Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
Attori, istituzioni e strumenti
Muovendo dagli impegni enunciati dalla Convenzione Europea del Paesaggio, questo volume si rivolge a coloro che operano in vari ambiti delle politiche territoriali e che spesso incontrano difficoltà a integrare la dimensione paesaggistica nelle scelte che vengono compiute. Gli autori invitano a ripensare il modus operandi delle istituzioni pubbliche, assumendo la trasversalità del paesaggio come quadro di riferimento per prendere decisioni, pur considerando la molteplicità dei punti di vista che vengono di volta in volta chiamati in causa e la difficoltà di interfacciarsi con diverse discipline. È un appello a sensibilizzare e far crescere la responsabilizzazione sulla tutela e valorizzazione del paesaggio, mostrando come la prospettiva di efficacia di politiche di salvaguardia debba aprirsi ad altre politiche in grado di intervenire sul territorio.
I CAPITOLI
DOI | 10.1401/9788815413352/p1
Saluto istituzionale del presidente della Regione del Veneto
La tutela e la salvaguardia del paesaggio rientrano nelle azioni programmatiche della Regione del Veneto. Oggi non possiamo, infatti, prescindere dalla conoscenza di quali siano gli strumenti generali e settoriali per il governo del territorio, che consentano ai professionisti e ai tecnici di fare le loro valutazioni su un contesto che non è dato solo da un unico paesaggio, bensì da un territorio che è caratterizzato da paesaggi differenti naturali o antropizzati, ad esempio quello del bosco, quelli agrari o quelli che si formano in seguito alla realizzazione di opere infrastrutturali. Sono tutti paesaggi che richiedono particolare attenzione e capacità di analisi per affinare anche le politiche regionali di programmazione e affrontare le trasformazioni, tenendo conto della sostenibilità ambientale, un fattore imprescindibile nello sviluppo ordinato e armonico del territorio. Promuovere, pertanto, una cultura del paesaggio, anche in attuazione della Convenzione europea del paesaggio,...
Pagine | 9 - 10
DOI | 10.1401/9788815413352/p2
Saluto istituzionale dell’assessore al Territorio, cultura, sicurezza, flussi migratori, caccia e pesca, Regione del Veneto
La Regione del Veneto da anni è impegnata nella promozione della cultura del paesaggio e, in attuazione della Convenzione europea del paesaggio, nella formazione di professionisti del settore pubblico e privato. La scelta di indirizzare l’attività formativa verso coloro che, operando sul territorio, sono i principali artefici della trasformazione del paesaggio è stata ulteriormente rafforzata dalla volontà di realizzare nel 2022 un corso espressamente dedicato ai dipendenti regionali, tecnici e amministrativi, in servizio presso le strutture della Giunta regionale, oppure di enti e società regionali. Il corso, articolato in 7 giornate, per un numero complessivo di 25 ore tra lezioni e seminari, è stato inserito nel programma delle attività per l’anno 2022 dell’Osservatorio regionale per il paesaggio e realizzato, nel periodo settembre-dicembre dello stesso anno, grazie alla collaborazione dell’Università IUAV di Venezia, che ne ha assunto la responsabilità scientifica e quella...
Pagine | 11 - 12
DOI | 10.1401/9788815413352/p3
Premessa
La collaborazione tra la Regione del Veneto e l’Università IUAV è iniziata da tempo e si è consolidata, a partire dal 2011, con l’avvio delle attività sperimentali nel Canale di Brenta, finanziate dalla Regione e realizzate dalla Comunità montana del Brenta con le Università di Padova e IUAV di Venezia. Partendo da quella esperienza, nell’individuare le attività dell’Osservatorio regionale per il paesaggio, già nel 2012 si è deciso di privilegiare quelle rivolte alla formazione, alla partecipazione e sensibilizzazione, coinvolgendo in queste tutti i principali attori delle trasformazioni del paesaggio veneto. Grazie anche al contributo di tutte le università del Veneto sono stati realizzati numerosi corsi, rivolti ai tecnici liberi professionisti e ai tecnici della pubblica amministrazione, che nel corso delle varie edizioni hanno toccato temi sempre diversi ed attuali. Altrettanto importante l’avvio negli stessi anni della formazione degli insegnanti, degli amministratori pubblici,...
Pagine | 13 - 14
DOI | 10.1401/9788815413352/p4
Matelda Reho
Introduzione
Il volume che qui si presenta ha esplicitamente l’obiettivo di parlare di paesaggio a figure che operano in vari ambiti delle politiche territoriali, per le quali spesso non è semplice integrare la dimensione paesaggistica nelle scelte che vengono assunte. Pone in qualche modo la necessità di ripensare il modus operandi delle istituzioni pubbliche, assumendo la trasversalità del paesaggio come frame in cui prendere le decisioni, pur considerando la molteplicità dei punti di vista che vengono di volta in volta chiamati in causa e le difficoltà nell’interfacciarsi con diverse discipline. Esprime la necessità di trovare forme di dialogo più efficaci, di parlare linguaggi accessibili, che consentano di adottare orientamenti comuni, di scomporre e ricomporre la complessità del paesaggio. Vuole sensibilizzare, far crescere la responsabilizzazione sulla tutela e valorizzazione del paesaggio e allo stesso tempo fornire strumenti di lettura, aprire una riflessione su alcuni processi di...
