Pandemocrazia
DOI: 10.1401/9788815411297/c5
Il negazionismo
(denialism in inglese, inteso come processo di rimozione)
riguarda tanto la negazione di un fenomeno effettivo o storicamente dato, quanto il
riconoscimento della sua entità. Si tratta di un fenomeno complesso studiato anche dalle
neuroscienze e dalla psicolinguistica, quale processo che comporta l’autoinganno e
meccanismi inibitori [Beltrán, Liu e de Vega 2021]. Rifiuta di riconoscere dati di fatto
o verità scomode. Il complottismo (conspiracism, inteso come
processo cospirativo) [Muirhead e Rosenblum 2019; Solinas 2022] concerne la tendenza a
individuare dietro a ogni evento una verità nascosta o un intrigo di potere a scapito
dei cittadini, dove l’avversario viene demonizzato [Douglas, Sutton e
Chickocka 2017]. Contro la paura dell’ignoto viene introdotta
la soluzione
¶{p. 120}più semplice: la pandemia è frutto di una
macchinazione. Il «cospirazionismo del dubbio» e le «pratiche del sospetto» svigoriscono
così ogni affermazione nella sua dizione.
La combinazione fra negazionismo e
complottismo ha funto nel secolo scorso da base ideologica per l’antisemitismo e le
leggi razziali, fino all’Olocausto. Tale pregiudizio continua ancor oggi. Infatti,
Eurispes [2020] ha riportato nel Rapporto Italia 2020 che il 15,6%
degli intervistati nega l’esistenza della Shoah, mentre il 16,1% ne ridimensiona la
portata, nonostante le testimonianze di sopravvissuti e i documentari prodotti dagli
stessi nazisti. Il fenomeno negazionista si è rafforzato durante la pandemia [Weiss
2021]. Lo stesso è avvenuto con il diniego da parte russa circa la realtà bellica in
Ucraina (il virus è un’invenzione per cui non esiste, così come la guerra è
un’operazione speciale per cui non esiste) e con la rimozione dei crimini contro
l’umanità (come nel caso di Bucha, nonostante testimonianze, foto satellitari, fosse
comuni). Assopita l’emergenza pandemica, viene ora riattivato lo schema politico già
impiegato per la «difesa della libertà». Si congiungono così attivisti No-vax/No-green
pass, militanti di estrema destra e sostenitori pro-Putin (come nel caso del movimento
«Verona per la libertà»), uniti contro la dittatura dello Stato, il potere della Nato,
la guerra.
Notizie molteplici e dissonanti
hanno quindi contribuito a desostanzializzare la realtà fattuale. Colpita per prima in
Europa dal virus, l’Italia è diventata un campo di battaglia per le fake
news [Sciubba Caniglia 2020].
«Il Covid non esiste, niente
mascherina né distanze», afferma il negazionista che si contagia e muore. «A Bergamo non
è morto nessuno a causa del Covid-19», nonostante la visione di settanta mezzi militari
con bare. Molte sono state anche le «bufale» sulla natura e la cura del virus diffuse a
livello mondiale, fra cui:
il cibo è fonte o veicolo di trasmissione del virus; l’aglio può curare il Covid-19; i vaccini mRNA modificano il DNA; bere un bicchierino di liquore o un caffè corretto a base di sambuco protegge dal Covid-19; i repellenti contro le zanzare proteggono dal virus perché evitano che questi insetti ci pungano e possano ¶{p. 121}infettarci; fare gargarismi con la candeggina, assumere acido acetico o steroidi, utilizzare oli essenziali e acqua salata protegge dall’infezione [Ministero della Salute 2020].
Altre affermazioni hanno un
carattere complottista:
Il virus del Covid-19 è stato sottratto da un laboratorio canadese da spie cinesi; il virus contiene «sequenze simili all’Hiv», quindi è stato costruito artificialmente; un gruppo finanziato da Bill Gates ha brevettato il virus; il virus del Covid-19 è un’arma biologica creata dall’uomo; la tecnologia dei telefoni cellulari 5G è collegata alla pandemia di Coronavirus [Agcom 2023].
Tali informazioni false,
negazioniste e complottiste ci appaiono paradossali. Malgrado ciò, continuano a
popolare, inamovibili, lo spazio illimitato di Internet. Tuttavia, a causa della datità
effettuale della malattia e della morte, il populismo anti-scientista sembra aver avuto
un minore successo politico e dunque meno seguaci rispetto al persistente populismo
anti-casta, anti-migratorio e anti-gender.
L’uso di Internet diventa uno
strumento che segna fratture nella tradizionale concezione della democrazia. Si passa
così da una «democrazia del pubblico» [Manin 2010] di tipo rappresentativo a una
«democrazia dei micro-pubblici» di tipo diretto e differenziato. Rimane tuttavia aperta
la radicale domanda nel dibattito pubblico su verità, menzogne [Derrida 2005] e
ipocrisie [Mazzone 2021].
9. Conclusioni. Rigenerare le relazioni
Il dibattito su menzogna e ipocrisia
non è certamente nuovo, soprattutto in relazione al significato della verità in
politica, nella distinzione tra verità razionale e verità fattuale [Arendt 2004; 2006].
