Andrea M. Maccarini (a cura di)
Character skills e didattica digitale
DOI: 10.1401/9788815374615/c4
Quale significato attribuire complessivamente a questi dati? Entrambe le attività (la scrittura di messaggi in chat e l’indicazione dello stato emotivo) si riferiscono all’ambito comunicativo. Comunicare via chat rimanda chiaramente alla competenza socio-emotiva Cooperazione, che pare essere maggiormente praticata dalle studentesse. Per quanto riguarda l’indicazione dello stato emotivo, appare logico intenderla
{p. 123}come una comunicazione meno funzionale o razionale-strumentale, e più volta a condividere una condizione di agio o disagio. In questo senso la si potrebbe riferire alla Resistenza allo stress. Tuttavia, mentre la comunicazione in chat è strettamente finalizzata alla dinamica di gioco e al raggiungimento dell’obiettivo, la comunicazione delle emozioni (che era stata comunque indicata come importante al momento della spiegazione delle regole del gioco) è stata man mano ritenuta da tutti i giocatori, indipendentemente dal sesso, un’attività secondaria e in parte disturbante sia per coloro che cambiavano il proprio stato emotivo, perdendo secondi preziosi nello svolgimento della partita, sia in quanto distraeva i compagni di squadra dal compito primario, mostrando loro appunto il cambio di stato. Il fattore tempo è stato quindi considerato come primario: il raggiungimento dell’obiettivo era subordinato al fatto di restare nel tempo utile (20 minuti per ogni partita) e le forme della comunicazione sono state selezionate in base al loro livello di utilità. Possiamo quindi immaginare che si sia realizzato nel corso delle quattro partite un apprendimento esperienziale progressivo: si sono comprese le regole del gioco giocando, si è raffinata una strategia, si sono selezionati gli obiettivi, è stato effettuato un calcolo volto a bilanciare costi e benefici nell’utilizzo degli strumenti a disposizione. La finalità primaria (la raccolta del massimo numero di diamanti nel tempo disponibile) è stata chiaramente indi{p. 124}viduata e la successione delle azioni è stata adattata in tal senso, sia individualmente sia come squadra. Si è trattato dunque di un classico esempio di azione razionale rispetto allo scopo: individuato e compreso chiaramente l’obiettivo da raggiungere, le azioni successive sono state progettate, agite e coordinate in vista di tale obiettivo. Questo schema ha certamente validità a livello individuale, per il singolo giocatore e/o giocatrice.
Tab. 4.8. Cambi di emozioni (emoticon) nelle partite (media cambi per partita)
Prima
Partita
Seconda
Partita
Terza
Partita
Quarta
Partita
Scuola Azzurra
2,524
4,263
3,316
1,583
Scuola Bianca
3,250
3,250
4,000
3,333
Scuola Blu
2,897
0,897
0,241
9,724
Scuola Gialla
2,950
1,400
0,750
0,800
Scuola Rossa
2,536
2,536
2,571
2,333
Scuola Verde
2,179
2,893
1,893
2,778
Totale media cambio emozioni
2,659
2,397
1,866
3,926
 
 
 
 
 
I dati ci consentono invece soltanto di azzardare alcune ipotesi in merito alla presenza di una strategia di gruppo all’interno della squadra. L’elemento più critico rispetto alle dinamiche di gruppo e all’apprendimento esperienziale di gruppo va individuato nel fatto che la composizione della squadra era mutevole di volta in volta. Ciò non consentiva quindi a un gruppo stabile di modificare e adattare la propria strategia in modo condiviso. D’altro canto, però, non si può dire che a ogni nuova partita i giocatori ricominciassero da zero; ognuno di essi aveva comunque fatto proprio un bagaglio esperienziale, aveva compreso la dinamica del gioco e individuato (o meno) le strategie più efficaci. Quindi nelle partite successive alla prima, il raffinamento della tecnica di gioco avvenuto a livello individuale richiedeva una nuova modulazione e adattamento dipendente dalla nuova composizione della squadra e dalla condivisione delle esperienze pregresse di ciascun giocatore. A questo si deve aggiungere l’incremento di complessità del gioco da una partita alla successiva. L’insieme di queste condizioni, quindi, sottoponeva sia il giocatore singolo, sia la squadra a una nuova sfida cooperativa.