Pagine | 15 - 29
DOI | 10.1401/9788815413352/c1
Anna Marson
Tessere l’azione collettiva nel paesaggio
A cosa ci riferiamo quando parliamo di paesaggio in questo campo dell’azione
pubblica, collettiva? Come si è evoluto a questo riguardo il concetto di paesaggio
negli ultimi decenni? Le trasformazioni più rilevanti sono consistite nel passaggio
da una concezione di rilevanza paesaggistica che aveva come riferimento le strette
pertinenze di singoli beni o manufatti, a un contesto più ampio significato dai beni
stessi e a sua volta significante la comprensione e la qualità della fruizione dei
beni, al contesto territoriale nel suo insieme. Ai beni paesaggistici (e quindi al
paesaggio) è stato a lungo attribuito, per differenza rispetto ai beni monumentali e
artistici, un carattere prevalentemente naturale, o "ambientale". Nel riconsiderare
alcuni documenti fondativi della pianificazione territoriale della Regione del
Veneto negli anni ’70, è sorprendente ritrovare una presenza rilevante del ruolo del
paesaggio nell’interpretazione del proprio territorio. In realtà, le politiche
pubbliche che trattano di paesaggio non si esauriscono nella pianificazione. Un
ultimo aspetto è quello delle procedure di valutazione ambientale.
Pagine | 37 - 57
DOI | 10.1401/9788815413352/c2
Giuseppe Piperata
Il paesaggio: dalla tutela alla valorizzazione
Il paesaggio e i beni paesaggistici, ormai da alcuni anni, coabitano
stabilmente all’interno del diritto del patrimonio culturale, in particolare
all’interno di quel complesso legislativo nazionale contenuto nel c.d. Codice
Urbani, il d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004. La Repubblica tutela il paesaggio: non si
tratta di uno slogan, ma di un principio fondamentale della nostra Costituzione
(art. 9), grazie al quale si imprime un preciso impegno valevole in primo luogo per
i nostri pubblici poteri. Tutela e valorizzazione del paesaggio e dei beni
paesaggistici rimangono distinti anche riguardo agli strumenti che la legge mette a
disposizione per garantirne gli obiettivi: più tradizionali e autoritativi quelli
previsti per la tutela, trattandosi in questo caso di una funzione pubblica che
implica l’esercizio di rilevanti poteri discrezionali; più innovativi e variegati
quelli previsti per la valorizzazione, dovendo iscrivere tale attività ad una logica
di servizio pubblico. Le politiche pubbliche che hanno ad oggetto la promozione
della qualità paesaggistica spesso, si diceva, si intrecciano con altre politiche in
una dinamica di integrazione che ne dovrebbe potenziare gli effetti. Si tratta della
messa in campo di politiche che promuovono i valori paesaggistici di un territorio
secondo una logica integrata che tenga in considerazione anche tutti gli altri
contesti che con quello paesaggistico possono interagire.
Pagine | 59 - 68
DOI | 10.1401/9788815413352/c3
Girolamo Sciullo
I beni paesaggistici
La prima questione che i beni paesaggistici pongono è data dal loro rapporto
con il paesaggio. In termini generali i beni paesaggistici "fanno parte" del
paesaggio, costituendone un ambito ristretto. Sui poteri (e sul ruolo) dello Stato e
della regione significativi interventi rappresentano la sentenza della Corte
costituzionale 164/2021 e quella del TAR Veneto, sez. II, 1280/2022, ambedue con
riferimento al decreto della DGABAP del MiC 1676 del 5 dicembre 2019. La pronuncia
del TAR Veneto 1280/2022 si pone in ideale prosecuzione della sentenza della Corte
costituzionale, di cui riporta in forma estesa le argomentazioni. In particolare,
l’incongruità dell’istruttoria non consente di accertare il rispetto del principio
di proporzionalità (nelle scansioni della idoneità, necessarietà e adeguatezza o
proporzionalità in senso stretto) con riferimento alla disciplina d’uso
"dettagliata, puntuale e pervasiva" introdotta dal decreto. In via analogica,
andrebbero utilizzate le forme procedurali previste dal Codice agli artt. 138
ss.
Pagine | 69 - 77
DOI | 10.1401/9788815413352/c4
Clemente Pio Santacroce
L’autorizzazione paesaggistica: il regime ordinario
Il legislatore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rispetto al
regime compendiato nel previgente Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di beni culturali e ambientali, ha confermato, pur non senza modifiche di
interesse, il tipico e duplice effetto giuridico prodotto dalla sussistenza di un
vincolo paesaggistico a tutela di un singolo immobile, di un complesso di immobili o
di una determinata, più o meno estesa, area territoriale: da un lato, il divieto di
distruzione dei beni paesaggistici e dei valori da essi espressi ed oggetto di
protezione del Codice; dall’altro, l’obbligo di autorizzazione, di regola
preventiva, per gli interventi di alterazione dello stato dei luoghi assoggettati a
tutela. Quel nesso, naturale e da ultimo evidenziato, tra funzione autorizzatoria e
funzione sanzionatoria non è però l’unico che può scorgersi nel Codice. L’art. 146,
del Codice, interamente dedicato all’autorizzazione paesaggistica, contiene diverse
disposizioni di natura sia sostanziale che procedimentale. Non mancano, inoltre,
anche peculiari disposizioni processuali. Il procedimento ordinario di
rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica prende naturalmente avvio a
seguito della presentazione di un’istanza da parte di quel soggetto, privato o anche
pubblico, interessato alla realizzazione di un intervento su di un bene
paesaggistico, la quale dev’essere accompagnata dalla prescritta documentazione a
corredo del progetto. Nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione
paesaggistica potrebbe darsi il caso in cui le amministrazioni competenti restino
"silenziose".