Tale sfondo discorsivo è venuto a mutare – come ho tentato di sostenere – con il
dibattito sul Coronavirus, dato l’ampliamento dello spazio virtuale a disposizione per
la condivisione di idee e convinzioni, rendendo difficile la distinzione tra realtà
fattuale e realtà verosimile. Lo «spazio ¶{p. 122}dell’apparenza» – che
a parere di Arendt precederebbe «ogni costituzione formale della sfera pubblica» [Arendt
1989, 146] – viene così moltiplicato e confuso.
Nel cambiamento di visioni,
immagini, immaginari e paradigmi, è senza dubbio cambiata la struttura della sfera
pubblica [Habermas 2023] con nuove forme di propaganda che orientano preferenze
commerciali, convinzioni scientifiche e orientamenti politici, tanto da limitare la
formazione stessa della libera volontà dei cittadini su questioni di urgenza globale.
Durante la pandemia, le democrazie – in crisi di legittimazione politica – sono state
rese più vulnerabili dagli attacchi di movimenti populisti, negazionisti, complottisti e
neoliberisti [Han 2016 nella critica alla «società della trasparenza»] mediante
un’insistente propaganda spesso occulta e con costanti attacchi cibernetici, continuati
negli anni nel nuovo ordine geopolitico. La pandemia è diventata una calamita che ha
attirato la trasformazione di precedenti relazioni sistemiche, ambientali, scientifiche,
sociali, economiche, politiche, interpersonali, con il conseguente rafforzamento di
disuguaglianze e disabilità. Solo istituzioni legittime, seppur indebolite e
delegittimate, possono però dare se non una speranza di salvezza, almeno prospettive di
cura e guarigione.
Se il presente contributo ha messo
fin qui in luce i cambiamenti di orientamento personale e collettivo rafforzati dall’uso
dei social media, la lezione della pandemia può insegnarci qualcosa di nuovo, non solo
in termini di valutazione del rischio e di lotta contro le false notizie, bensì di
riflessione sul significato della «democrazia digitale», imparando a usare la
«plenitudine» di Internet [Bolter 2020], ampliando le reti trasformative della società
civile e ripensando la legittimità politica dal basso. Se i No-vax hanno messo in
discussione il ruolo dello Stato, così come altri oppositori hanno espresso la
preoccupazione per l’affermarsi di uno stato di eccezione nella governabilità dei corpi
[Foucault 2021] e di politiche sicuritarie [Agamben 2020], la presenza del virus ha
indicato la necessità della presenza di un efficace Stato sociale [Garrard 2022], in
grado di assicurare la sanità pubblica e limitare (se non arrestare) il numero crescente
di contagi e morti [Habermas 2022] in nome del benessere comune. Il mutualismo della
¶{p. 123}cura e il cooperativismo della solidarietà (come menzionati nei
capitoli che seguono) diventano determinazioni motivazionali per affrontare insieme le
conseguenze della pandemia, quale fenomeno che ci ha accomunati e continua a
influenzarci. Il che comporta la necessità di rafforzare dibattiti e processi di
«disvelamento della verità» che in politica hanno sempre contraddistinto l’efficacia di
una combattiva e persistente sfera pubblica critica [Calloni 2020].
Rigenerare significa comprendere
traumi e patologie accanto a nuovi processi di apprendimento collettivo. Significa
comprendere l’interdipendenza tra individui, comunità e gruppi vulnerabili, per un
comune progetto cooperativo [Harcourt 2023]. Siamo tutti interconnessi. Nessuno è al
sicuro o libero finché tutti non lo sono. Bisogna salvare le relazioni, da quelle
climatiche a quelle umane, contro nuove barriere che la pandemia ha contribuito a
rafforzare, piuttosto che ad affievolire. Bisogna progettare nuove visioni e capacità
interpretative, proprio perché la pandemia ha messo in crisi i nostri stessi modi di
pensare, lavorare, vivere, agire.
Dalla pandemia sono emerse richieste
per «diritti aletici» e per una «politica della verità» [D’Agostini e Ferrera 2019],
capaci di garantire un concreto sviluppo di libertà e giustizia. I cittadini hanno
bisogno di sapere e di essere garantiti nei bisogni, nei beni e nei valori, ritrovando
la fiducia nella politica, a partire dalla prossimità. L’educazione alla verità diventa
prioritaria, nella conoscenza del «male». Eppure, non possiamo rimuovere la paura di
fronte alla domanda radicale sulla vita e sulla morte, drammaticamente riproposta dal
Covid-19 e dalla guerra. È un’innegabile verità di fatto, non completamente sussumibile
sotto menzogne, inganni, ipocrisie e autoinganni pubblici e privati. Le rappresentazioni
via Internet cercano di eliminare la percezione del pericolo e il dolore della memoria
attraverso una vita che sembra diventare infinita e inamovibile nella perpetuità
dell’immagine virtuale riprodotta da Internet, che mira a sostituire il mondo
trascendente della metafisica. Nonostante le fughe virtuali e le rotte aerospaziali che
promettono un improbabile rifugio al di fuori di un pianeta in pericolo, il mondo in cui
viviamo non è che questo.¶{p. 124}
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