Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
Attori, istituzioni e strumenti

Muovendo dagli impegni enunciati dalla Convenzione Europea del Paesaggio, questo volume si rivolge a coloro che operano in vari ambiti delle politiche territoriali e che spesso incontrano difficoltà a integrare la dimensione paesaggistica nelle scelte che vengono compiute. Gli autori invitano a ripensare il modus operandi delle istituzioni pubbliche, assumendo la trasversalità del paesaggio come quadro di riferimento per prendere decisioni, pur considerando la molteplicità dei punti di vista che vengono di volta in volta chiamati in causa e la difficoltà di interfacciarsi con diverse discipline. È un appello a sensibilizzare e far crescere la responsabilizzazione sulla tutela e valorizzazione del paesaggio, mostrando come la prospettiva di efficacia di politiche di salvaguardia debba aprirsi ad altre politiche in grado di intervenire sul territorio.

– già professoressa ordinaria all’Università IUAV di Venezia – si è occupata di politiche ambientali e di sviluppo rurale. Attualmente la sua ricerca si concentra sugli strumenti di governance per la tutela e salvaguardia del paesaggio, con specifico riferimento alle possibili interazioni con le politiche agricole.

insegna Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università IUAV di Venezia. È autore, tra l’altro, di "Climate proof planning. L’adattamento in Italia tra sperimentazioni e innovazioni" (Franco Angeli, 2019) e curatore di "Cambiamento climatico e paesaggio. Dalla definizione degli impatti alla costruzione di nuovi modelli di governance" (con M. Reho e F. Musco, Franco Angeli, 2023).

Editore: Il Mulino

Pubblicazione online: 2024
Isbn edizione digitale: 9788815413352
DOI: 10.978.8815/413352
Licenza: CC BY-NC-ND

Pubblicazione a stampa: 2024
Isbn edizione a stampa: 9788815384744
Collana: Percorsi
Pagine: 440

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I CAPITOLI

DOI | 10.1401/9788815413352/p1

Saluto istituzionale del presidente della Regione del Veneto

La tutela e la salvaguardia del paesaggio rientrano nelle azioni programmatiche della Regione del Veneto. Oggi non possiamo, infatti, prescindere dalla conoscenza di quali siano gli strumenti generali e settoriali per il governo del territorio, che consentano ai professionisti e ai tecnici di fare le loro valutazioni su un contesto che non è dato solo da un unico paesaggio, bensì da un territorio che è caratterizzato da paesaggi differenti naturali o antropizzati, ad esempio quello del bosco, quelli agrari o quelli che si formano in seguito alla realizzazione di opere infrastrutturali. Sono tutti paesaggi che richiedono particolare attenzione e capacità di analisi per affinare anche le politiche regionali di programmazione e affrontare le trasformazioni, tenendo conto della sostenibilità ambientale, un fattore imprescindibile nello sviluppo ordinato e armonico del territorio. Promuovere, pertanto, una cultura del paesaggio, anche in attuazione della Convenzione europea del paesaggio,...
Pagine | 9 - 10
DOI | 10.1401/9788815413352/p2

Saluto istituzionale dell’assessore al Territorio, cultura, sicurezza, flussi migratori, caccia e pesca, Regione del Veneto

La Regione del Veneto da anni è impegnata nella promozione della cultura del paesaggio e, in attuazione della Convenzione europea del paesaggio, nella formazione di professionisti del settore pubblico e privato. La scelta di indirizzare l’attività formativa verso coloro che, operando sul territorio, sono i principali artefici della trasformazione del paesaggio è stata ulteriormente rafforzata dalla volontà di realizzare nel 2022 un corso espressamente dedicato ai dipendenti regionali, tecnici e amministrativi, in servizio presso le strutture della Giunta regionale, oppure di enti e società regionali. Il corso, articolato in 7 giornate, per un numero complessivo di 25 ore tra lezioni e seminari, è stato inserito nel programma delle attività per l’anno 2022 dell’Osservatorio regionale per il paesaggio e realizzato, nel periodo settembre-dicembre dello stesso anno, grazie alla collaborazione dell’Università IUAV di Venezia, che ne ha assunto la responsabilità scientifica e quella...
Pagine | 11 - 12
DOI | 10.1401/9788815413352/p3

Premessa

La collaborazione tra la Regione del Veneto e l’Università IUAV è iniziata da tempo e si è consolidata, a partire dal 2011, con l’avvio delle attività sperimentali nel Canale di Brenta, finanziate dalla Regione e realizzate dalla Comunità montana del Brenta con le Università di Padova e IUAV di Venezia. Partendo da quella esperienza, nell’individuare le attività dell’Osservatorio regionale per il paesaggio, già nel 2012 si è deciso di privilegiare quelle rivolte alla formazione, alla partecipazione e sensibilizzazione, coinvolgendo in queste tutti i principali attori delle trasformazioni del paesaggio veneto. Grazie anche al contributo di tutte le università del Veneto sono stati realizzati numerosi corsi, rivolti ai tecnici liberi professionisti e ai tecnici della pubblica amministrazione, che nel corso delle varie edizioni hanno toccato temi sempre diversi ed attuali. Altrettanto importante l’avvio negli stessi anni della formazione degli insegnanti, degli amministratori pubblici,...
Pagine | 13 - 14
DOI | 10.1401/9788815413352/p4
Matelda Reho