Pagine | 79 - 98
DOI | 10.1401/9788815413352/c5
Gabriele Torelli
L’autorizzazione paesaggistica: interventi esclusi e regime semplificato
Il presente contributo intende esaminare il regime normativo inerente
all’autorizzazione paesaggistica di cui al Codice dei beni culturali e del
paesaggio. È utile ricordare che l’art. 2, DPR 31/2017, regola – come già premesso –
anche le ipotesi in cui gli interventi e le opere da realizzare non sono soggetti ad
autorizzazione paesaggistica, benché il territorio in cui si agisce sia vincolato
sotto il profilo paesaggistico (c.d. casi di esclusione). L’art. 3, DPR 31/2017,
prevede che sono soggetti ad autorizzazione semplificata gli interventi e le opere
di lieve entità elencati nell’allegato B, il quale individua un numero piuttosto
elevato di lavori. Il che ovviamente è in linea con la ratio dell’istituto, ossia la
tolleranza di una procedura meno rigida in quanto le attività realizzate impattano
in modo meno invasivo sul territorio. I profili di semplificazione risiedono nella
formulazione dell’istanza e, di conseguenza, nelle tipologie di documenti da
allegare. La l. 118/2022, entrata in vigore il 27 agosto 2022, attribuisce al
governo una delega per la revisione dei procedimenti amministrativi, richiedendone
una semplificazione anche con riferimento a quelli relativi al rilascio di
autorizzazioni paesaggistiche. Lo strumento della conferenza di servizi costituisce
evidentemente un mezzo di semplificazione fondamentale disciplinato dagli artt. 14
ss., l. 241/1990. Va infine segnalata una circolare del MiC 42/2017, la quale ha
puntualizzato che la conferenza di servizi nella forma semplificata (asincrona) deve
essere indetta solo nel caso in cui, oltre al titolo paesaggistico semplificato ed a
quello edilizio, vi sia la necessità di acquisire un terzo titolo abilitativo per la
realizzazione dell’intervento.
Pagine | 101 - 117
DOI | 10.1401/9788815413352/c6
Domenico Patassini
Paesaggio e ambiente: un disegno valutativo incompiuto
Sotto la spinta del degrado ambientale, delle urgenze climatiche e delle
crescenti diseguaglianze che connotano la transizione ecologica e digitale, il
quadro di riferimento concettuale e metodologico della VAS si sta evolvendo a
livello internazionale, accogliendo con maggiore convinzione operativa i concetti di
"servizio ecosistemico" assieme alle funzioni di rischio o dei disastri. Verificata
l’assoggettabilità dell’azione specifica, le pratiche di VAS dovrebbero orientare
progettazione e attuazione di strategie sostenibili rispetto a scenari alternativi.
La valutazione strategica opera in domini caratterizzati da obiettivi conflittuali e
si può presentare in diverse forme. VP muta con i tipi di paesaggio e con le sue
definizioni, ma per le ragioni sopra menzionate è ancora ridotta la sua efficacia
nelle pratiche di governo del territorio e deboli i nessi con la VAS. Il concetto di
morfotipo rurale, urbano o periurbano è stato introdotto in alcune esperienze di
pianificazione paesaggistica. La figura territoriale o di paesaggio è "per
costruzione" una forma di interazione che può agevolmente contenere la coppia VAS-VP
opportunamente ridefinita. La ridefinizione richiederebbe l’abbandono dell’approccio
matriciale e per indicatori di VAS a favore dell’approccio metabolico o per servizi
ecosistemici (SE). La prospettiva proposta non può che essere sperimentale, pratica,
e i contenuti valutativi della coppia VAS-VP si annunciano di tipo "trasformativo",
a forte contenuto politicoculturale. Poiché l’ecologia è metafora delle interazioni
fra sistemi politici e ambiente, la sperimentazione proposta tende a far emergere
diseguaglianze sociali e responsabilità.
Pagine | 119 - 156
DOI | 10.1401/9788815413352/c7
Giovanna Negri
La pianificazione paesaggistica regionale
La l. 1497/1939 prima e la l. 431/1985, c.d. legge Galasso, dopo, in qualche
modo dettano il percorso della pianificazione paesaggistica nella Regione del Veneto
che, attraverso il PTRC esteso a tutto il territorio regionale approvato nel 1992 e
i piani di area che ne costituiscono parte integrante, incentiva la formazione di
strumenti caratterizzati da una sempre più incisiva compenetrazione degli aspetti
legati alla tutela paesistico-ambientale nelle sue varie forme con quelli connessi
allo sviluppo equilibrato dei territori. Per quanto riguarda l’Atlante ricognitivo,
contenuto all’interno del suddetto "Documento per la valorizzazione del paesaggio
veneto" del PTRC, questo gioca il ruolo di punto di incontro tra il riconoscimento
della complessità del paesaggio e la definizione di indirizzi per il governo delle
sue trasformazioni. La metodologia messa in campo per il PPRA "Arco Costiero
Adriatico – Laguna di Venezia e Delta del Po" rappresenta in questo senso un
importante strumento di pianificazione paesaggistica con riferimento alla
complessità del territorio regionale e sarà certamente elemento prioritario cui
guardare nella fase di redazione dei piani relativi ai diversi ambiti di paesaggio,
quando le aree tutelate saranno prese in considerazione non solo per il loro valore
intrinseco ma in quanto parte di un sistema articolato di "paesaggi", come
rappresentati nella Convenzione europea del paesaggio, e tali da richiedere
strategie, orientamenti integrati e sinergici, per guidare con coerenza, in una
logica di armonizzazione tra interesse personale e bene collettivo, le
trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed
ambientali.