In sintesi, si può dire subito che l’osservazione delle partite ha evidenziato una capacità cooperativa esplicita modesta. L’avvio di ogni partita lasciava libertà di organizzazione del gioco; tutte le partite hanno mostrato una scarsa attenzione e un limitato investimento di tempo da parte dei giocatori rispetto alla gestione dei ruoli. Le Guide hanno fornito indicazioni agli Esploratori/trici in modo per lo più confuso e casuale, senza curarsi di alcuni elementi che avrebbero potuto rivelarsi determinanti per la qualità del gioco e il raggiungimento degli obiettivi. Gli Esplora{p. 125}tori/trici da parte loro hanno mediamente fornito poche indicazioni utili alle loro Guide per farsi indicare la strada. Sono stati particolarmente rilevanti rispetto alla competenza Cooperazione i seguenti punti:
  • nessuna decisione condivisa è stata presa in merito agli abbinamenti tra giocatori per lo svolgimento efficace del gioco (una Guida per un Esploratore/trice; due Guide cooperanti per due Esploratori/trici; nessuna discussione e decisione nel caso in cui i giocatori fossero in numero dispari);
  • nessuna riflessione è stata compiuta in merito all’utilizzo della mappa in possesso delle Guide e al suo orientamento rispetto ai punti cardinali (con prevedibili effetti di fraintendimento nella comunicazione tra Guide ed Esploratori/trici);
  • nessun accordo è stato fatto in merito a una leadership con funzione di coordinamento dell’operato di tutti, pur avendo compreso che, accanto alle attività essenziali del gioco (indicazioni di movimento tra le stanze del castello, raccolta diamanti ecc.) erano da monitorare con attenzione lo scorrere del tempo, i cambi di stato emotivo, i rischi derivanti dagli ostacoli.
Dal punto di vista delle scuole, si è osservata una migliore capacità di cooperazione da parte degli studenti liceali e in parte degli istituti tecnici; molto più modesta è stata la capacità di gioco e di comprensione delle regole del gioco tra gli studenti degli istituti professionali. Quindi, rispetto alle filiere e limitatamente alla competenza Cooperazione, appare una polarizzazione tra licei e istituti tecnici, da una parte, e istituti professionali dall’altra.
Questi risultati, riguardanti la competenza Cooperazione, aprono la strada a ulteriori riflessioni che concernono le altre due competenze, ossia la Resistenza allo stress e la Passione per gli obiettivi. La Resistenza allo stress ha costituito per tutti gli studenti l’elemento maggiormente critico: le partite hanno evidenziato sia una bassa capacità di adattamento a ogni nuova composizione di squadra, con conseguente incremento dello stress all’avvio di ogni nuova partita. Si è osservata inoltre una scarsa capacità di contrasto, individuale e di gruppo, rispetto a eventi imprevisti e negativi. {p. 126}Esemplare al riguardo è l’esperienza della penalità della prigione, che obbligava a due minuti di immobilità in una stanza. Anche se complessivamente le reclusioni in prigione sono state limitate (9 nella prima e nell’ultima partita, 5 nella seconda e nella terza), al presentarsi di tale evento non si è osservata una particolare apprensione da parte del/della recluso/a, come se l’evento non fosse impattante sull’intero gruppo e sul risultato: in tal caso, più che di resistenza allo stress, si è trattato di disinteresse per l’evento e di una certa inconsapevolezza delle conseguenze che da esso avrebbero potuto generarsi. Né si è manifestato un supporto da parte dei compagni di squadra e una loro attivazione volta a colmare il momentaneo svantaggio numerico. Una seconda forma/manifestazione di resistenza allo stress si è osservata in corrispondenza dell’evento «scorrere del tempo», che è stato percepito dai giocatori come fattore altamente ansiogeno, al punto tale da vanificare le ultime azioni in corso nell’ambito della stessa partita. Riassumendo, la resistenza allo stress – in ogni caso bassa – si è manifestata in due modi: in risposta a eventi nuovi ma comunque prevedibili (il cambio squadra; lo scorrere del tempo in ogni partita) e ad altri non prevedibili (come la reclusione in prigione); è stata, inoltre, anche camuffata dall’inerzia di fronte a eventi sfidanti.