Introduzione

Il volume che qui si presenta ha esplicitamente l’obiettivo di parlare di paesaggio a figure che operano in vari ambiti delle politiche territoriali, per le quali spesso non è semplice integrare la dimensione paesaggistica nelle scelte che vengono assunte. Pone in qualche modo la necessità di ripensare il modus operandi delle istituzioni pubbliche, assumendo la trasversalità del paesaggio come frame in cui prendere le decisioni, pur considerando la molteplicità dei punti di vista che vengono di volta in volta chiamati in causa e le difficoltà nell’interfacciarsi con diverse discipline. Esprime la necessità di trovare forme di dialogo più efficaci, di parlare linguaggi accessibili, che consentano di adottare orientamenti comuni, di scomporre e ricomporre la complessità del paesaggio. Vuole sensibilizzare, far crescere la responsabilizzazione sulla tutela e valorizzazione del paesaggio e allo stesso tempo fornire strumenti di lettura, aprire una riflessione su alcuni processi di...
Pagine | 15 - 29
DOI | 10.1401/9788815413352/c1
Anna Marson

Tessere l’azione collettiva nel paesaggio

A cosa ci riferiamo quando parliamo di paesaggio in questo campo dell’azione pubblica, collettiva? Come si è evoluto a questo riguardo il concetto di paesaggio negli ultimi decenni? Le trasformazioni più rilevanti sono consistite nel passaggio da una concezione di rilevanza paesaggistica che aveva come riferimento le strette pertinenze di singoli beni o manufatti, a un contesto più ampio significato dai beni stessi e a sua volta significante la comprensione e la qualità della fruizione dei beni, al contesto territoriale nel suo insieme. Ai beni paesaggistici (e quindi al paesaggio) è stato a lungo attribuito, per differenza rispetto ai beni monumentali e artistici, un carattere prevalentemente naturale, o "ambientale". Nel riconsiderare alcuni documenti fondativi della pianificazione territoriale della Regione del Veneto negli anni ’70, è sorprendente ritrovare una presenza rilevante del ruolo del paesaggio nell’interpretazione del proprio territorio. In realtà, le politiche pubbliche che trattano di paesaggio non si esauriscono nella pianificazione. Un ultimo aspetto è quello delle procedure di valutazione ambientale.
Pagine | 37 - 57
DOI | 10.1401/9788815413352/c2
Giuseppe Piperata

Il paesaggio: dalla tutela alla valorizzazione

Il paesaggio e i beni paesaggistici, ormai da alcuni anni, coabitano stabilmente all’interno del diritto del patrimonio culturale, in particolare all’interno di quel complesso legislativo nazionale contenuto nel c.d. Codice Urbani, il d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004. La Repubblica tutela il paesaggio: non si tratta di uno slogan, ma di un principio fondamentale della nostra Costituzione (art. 9), grazie al quale si imprime un preciso impegno valevole in primo luogo per i nostri pubblici poteri. Tutela e valorizzazione del paesaggio e dei beni paesaggistici rimangono distinti anche riguardo agli strumenti che la legge mette a disposizione per garantirne gli obiettivi: più tradizionali e autoritativi quelli previsti per la tutela, trattandosi in questo caso di una funzione pubblica che implica l’esercizio di rilevanti poteri discrezionali; più innovativi e variegati quelli previsti per la valorizzazione, dovendo iscrivere tale attività ad una logica di servizio pubblico. Le politiche pubbliche che hanno ad oggetto la promozione della qualità paesaggistica spesso, si diceva, si intrecciano con altre politiche in una dinamica di integrazione che ne dovrebbe potenziare gli effetti. Si tratta della messa in campo di politiche che promuovono i valori paesaggistici di un territorio secondo una logica integrata che tenga in considerazione anche tutti gli altri contesti che con quello paesaggistico possono interagire.
Pagine | 59 - 68
DOI | 10.1401/9788815413352/c3
Girolamo Sciullo

