Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c8
A livello internazionale infine, e solo per fermarsi agli sviluppi più recenti e forieri di significative implicazioni,
{p. 190}il 1° gennaio 2016 sono entrati in vigore l’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi Obiettivi di sviluppo sostenibile adottati all’unanimità dagli Stati membri delle Nazioni Unite che si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030.
L’impegno in tal senso è stato sollecitato dal giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale: non è solo a rischio la sostenibilità ambientale, ma sono anche a rischio quella economica (in forza della globalizzazione e della incessante crescita di diseguaglianze e povertà che questa genera) e quella sociale (in virtù di un modello di relazioni tra Stati e tra persone di Stati diversi ispirate alla diffidenza e al conflitto anziché alla solidarietà e alla fratellanza).
Tra i 17 Obiettivi il 4 riguarda l’istruzione e, per quanto qui interessa, al punto 7 esso viene così declinato:
Garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un’educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.
Questi pochi e sommari cenni paiono sufficienti per delineare lo sfondo normativo internazionale entro il quale anche Parlamento e Governo italiano hanno a mano a mano, quantomeno a livello normativo, seguito lo sviluppo di tali traiettorie.

2. Il contesto normativo nazionale: un continuo adeguamento

In realtà, nella scuola italiana si inizia a pensare a una educazione civica già a metà degli anni Cinquanta, quando l’allora Ministro alla Pubblica Istruzione Aldo Moro la introdusse esplicitamente nei programmi scolastici con l’intento di integrare il tradizionale insegnamento di storia {p. 191}negli istituti e scuole di istruzione secondaria con una materia del tutto peculiare.
Le motivazioni di tale innovazione emergono dall’Allegato al d.p.r. 285 del 1958 (che conteneva un unico articolo con cui si introduceva la materia elementi di educazione civica quale appendice dell’insegnamento della storia) in cui, sorprendentemente, tale insegnamento veniva già concepito in maniera non meramente teorica, ma in funzione dell’esigenza di mettere in collegamento le classiche materie di insegnamento con elementi emergenti dalla realtà.
Non senza una certa enfasi, ma in maniera assai esplicita, l’Allegato in questione così esordiva:
L’educazione civica si propone di soddisfare l’esigenza che tra Scuola e Vita si creino rapporti di mutua collaborazione. L’opinione pubblica avverte imperiosamente, se pur confusamente, l’esigenza che la Vita venga a fecondare la cultura scolastica, e che la Scuola acquisti nuova virtù espansiva, aprendosi verso le forme e le strutture della Vita associata.
E, dopo aver sottolineato come tale insegnamento avrebbe dovuto conformarsi al diverso sviluppo cognitivo («Il livello dello sviluppo psichico si è soliti segnalarlo a tre diverse altezze: il primo nel periodo 6-11 anni; il secondo nel periodo 11-14 anni; il terzo nel periodo 14-18»), si suggeriva, quanto alla fascia 11-14, di non ridurre l’insegnamento stesso alla trasmissione di «ammonimenti, divieti e censure», bensì di farlo emergere attraverso la logica stessa che lo avrebbe dovuto informare:
Attraverso l’utilizzazione della stessa organizzazione della vita scolastica, come viva esperienza di rapporti sociali e pratico esercizio di diritti e di doveri, si chiarirà progressivamente che la vita sociale non è attività lontana e indifferente, cui solo gli adulti abbiano interesse, e che lo spirito civico, lungi da ogni convenzionalismo, riflette la vita nella sua forma più consapevole e più degna.
Mentre dai 14 anni in poi: {p. 192}
L’azione educativa, in questa fase di sviluppo psichico, sarà indirizzata a costituire un solido e armonico equilibrio spirituale, vincendo incertezze e vacillamenti, purificando impulsi, utilizzando e incanalando il vigore, la generosità e l’intransigenza della personalità giovanile.
Sprazzi, dunque, della consapevolezza, già allora presente, che l’educazione civica non fosse concepita come una semplice materia ma quale «fonte» di ispirazione di comportamenti diversi. Vale ancora la pena di evidenziare come il massimo riferimento di senso e contenuto fosse rinvenuto nella Costituzione, significativamente definita come «culmine della nostra attuale esperienza storica», a conferma di un’impostazione che vedeva nell’educazione civica l’educazione a diventare cittadini, come tratto fondante della personalità. Perciò interrogandosi sul significato della disciplina il ministro Moro poteva a ragion veduta affermare che
se ben si osservi l’espressione «educazione civica» con il primo termine «educazione» si immedesima con il fine della scuola e col secondo «civica» si proietta verso la vita sociale, giuridica, politica, verso cioè i principi che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si concreta.
Un’ispirazione non adeguatamente coltivata e sviluppata nelle sue implicazioni didattiche e metodologiche negli anni successivi, per cui l’educazione civica è stata poi oggetto di dispositivi generalisti e con riferimento a contenuti trasversali ad alcune discipline (italiano, storia, geografia, diritto, economia), mentre non sono state effettuate sperimentazioni significative in grado di dare corpo e anima alla materia stessa.
Dopo il rapido passaggio contenuto nella legge 53 del 2003 (art. 2, comma 1, lett. b: «sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea»), la legge 169 del 2008 introdusse nei curricoli l’insegnamento di Cittadinanza e Co{p. 193}stituzione associandolo all’area storico-geografica. All’art. 1, si faceva riferimento alle competenze relative a Cittadinanza e Costituzione, nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale fissando contestualmente il monte ore complessivo previsto per le stesse. Le circolari ministeriali n. 100 del 2008 e n. 86 del 2010 fornirono alle scuole informazioni via via più dettagliate sui contenuti. Ed ancora il d.lgs. 62 del 2017 introduceva l’idea che la valutazione del comportamento degli alunni avrebbe dovuto considerare lo sviluppo delle competenze di cittadinanza, con riferimento anche allo Statuto delle studentesse e degli studenti, al Patto educativo di corresponsabilità e ai regolamenti approvati dalle istituzioni scolastiche.