Pagine | 165 - 179
DOI | 10.1401/9788815413352/c8
Andrea Ballin
L’Ufficio Autorizzazioni paesaggistiche della Direzione Pianificazione territoriale della Regione del Veneto
La normativa di riferimento in materia di paesaggio, e quindi anche in materia
di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, è rappresentata dal d.lgs. 42 del
22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, che costituisce il testo
di riordino della normativa in materia di tutela dei beni culturali e beni
paesaggistici vigente fino a quella data, che ha assorbito, integrato e in qualche
modo migliorato le due fondamentali leggi in materia di Tutela del patrimonio
artistico e storico, fino a quella data vigenti: l. 1089/1939 e l. 1497 di
Protezione delle bellezze naturali, approvata anche questa nel 1939. La normativa di
riferimento in materia paesaggio e di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche è
contenuta nel Titolo V bis – Paesaggio della l.r. 11/2004, con le modifiche
introdotte dalla richiamata l.r. 10/2010, provvedimento che oltre ad aver
regolamentato la materia di paesaggio e di autorizzazioni, in ragione delle
rilevanti modifiche introdotte alla legge urbanistica regionale, ha previsto la
modifica del titolo della legge urbanistica regionale, aggiungendo le parole "e in
materia di paesaggio". Per le amministrazioni pubbliche non statali, province,
comuni, consorzi, ecc., il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica viene
esercitata, su delega della regione, dalle amministrazioni comunali, dalle province
o dagli enti parchi, dove sono previsti gli interventi da realizzarsi. Gli
interventi non dovranno modificare, negativamente e significativamente, gli aspetti
peculiari, che hanno portato all’individuazione dell’area di tutela, sia essa
individuata con specifico decreto o per legge.
Pagine | 181 - 189
DOI | 10.1401/9788815413352/c9
Alberto Miotto
Il paesaggio nella pianificazione regionale veneta
Fin dal 1939, l’esigenza di salvaguardare particolari beni ed aree di interesse
paesaggistico aveva indotto il legislatore italiano ad introdurre un’adeguata
normativa, costituita dalla l. 1497/1939, che, sulla scia di precedenti interventi
legislativi, mirava a individuare nel territorio dello Stato le zone meritevoli di
maggior tutela mediante un apposito provvedimento che ne riconoscesse il particolare
carattere paesaggistico. Di fronte alla rapidità delle trasformazioni urbane e alle
sempre nuove e molteplici modalità di organizzazione del territorio, il PTRC,
aggiornato nel 2020, si è posto fin da principio il problema di orientare la
complessità dei rapporti sul territorio, confrontandosi con gli altri strumenti di
pianificazione territoriale, urbana e di settore. Nel documento per la
valorizzazione del paesaggio veneto, il territorio regionale è stato articolato in
quattordici ambiti di paesaggio. La loro definizione è avvenuta in considerazione
degli aspetti geomorfologici, dei caratteri paesaggistici, dei valori
naturalistico-ambientali e storico-culturali e delle dinamiche di trasformazione che
interessano ciascun ambito, oltre che delle loro specificità peculiari.
Pagine | 193 - 205
DOI | 10.1401/9788815413352/c10
Giorgio Doria e Ellena
Finco
L’Osservatorio regionale e gli osservatori locali per il paesaggio
Il paesaggio rappresenta un tema di primaria importanza per la Regione del
Veneto e la scelta di istituire, nel 2011, l’Osservatorio regionale per il
paesaggio, nonché di avviarne le attività già nell’anno successivo, ha assunto il
significato di un concreto impegno, che si è manifestato attraverso un’intensa
attività di sensibilizzazione, divulgazione, conoscenza e formazione. Per la
Convenzione europea, il paesaggio è in ogni luogo e rappresenta un elemento
fondamentale della qualità della vita e del benessere delle popolazioni. L’attività
principale dell’Osservatorio per il paesaggio è quella di garantire un ruolo attivo
delle popolazioni nella salvaguardia, gestione e pianificazione del paesaggio,
attraverso il dialogo tra comunità locali e pubbliche amministrazioni. La
sperimentazione si è articolata in una serie di attività/progetti rivolti e
coinvolgenti diverse categorie di soggetti interessati alle tematiche del paesaggio.
A partire dal 2020, in collaborazione con l’Università degli studi di Verona, si
svolgono ogni anno le giornate di studio sul paesaggio rivolte agli amministratori
pubblici (sindaci, vice sindaci, presidenti, vice presidenti, assessori e
consiglieri) dei comuni, delle province, dei consorzi di bonifica, delle unioni
montane, delle unioni dei comuni.
