati e non attivabili come i soggetti che hanno le performance peggiori. Un risultato che suggerisce la possibilità che chi di più sa resistere a condizioni stressanti tenda a uscire prima dalla condizione di Neet o a cercare più a lungo lavoro senza cadere nello scoraggiamento. La condizione forzata di inattività, soprattutto quella più radicata per la parte di Neet che non trova un’occupazione da almeno 24 mesi, «rappresenta per molti {p. 171}giovani un momento di frustrazione e di svilimento non solo delle competenze tecniche, ma anche un degrado delle competenze trasversali» [27]
. Risulta sensibilmente deteriorata non solo l’idea positiva di sé, ma anche la voglia di imparare e la capacità di relazionarsi con gli adulti.
Uno studio specifico dell’anno successivo sui fattori che favoriscono l’ingresso e l’uscita dalla condizione di Neet mette di nuovo in evidenza come le SES siano importanti e ribadisce che «chi sa resistere allo stress tende a uscire prima dalla condizione di Neet o a cercare più a lungo lavoro senza cadere nello scoraggiamento» [28]
.
La fiducia in sé stessi e nella positività dell’ambiente circostante emerge come una chiave essenziale per proteggere gli individui dal rischio di diventare Neet, ma soprattutto è molto rilevante per uscire da quella condizione [29]
. Si tratta peraltro di una constatazione che trova conferma anche nelle indagini internazionali PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies). L’Inchiesta sulle competenze degli adulti [30]
mostra che gli individui meno qualificati, tanto più quando sono in condizione di disoccupazione, non sono soltanto soggetti a una maggiore precarietà in un mercato del lavoro in rapida trasformazione, ma provano anche un maggior senso di esclusione e impotenza nei confronti di numerosi contesti economici, sociali e politici.
I dati dell’indagine indicano che carenze di competenze [tecniche e sociali] si accompagnano alla tendenza a non fidarsi degli altri e delle istituzioni. Benché i nessi tra livello di istruzione, identità e disposizione a fidarsi del prossimo siano complessi, si {p. 172}tratta di collegamenti fondamentali, perché la fiducia è il collante della società moderna [31]
.
Peraltro, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, considerando anche la loro maggiore disponibilità di tempo libero, i Neet hanno relazioni sociali tendenzialmente meno intense dei loro coetanei, che in alcuni casi coincidono con situazioni di isolamento vero e proprio. Non a caso, tra l’altro, il nostro paese è uno di quelli al vertice della classifica sull’età media in cui si verifica l’abbandono della casa dei genitori, uno dei più importanti eventi marcatori per la transizione alla vita adulta. Alle difficoltà delle nuove generazioni, soprattutto a fronte degli scarsi risultati dei sistemi pubblici per il lavoro (centri per l’impiego), ma anche del sistema dell’istruzione, si supplisce con la richiesta di un alto investimento privato: la famiglia si pone come il principale ammortizzatore sociale per questa categoria di soggetti.
Una via, quella della famiglia, che non sembra tuttavia produrre risultati significativi per i giovani, per lo meno per quanto riguarda il rafforzamento delle SES e della loro capacità di ampliare e consolidare le relazioni sociali. Rimanere ancorati al porto sicuro della propria famiglia non sempre facilita l’aprirsi al mare aperto, alla possibilità di affrontare le incertezze e le sfide della situazione problematica nella quale si vive. Alla fine diventa quasi un alibi per non avventurarsi nella vita senza facili coperture assicurative. «Soprattutto non favorisce una responsabilità progettuale e realizzativa della propria identità professionale segnata da un carattere etico adeguato» [32]
. La transizione alla vita adulta e al lavoro diluisce le dimensioni del passaggio fino a quasi farle sparire in una condizione di prolungamento dell’adolescenza.
{p. 173}{p. 174}
Note
[21] Istat, Livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Anno 2019, Report, Roma, luglio 2020.
[22] Early Leavers from Education and Training; la quota di 18-24enni che possiede al più un titolo secondario inferiore ed è già fuori dal sistema di istruzione e formazione è uno degli indicatori della Strategia Europa 2020; per il quale il benchmark europeo è stato fissato al 10%. Una percentuale del 13,5% significa circa 561.000 giovani.
[23] D. Mesa, G.L. Battilocchi e P. Triani, L’impatto della povertà educativa sulle traiettorie di vita dei giovani, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit., p. 90.
[24] Goldman-Mellor, Caspi, Arseneault, Ajala, Ambler, Danese Wong, Committed to Work but Vulnerable: Self-perceptions and Mental Health in NEET 18-year Olds from a Contemporary British Cohort, in «The Journal of Child, Psycology and Psychiatry», 57, 2016.
[25] S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Il valore delle soft skills per le nuove generazioni, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2018, Bologna, Il Mulino, 2018.
[26] D. Marziana, S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Alternanza scuola-lavoro e sviluppo delle soft skills: un’indagine sulle attese dichiarate dei giovani, in «RicercAzione», 10, 2, 2018, p. 193.
[27] S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Il valore delle soft skills per le nuove generazioni, cit., p. 99.
[28] A. Rosina, Un ritratto dell’adulto italiano da giovane, in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit.
[29] S. Alfieri, M. Migliavacca e E. Sironi, Neet in una prospettiva dinamica: come si entra ed esce dal «tunnel», in Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2019, cit., p. 70.
[31] A. Schleicher, Una scuola di prima classe, cit., p. 39.
[32] M. Pellerey, Soft skill e orientamento professionale, cit., p. 27.