Nel caso della Passione per gli obiettivi, essa ha assunto in tutte le partite due caratteristiche peculiari: i giocatori giocavano con l’«ossessione» per il risultato, con un’idea di vittoria fine a se stessa, senza alcun interrogativo in merito al rispetto delle regole del gioco, alle sue finalità; i giocatori inoltre giocavano con un approccio per lo più individualistico, in conseguenza del quale la presenza dei compagni di squadra era in molti casi percepita come un ostacolo o come un elemento di adattamento forzato e non come una risorsa. È stato perso di vista l’obiettivo sovraindividuale e del gruppo classe, che sarebbe stato raggiunto soltanto sommando i punteggi parziali di ogni singola partita, in una ideale competizione con altre scuole. A questi elementi se ne aggiunge un altro, ossia la limitata perseveranza: per alcune scuole in particolare (ci riferiamo soprattutto alla scuola {p. 127}Verde e alla scuola Bianca), alle già evidenziate difficoltà si è aggiunta la defezione dal gioco. Non è stata adottata alcuna giustificazione per tale condotta e nemmeno essa è stata richiesta dagli insegnanti. Di fatto, in alcune scuole la partecipazione all’intero progetto è diventata una libera scelta da parte degli studenti e non un’attività formativa proposta dalla scuola. Se ne deduce anche una limitata attivazione da parte degli insegnanti rispetto alla realizzazione del progetto.
Entrando ancor più nella concretezza del gioco, uno degli indicatori della passione per gli obiettivi consisteva nella raccolta dei diamanti. Tale attività era essenziale per l’acquisizione di punteggio al termine di ogni partita. Cercare diamanti, raccoglierli e infine consegnarli nella macchina del tempo di Urul costituisce la finalità del gioco. Tale attività doveva avvenire all’interno dei 20 minuti previsti per ogni partita. A tale riguardo possiamo avanzare due ipotesi: c’è una prima argomentazione che riguarda l’ammontare del bottino per ogni partita e una seconda che riguarda invece la strategia dei giocatori quando il bottino non era completo, ossia quando c’erano ancora diamanti disponibili ma il tempo residuo era molto limitato. I dati che ci aiutano a comprendere meglio questo passaggio sono illustrati nelle tabelle 4.9 e 4.10. Rispetto al primo punto, i dati complessivi per tutti i giocatori ci dicono che il risultato è stato raggiunto soltanto in parte in tutte le partite e il margine di miglioramento tra le partite è stato modesto e fortemente oscillante; un aspetto, questo, che però è stato intenzionalmente condizionato dall’incremento di difficoltà all’interno del game e dagli equilibri che di volta in volta si definivano all’interno delle squadre.
Rispetto al secondo punto, ossia la strategia adottata rispetto ai diamanti non raccolti, i dati mostrano andamenti eterogenei sia tra scuole sia tra partite. Possiamo prima di tutto individuare due tendenze: l’una caratterizzata dalla propensione al rischio e l’altra connotata dall’avversione al rischio. Accanto a esse possiamo riscontrare due andamenti: uno fluttuante, di partita in partita e di squadra in squadra; e uno stabile che sembra non risentire di questi elementi. La propensione al rischio sembra, osservando l’interazione
{p. 128}tra giocatori durante le partite, associata alla presenza di giocatori con qualità di leader che a prescindere dal ruolo assunto coordinano la partita e motivano la squadra; viceversa, laddove il gruppo squadra si struttura in modo maggiormente paritario tra i giocatori, più difficilmente vengono prese iniziative d’azzardo. L’andamento fluttuante/stabile potrebbe invece essere riconducibile alle variazioni nel livello di difficoltà del gioco e alle dinamiche interne alle squadre che di partita in partita vengono composte.{p. 129}
Note