Pagine | 207 - 219
DOI | 10.1401/9788815413352/c11
Mauro De Osti e Silvia
Felli
Le aree naturali protette nella Regione del Veneto
Il Veneto, dalle lagune alle Dolomiti, risalendo importanti fiumi, percorrendo
colline, rilievi prealpini e laghi, è una regione caratterizzata da una pluralità e
unicità di territori, ambienti e paesaggi. La diversità è determinata da organismi
viventi e da formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, vegetazionali che,
nella loro sovrapposizione e interazione, determinano l’alternarsi dei vari
ecosistemi. Il riferimento normativo, a livello nazionale, è la leggequadro 394 del
6 dicembre 1991 che ha definito la classificazione delle aree naturali protette e ha
istituito l’Elenco ufficiale delle stesse; in particolare, al Titolo III, tratta le
aree naturali protette regionali. Le riserve naturali statali e regionali sono
costituite da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengano una o più
specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, ovvero presentino uno
o più ecosistemi importanti per la biodiversità o per la conservazione delle risorse
genetiche. Le aree naturali protette sono state istituite nel tempo e sono
disciplinate da norme comunitarie, nazionali e locali con lo scopo primario di
conservare il patrimonio naturalistico. Il confine tra esigenza di tutelare la
natura e di assoggettarla per favorirne la fruizione può trovare sintesi nel
concetto di sostenibilità che può essere declinato come durevolezza del bene ovvero
la possibilità che le future generazioni abbiano le nostre stesse
possibilità.
Pagine | 221 - 231
DOI | 10.1401/9788815413352/c12
Umberto Trivelloni,
Alessandra Amoroso e Andrea Bonato
La lettura del paesaggio attraverso l’Infrastruttura. Dati territoriali della Regione e le restituzioni cartografiche
Il Geoportale regionale IDT-RV 2.0 è lo strumento che consente di visualizzare,
consultare e scaricare le banche dati territoriali ed ambientali e i dati
cartografici messi a disposizione dalla Regione del Veneto. La diffusione dei dati
in una logica open ha consentito di incrementare sensibilmente l’apertura verso
l’utenza esterna; i primi passi in questo senso sono stati la cessione gratuita
della Carta tecnica regionale (CTR) e il libero accesso ai dati della rete di
stazioni permanenti gps del Veneto nei primi anni 2000. L’Aerofototeca regionale,
presente all’interno del Geoportale, si compone di una vasta serie di riprese aeree
che coprono un periodo temporale di circa 90 anni. La Regione del Veneto a partire
dal 2007 ha sviluppato un programma per la realizzazione della Banca Dati della
copertura del suolo ad elevata accuratezza geometrica e tematica, al fine di
istituire una base di riferimento per l’indagine delle dinamiche di trasformazione
del territorio e di supporto alle scelte e agli strumenti di programmazione
territoriale ed ambientale. Nel territorio regionale vi è una diffusa presenza di
alcune tipologie di beni, non sempre sottoposti a tutela paesaggistica, storicamente
rappresentativi del paesaggio e dell’identità regionale che si configurano come dei
sistemi di valore da salvaguardare.
Pagine | 233 - 242
DOI | 10.1401/9788815413352/c13
Gabriele Torelli
Criticità nell’applicazione della tutela paesaggistica dei boschi
Nel nostro ordinamento, i boschi, intesi come bene giuridico, trovano la
propria disciplina all’interno del d.lgs. 34 del 3 aprile 2018, Testo unico in
materia di foreste e filiere forestali (d’ora in avanti Testo unico), che delinea il
regime di protezione del patrimonio forestale-boschivo presente all’interno del
nostro territorio. La qualificazione dei boschi quali "beni paesaggistici" ai sensi
dell’art. 142, d.lgs. 42/2004, pone una prima significativa conseguenza: la potestà
legislativa dello Stato, al quale l’art. 117, c. 2 Cost., riconosce appunto una
competenza esclusiva sulla materia "tutela del paesaggio". L’art. 7 del Testo unico
descrive le attività di gestione forestale, ricomprendendovi tutte le pratiche
selvicolturali a carico della vegetazione arborea ed arbustiva di cui all’art. 3, c.
210, e dunque i tagli, le cure e la coltivazione dei boschi, oltre ad altre azioni,
quali ad esempio: interventi colturali di difesa fitosanitaria, la sistemazione
idraulico-forestale, la prevenzione di incendi boschivi, i
rimboschimenti/imboschimenti, la commercializzazione dei prodotti legnosi. La
gestione del patrimonio boschivo disciplinata dal Testo unico pone alcune criticità.
È in particolare interessante notare il disposto dell’art. 8, il quale ammette la
c.d. "trasformazione" del bosco, consistente nell’eliminazione della vegetazione
arborea ed arbustiva, con la conseguenza che a seguito dell’intervento trasformativo
l’area forestale viene destinata ad un uso diverso. Se, come visto, l’art. 8 del
Testo unico implica alcune perplessità in tema di trasformazione del bosco, alcune
criticità ancor più significative sembrano emergere dall’analisi dell’art. 12, che
pare la norma più controversa dell’intero d.lgs. 34/2018.