3. La disciplina attualmente in vigore: aspetti positivi ed elementi problematici

Dall’analisi appena condotta emerge una traiettoria che pare vocata a definire l’educazione civica quale somma di competenze da valutare in modo tradizionale e rispetto alla quale si perpetua il vecchio vizio della politica scolastica: pensare alle riforme scolastiche come riforme a costo zero [4]
. Dopo l’iniziale introduzione che lasciava ben sperare, almeno quanto ad ispirazione originaria (l’idea di coniugare l’esperienza scolastica con la vita reale, assumendo quale parametro la relazionalità sociale e civica attraverso i parametri costituzionali), si è così piegata la disciplina verso le rotte classiche dell’insegnamento teorico.
Una traiettoria che non pare mutata, venendo all’oggi, dall’ultima legge intervenuta in materia, la n. 92 del 2019 [5]
.{p. 194}
Quest’ultima, infatti, se per un verso all’art. 1 fornisce una definizione di educazione civica del tutto condivisibile, per altro verso, nelle norme successive la declina in una eccessiva, e quanto mai dispersiva, quantità di competenze che dovrebbero animarla.
Mentre nei principi ispiratori giustamente si afferma che «L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri», i contenuti evidenziati smarriscono l’ispirazione fondamentale nel lungo elenco contenuto nell’art. 3, comma 1 (Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale; Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015; educazione alla cittadinanza digitale; fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro; educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari; educazione alla legalità e al contrasto delle mafie; educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni; formazione di base in materia di protezione civile), e comma 2 (educazione stradale, alla salute e al benessere, al volontariato e alla cittadinanza attiva).
Si tratta di contenuti così eterogenei che pur tratti dalla Costituzione (si pensi solo alla tutela del patrimonio culturale e ambientale che trova radice nell’art. 9 o all’educazione alla legalità di cui trattano molteplici norme e via dicendo), possono non tanto paradossalmente condurre a smarrire il significato complessivo della Costituzione quale norma fondamentale per la formazione del cittadino che ruota intorno al nesso diritti-doveri e al significato che questi assumono quali caratteri storici del concetto stesso di cittadinanza (e su cui si tornerà più avanti) [6]
.
{p. 195}
Note
[4] L’insoddisfazione per la modalità di inquadramento dell’educazione civica nella scuola emerge in più punti del Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca del 4 marzo 2009.
[5] Un’accurata e analitica analisi della legge è stata effettuata, tra gli altri, da S. Panizza, La reintroduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica da parte della legge n. 92/2019, con a fondamento la conoscenza della Costituzione. Tra buone intenzioni e false partenze, in «Diritti fondamentali», 2, 2019.
[6] Per un’approfondita riflessione sul senso della conoscenza della Costituzione nella scuola vedi, tra gli altri, A. Pugiotto, La Costituzione tra i banchi di scuola, in Id. (a cura di), Per una consapevole cultura costituzionale. Lezioni magistrali, Napoli, Jovene, 2013, pp. 1 ss.