Alleati ma rivali
Teoria delle alleanze e politica estera settecentesca

Che essere alleati non significhi essere amici è cosa nota. Eppure la maggior parte degli studiosi delle relazioni internazionali tende a vedere negli alleati semplicemente stati che collaborano in vista di un fine condiviso e pone l'accento sugli aspetti cooperativi delle alleanze e sulla loro dimensione "esterna": fare fronte a un nemico comune. Dalla lettura della storia diplomatica, tuttavia, si ricavano ben altri spunti. Gli alleati sono spesso divisi da forti elementi di rivalità e si impegnano di frequente in manovre ambigue e complesse, condizionandosi e controllandosi a vicenda, limitando così la reciproca libertà di movimento. Esiste, insomma, una dimensione "interna" delle alleanze tanto importante quanto l'altra, se non persino di più. Se tali aspetti possono essere colti anche nelle alleanze contemporanee - a cominciare dalla Nato -, la scelta dell'autore cade sull'Europa settecentesca. E' questo un periodo in cui il gioco diplomatico è particolarmente vivace, e in cui l'assenza di conflitti ideologici e una gestione estremamente centralizzata della politica estera consentono di mettere a fuoco alcune dinamiche degli allineamenti basate prevalentemente sul potere e sull'interesse.

è Resident Professor di Relazioni Internazionali presso il Bologna Center della Paul H. Nitze School of Advanced International Studies, The Johns Hopkins University, e professore ordinario della stessa materia nell'Università di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato "Le ragioni della forza. Tucidide e la teoria delle relazioni internazionali" (1994) ed ha curato l'antologia "Le relazioni internazionali" (2004).

Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2009
Isbn edizione digitale: 9788815141156
DOI: 10.978.8815/141156

Pubblicazione a stampa: 2007
Isbn edizione a stampa: 9788815118370
Collana: Il Mulino/Ricerca
Pagine: 392

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