L'Epurazione mancata
La magistratura tra fascismo e Repubblica

Tra la fine del fascismo e l’inizio della Repubblica molti magistrati furono sottoposti al giudizio delle Commissioni di epurazione antifascista per valutare se fossero adeguati a servire le nuove istituzioni democratiche. In primo piano i giudici maggiormente compromessi con il regime, posti a capo dell’ordine giudiziario, nel Tribunale speciale per la difesa dello Stato o nel Tribunale della razza, ovvero nella Repubblica sociale italiana. Gli stessi magistrati, passati per lo più indenni dai farraginosi meccanismi epurativi, si ritrovano dopo poco tempo ai vertici della Corte di cassazione, delle Corti d’appello, o con importanti incarichi ministeriali, o addirittura nella Corte costituzionale, avendo di fatto stilato un vantaggioso compromesso con i nuovi governanti. Un affresco ricco di particolari, da cui emerge come i conti con il passato fascista non furono mai veramente compiuti nella Repubblica, che partì gravata da una pesante eredità autoritaria, destinata a produrre i suoi effetti sino agli anni Sessanta.

insegna Storia delle istituzioni politiche nella Sapienza - Università di Roma. Vicedirettrice della rivista "Le Carte e la Storia", con il Mulino ha pubblicato "La 'maschia avvocatura'. Istituzioni e professione forense in epoca fascista" (2006) e "Storia della magistratura italiana" (2013).

professore emerito dell’Università degli Studi di Torino e vicepresidente emerito della Corte costituzionale, è autore di numerose pubblicazioni di diritto e procedura penale e di storia istituzionale della magistratura e delle carceri.

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Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2022
Isbn edizione digitale: 9788815371584
DOI: 10.978.8815/371584

Pubblicazione a stampa: 2022
Isbn edizione a stampa: 9788815298522
Collana: Studi e Ricerche
Pagine: 344

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