Pagine | 245 - 258
DOI | 10.1401/9788815413352/c14
Silvia Majer e Isabella
Pasutto
La gestione del bosco in Veneto
Nel Veneto, quindi, prima che in altre parti, nasce la cosiddetta "selvicoltura
naturalistica" ovvero quella selvicoltura che, ponendosi come principio
imprescindibile la stabilità bioecologica del bosco, permette al contempo
l’erogazione da parte delle foreste di molteplici benefici e servigi a favore
dell’ambiente e dell’umanità. Dall’analisi delle elaborazioni cartografiche
sviluppate nel corso degli anni si osserva sul territorio regionale, che conferma
anche il trend nazionale, una progressiva e consistente espansione del bosco. La
legge Maiorana-Calatabiano del 1877, oggi abrogata, introduce per la prima volta il
concetto di "vincolo forestale", vincolo apposto alle superfici coperte da boschi,
riconosciuti dalla legge quale bene giuridico di rilevante interesse pubblico e
sottoposti a specifiche tutele, ossia gravati da obblighi e divieti derivanti
dall’esistenza del vincolo stesso. Il d.lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e
del paesaggio (c.d. Codice Urbani), individua tra le aree vincolate ope legis i
territori coperti da foreste e da boschi (art. 142, c. 1, lett. g), facendo salvo il
principio di tutela ambientale generale, introdotto per questa determinata categoria
di beni dalla legge Galasso (l. 431/1985). Quella che viene generalmente omessa,
volutamente o per ignoranza, è la cultura forestale: è necessario portare avanti,
insieme all’educazione ambientale, anche un’educazione forestale, che faccia capire
come questa sia strettamente connessa – e non in contrasto – alla conservazione
stessa della natura e dell’ecosistema foresta.
Pagine | 259 - 275
DOI | 10.1401/9788815413352/c15
Rita Boccardo
I paesaggi agrari. Sfide di integrazione nelle politiche
La pianificazione paesaggistica regionale, ancora in corso di definizione,
trova fondamento in un concetto di paesaggio idealmente rappresentabile come un
insieme, quello del cosiddetto "Paesaggio con la p maiuscola", di cui troviamo
riferimento nella Convenzione europea del paesaggio (CEP) del 2000 e nella parte III
del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nella Regione del Veneto, le prime
proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore
storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello
adottato nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici,
paesaggi terrazzati). Troviamo evidenza dei valori del patrimonio culturale
dell’agricoltura, ad esempio, in particolari siti del patrimonio UNESCO nazionale,
assai noti presso l’opinione pubblica e divenuti già importanti mete culturali del
turismo sia nazionale che internazionale. È innegabile che l’architettura rurale
risulti una componente sostanziale del paesaggio nel quale si inserisce ed è
altrettanto innegabile che la Regione del Veneto possieda un consistente e diffuso
patrimonio di architettura rurale che riveste un importante valore tipologico e
storico-testimoniale. Il paesaggio rurale della contemporaneità, che presenta
connotazioni ovviamente diverse da quello storico preso finora in considerazione,
risulta pur sempre espressione dei valori della società e della cultura del nostro
tempo. Nell’ambito del PSR 2014-2020 furono previsti (anche se mai attuati) piani
colturali, con durata quinquennale, proprio con finalità paesaggistiche.
Pagine | 277 - 294
DOI | 10.1401/9788815413352/c16
Luigi De Lucchi
Bonifica e trasformazione del paesaggio
C’è un momento fondante dell’attività di bonifica della Regione del Veneto ed è
tutto raccolto in un supplemento del BUR Veneto del 17 aprile 1978, ormai
introvabile. In questo bollettino veniva illustrata la grande operazione di
riorganizzazione condotta dalla regione, da poco subentrata allo Stato nella
gestione dell’attività legislativa e amministrativa della materia della bonifica,
che portò alla riduzione del numero dei consorzi di bonifica da oltre 70 a 20. Sia
nelle "terre vecchie" che in quelle "nuove", il modello produttivo agricolo moderno
non considera la possibilità che gli appezzamenti relitti, di piccole dimensioni,
che si formano a causa del rigore geometrico delle sistemazioni idrauliche agrarie,
possano ospitare piccoli incolti o formazioni boschive, utili alla biodiversità. Nel
futuro anche prossimo in molte ed estese aree di bonifica troveranno diffusione le
grandi macchine irrigue costituite da ali mobili rotanti o traslanti negli
appezzamenti; tali macchine mal si conciliano con la presenza di ostacoli negli
appezzamenti.
Pagine | 295 - 299
DOI | 10.1401/9788815413352/c17
Anna Fumagalli e Fabio
Susan
I servizi ecosistemici associati all’uso irriguo delle acque superficiali nei consorzi di bonifica in Veneto
Nell’ambito di un percorso finalizzato al rinnovo delle concessioni irrigue dei
consorzi di bonifica del Veneto (DGR 962/2016), la Regione del Veneto ha deciso di
affrontare le problematiche in un quadro di riferimento unitario. È stato quindi
avviato un importante studio che ha condotto all’elaborazione di un quadro
conoscitivo dell’irrigazione nel territorio veneto. Tra gli obiettivi del quadro
conoscitivo vi è quello di fornire un’illustrazione esauriente dei servizi
ecosistemici connessi con il flusso delle acque irrigue nel territorio della pianura
veneta. La componente acquacoltura fa riferimento alle attività produttive
finalizzate alla produzione controllata di organismi acquatici. Il tentativo di
inquadrare più precisamente il contributo associabile all’irrigazione nei confronti
della tutela del paesaggio trova un primo importante fattore di criticità nella
difficoltà di inquadrare in maniera univoca ed oggettiva il concetto stesso di
"paesaggio". Potendo far leva sul patrimonio informativo implementato grazie al
contributo e al supporto dei consorzi di bonifica e prodromico al processo di
definizione dei servizi ecosistemici correlati all’irrigazione a livello regionale,
si è cercato di definire, e di quantificare per quanto possibile, le connessioni
esistenti tra la pratica irrigua ed i valori peculiari del paesaggio
veneto.
Pagine | 301 - 320
DOI | 10.1401/9788815413352/c18
Margherita Vanore
Dal gray al green. Infrastrutture e paesaggi in transizione
Un progetto per la trasformazione sostenibile mira a superare quei modelli che
promuovono l’estrazione di risorse non rinnovabili e a conformare i luoghi come
componenti attive di processi rigenerativi. Ciò è parte di un cambiamento culturale
che coinvolge tanto gli stili di vita quanto l’ambiente costruito e i sistemi
infrastrutturali del territorio. La rete delle infrastrutture è da sempre
responsabile di un forte impatto nella morfologia territoriale e urbana. Nel
processo contemporaneo di trasformazione delle infrastrutture in sistemi o
dispositivi green, capaci di innestare una transizione ecologica, assumono
particolare interesse i riusi di viadotti dismessi. Altre storie di rigenerazione
urbana ci mostrano un processo di infrastrutturazione inversa. Le riemersioni o
aperture dei corsi d’acqua occupati da infrastrutture viarie costituiscono
l’occasione per una transizione delle costruzioni grigie in generatori di
risanamento ecosistemico. Nel rapporto tra paesaggio e infrastrutture della mobilità
si colloca quindi anche un processo di infrastrutturazione inversa dedicata al
recupero di un benessere urbano, dove emerge la capacità adattiva del contesto e il
ruolo svolto dalla condivisione dei luoghi per una qualità ambientale e
dell’abitare.
Pagine | 321 - 338
DOI | 10.1401/9788815413352/c19
Gioia Gibelli e Viola Dosi
La progettazione delle infrastrutture ferroviarie e l’inserimento nel paesaggio
I paesaggi, la natura e le culture ad essi sottesi sono una grande ricchezza,
luoghi di conservazione dei caratteri identitari e della diversità biologica e
culturale propria di ogni luogo. Diversità che rappresenta e restituisce risorse
talvolta uniche, soprattutto nei confronti dell’imperante omologazione dell’economia
e della cultura globalizzate che tendono a reiterare i medesimi schemi in luoghi
assai diversi. Il settore dei trasporti è responsabile del 16,2% del totale delle
emissioni di gas a effetto serra (GES) a livello mondiale. Tale dato non considera
le significative emissioni prodotte in modo indiretto dalla costruzione e
smaltimento dei mezzi di trasporto, peraltro incentivati dalle politiche per la
transizione. Infrastrutture e paesaggi non sempre vanno d’accordo. Non sempre è
possibile conservare o moltiplicare il valore di un paesaggio in previsione di una
nuova infrastruttura. Soprattutto non è possibile farlo, qualora si scelga di
realizzare una nuova opera, a prescindere da ogni considerazione di tipo complesso,
e qualora non si parta dal paesaggio stesso per deciderne tracciato e
caratteristiche. I treni dovrebbero essere la modalità di trasporto più usata per un
futuro sostenibile, al fine di comprimere consumi ed emissioni. L’Italia soffre di
un ritardo notevole soprattutto per il trasporto merci. I motivi sono vari. Uno di
questi è la mancanza di una rete efficiente di scali intermodali dove avvengono gli
scambi tra gomma e ferro e viceversa. Il sistema delle acque lega indissolubilmente
infrastruttura e natura, rimettendo "a sistema" elementi in genere scarsamente o
affatto compatibili.
Pagine | 339 - 362
DOI | 10.1401/9788815413352/c20
Laura Zampieri
Percorsi, piste e sentieri per pedoni e ciclisti
Sebbene la viabilità carrabile continui ad essere una delle forme dominanti di
infrastruttura urbana, nella maggior parte delle città occidentali, tale condizione
sta modificandosi, registrando un’enfasi crescente sull’infrastruttura dello spazio
pubblico, associato contemporaneamente a molteplici funzioni e a molteplici luoghi.
Il ripensamento dell’idea di infrastruttura per la mobilità legata alla
sostenibilità non può riferirsi solo a specifici percorsi pedonali e ciclabili, ma
deve includere l’intero corpo delle infrastrutture urbane, così come gli spazi
pubblici o privati di colore grigio/blu/verde. Esiste un’interazione e una
restrizione tra il movimento e lo spazio. Lo spazio pubblico consente tutti i
possibili movimenti e, allo stesso tempo, ne influenza le forme. Esistono tre
funzioni principali degli spazi aperti, strettamente connesse alle questioni legate
agli spostamenti a piedi e in bicicletta: 1. funzioni ambientali ed ecologiche; 2.
funzioni sociali e relative alle risorse umane; 3. funzioni strutturali e
simboliche. Nel progetto olandese di Paleisbrug13, piante, alberi, sedute ed
illuminazione sono stati integrati con fogli piegati di acciaio, per resistere alle
intemperie, dove il colore arrugginito dell’acciaio corten si adatta al paesaggio
delle fortificazioni urbane. Il corten, resistente alle intemperie, è una lega di
acciaio con un denso strato, che limita la corrosione, consentendo di lasciare il
metallo esposto, stimando che il ponte abbia una durata di almeno 100
anni.
Pagine | 363 - 379
DOI | 10.1401/9788815413352/c21
Viviana Ferrario
Energie rinnovabili e paesaggio. Oltre la logica dell’impatto
In Europa il tema del rapporto tra paesaggio ed energie rinnovabili, dal punto
di vista scientifico, è stato molto studiato in questi ultimi anni. Quello che forse
manca ancora è il trasferimento nelle politiche e nelle pratiche di un tema aperto,
che sta diventando sempre più attuale anche a causa dell’urgenza della transizione
energetica, accelerata anche dalla condizione contingente, la crisi energetica che
ci stiamo trovando ad affrontare. Non occorre un grande dislivello per parlare di
energia del rilievo, perché anche un piccolo dislivello può richiedere un’enorme
quantità di lavoro e quindi di energia per poter essere superato. È il caso delle
bonifiche, un interessante esempio di paesaggio plasmato dall’energia: quella
impiegata per realizzarle e quella che serve quotidianamente per mantenerle. Le
energie rinnovabili sono fonti di energia derivanti da risorse naturali che hanno
alcune caratteristiche: la prima è che si rigenerano almeno alla stessa velocità con
la quale vengono consumate; la seconda è che non sono esauribili nella scala delle
ere geologiche; la terza – cruciale – è che il loro utilizzo non pregiudica alle
generazioni future l’uso delle stesse risorse. Il paesaggio è spesso considerato un
problema per la transizione energetica, nel senso che è stato utilizzato come motivo
di scontro. Il parco eolico di Affi (VR), un caso virtuoso dove il promotore sono i
comuni della zona, coordinati tra di loro e dove la sezione locale di Legambiente,
l’associazione ambientalista, invece di essere tenuta all’oscuro, è stata coinvolta
fin dall’inizio del progetto per ideare insieme questo impianto. Il paesaggio fa
parte del gioco, e per creare i nuovi paesaggi delle energie rinnovabili serve un
progetto territoriale condiviso.
Pagine | 381 - 393
DOI | 10.1401/9788815413352/c22
Giuseppe Gisotti e Eugenio
Di Loreto
Il paesaggio del dissesto idrogeologico
Già nel mondo greco il legame tra uomo e natura è considerato un rapporto
armonico: il paesaggio naturale, locus amoenus, è avvertito come insieme in cui
l’uomo è compreso, congiuntamente con altre presenze vive. Con il termine "dissesto
idrogeologico" viene definito "qualsiasi disordine o situazione di squilibrio che
l’acqua produce nel suolo e/o nel sottosuolo". La legge-quadro sulla difesa del
suolo (183/1989) e le sue successive modificazioni hanno ribadito il significato del
termine. L’erosione superficiale e accelerata avviene sullo strato di suolo che
viene asportato dall’azione delle acque di pioggia e viene denudato dalla
vegetazione, con il conseguente assottigliamento dello strato arabile relativo a
suoli agrari o degli orizzonti di superficie per i suoli naturali (soil
degradation). I paesaggi delle pianure alluvionali sono profondamente legati al
rapporto con l’acqua del fiume, che ha determinato il modo in cui gli uomini hanno
costruito le attività produttive ed economiche fin dall’antichità. Il litorale è
stato definito come "il territorio, che segna il confine fra la terra e il mare, ed
un luogo di compromesso e di conflitto in continua evoluzione". In Italia, il 13%
della superficie nazionale pari a 43.000 km2 si trova sulle coste marine. Lungo il
litorale italiano, di 8.300 km, si sono sviluppati ben 646 comuni, con il maggior
peso demografico dell’intero Mediterraneo. Come intervenire sul territorio e sul
paesaggio a rischio idrogeologico? Secondo gran parte dei geologi italiani è
innanzitutto necessario abbandonare il concetto dello sviluppo finalizzato alla sola
crescita economica, e abbracciare l’idea della sicurezza e della bellezza.
Nell’attuale scenario legato ai cambiamenti climatici e all’innalzamento dei livelli
marini, i geologi hanno il dovere etico di condividere conoscenze e mettere a
disposizione esperienza e strumenti interpretativi del paesaggio.
Pagine | 395 - 411
DOI | 10.1401/9788815413352/c23
Filippo Magni
Il paesaggio nel cambiamento climatico. La transizione energetica come catalizzatore di un futuro a basse emissioni di carbonio
Il processo internazionale generato dal protocollo di Kyoto e il lavoro
decennale del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) hanno
progressivamente presentato l’evidenza del riscaldamento globale come la sfida
futura e più urgente per l’umanità. Le politiche nazionali e sovranazionali in
materia di energie rinnovabili sono oggi al centro delle strategie sviluppate per
affrontarlo. La relazione in evoluzione tra paesaggio ed energia può offrire un
campo (a volte) senza precedenti per osservare i processi di trasformazione del
paesaggio (tanto urbano quanto rurale), sviluppare percorsi di ricerca basati
sull’evidenza empirica e ampliare la conoscenza sui processi attraverso i quali i
"nostri" paesaggi diventano quello che sono. Il recente sviluppo di un’agenda
globale verso un futuro a basse emissioni di carbonio17 ha indotto uno sviluppo
senza precedenti nelle energie rinnovabili e nelle politiche energetiche
rinnovabili. Gli studi sul paesaggio si sono sviluppati come campo disciplinare.
L’energia non è né una tecnologia definita né una disciplina in quanto tale. Alcuni
tipi di paesaggi energetici hanno già suscitato interesse analitico, come i paesaggi
idroelettrici o i paesaggi delle linee di trasmissione di energia. Molte delle
questioni affrontate non hanno ancora una risposta definita e strutturata a livello
disciplinare. Alcune di queste, soprattutto, non devono avere risposta in questo
preciso momento storico. L’esplorazione interdisciplinare della relazione tra
paesaggio ed energia è ormai all’ordine del giorno e come il paesaggio, essa stessa
muta e si evolve.
Pagine | 413 - 430