I beni paesaggistici

La prima questione che i beni paesaggistici pongono è data dal loro rapporto con il paesaggio. In termini generali i beni paesaggistici "fanno parte" del paesaggio, costituendone un ambito ristretto. Sui poteri (e sul ruolo) dello Stato e della regione significativi interventi rappresentano la sentenza della Corte costituzionale 164/2021 e quella del TAR Veneto, sez. II, 1280/2022, ambedue con riferimento al decreto della DGABAP del MiC 1676 del 5 dicembre 2019. La pronuncia del TAR Veneto 1280/2022 si pone in ideale prosecuzione della sentenza della Corte costituzionale, di cui riporta in forma estesa le argomentazioni. In particolare, l’incongruità dell’istruttoria non consente di accertare il rispetto del principio di proporzionalità (nelle scansioni della idoneità, necessarietà e adeguatezza o proporzionalità in senso stretto) con riferimento alla disciplina d’uso "dettagliata, puntuale e pervasiva" introdotta dal decreto. In via analogica, andrebbero utilizzate le forme procedurali previste dal Codice agli artt. 138 ss.
Pagine | 69 - 77
DOI | 10.1401/9788815413352/c4
Clemente Pio Santacroce

L’autorizzazione paesaggistica: il regime ordinario

Il legislatore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rispetto al regime compendiato nel previgente Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, ha confermato, pur non senza modifiche di interesse, il tipico e duplice effetto giuridico prodotto dalla sussistenza di un vincolo paesaggistico a tutela di un singolo immobile, di un complesso di immobili o di una determinata, più o meno estesa, area territoriale: da un lato, il divieto di distruzione dei beni paesaggistici e dei valori da essi espressi ed oggetto di protezione del Codice; dall’altro, l’obbligo di autorizzazione, di regola preventiva, per gli interventi di alterazione dello stato dei luoghi assoggettati a tutela. Quel nesso, naturale e da ultimo evidenziato, tra funzione autorizzatoria e funzione sanzionatoria non è però l’unico che può scorgersi nel Codice. L’art. 146, del Codice, interamente dedicato all’autorizzazione paesaggistica, contiene diverse disposizioni di natura sia sostanziale che procedimentale. Non mancano, inoltre, anche peculiari disposizioni processuali. Il procedimento ordinario di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica prende naturalmente avvio a seguito della presentazione di un’istanza da parte di quel soggetto, privato o anche pubblico, interessato alla realizzazione di un intervento su di un bene paesaggistico, la quale dev’essere accompagnata dalla prescritta documentazione a corredo del progetto. Nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica potrebbe darsi il caso in cui le amministrazioni competenti restino "silenziose".
Pagine | 79 - 98
DOI | 10.1401/9788815413352/c5
Gabriele Torelli

L’autorizzazione paesaggistica: interventi esclusi e regime semplificato

Il presente contributo intende esaminare il regime normativo inerente all’autorizzazione paesaggistica di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio. È utile ricordare che l’art. 2, DPR 31/2017, regola – come già premesso – anche le ipotesi in cui gli interventi e le opere da realizzare non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica, benché il territorio in cui si agisce sia vincolato sotto il profilo paesaggistico (c.d. casi di esclusione). L’art. 3, DPR 31/2017, prevede che sono soggetti ad autorizzazione semplificata gli interventi e le opere di lieve entità elencati nell’allegato B, il quale individua un numero piuttosto elevato di lavori. Il che ovviamente è in linea con la ratio dell’istituto, ossia la tolleranza di una procedura meno rigida in quanto le attività realizzate impattano in modo meno invasivo sul territorio. I profili di semplificazione risiedono nella formulazione dell’istanza e, di conseguenza, nelle tipologie di documenti da allegare. La l. 118/2022, entrata in vigore il 27 agosto 2022, attribuisce al governo una delega per la revisione dei procedimenti amministrativi, richiedendone una semplificazione anche con riferimento a quelli relativi al rilascio di autorizzazioni paesaggistiche. Lo strumento della conferenza di servizi costituisce evidentemente un mezzo di semplificazione fondamentale disciplinato dagli artt. 14 ss., l. 241/1990. Va infine segnalata una circolare del MiC 42/2017, la quale ha puntualizzato che la conferenza di servizi nella forma semplificata (asincrona) deve essere indetta solo nel caso in cui, oltre al titolo paesaggistico semplificato ed a quello edilizio, vi sia la necessità di acquisire un terzo titolo abilitativo per la realizzazione dell’intervento.
Pagine | 101 - 117
DOI | 10.1401/9788815413352/c6
Domenico Patassini

Paesaggio e ambiente: un disegno valutativo incompiuto

Sotto la spinta del degrado ambientale, delle urgenze climatiche e delle crescenti diseguaglianze che connotano la transizione ecologica e digitale, il quadro di riferimento concettuale e metodologico della VAS si sta evolvendo a livello internazionale, accogliendo con maggiore convinzione operativa i concetti di "servizio ecosistemico" assieme alle funzioni di rischio o dei disastri. Verificata l’assoggettabilità dell’azione specifica, le pratiche di VAS dovrebbero orientare progettazione e attuazione di strategie sostenibili rispetto a scenari alternativi. La valutazione strategica opera in domini caratterizzati da obiettivi conflittuali e si può presentare in diverse forme. VP muta con i tipi di paesaggio e con le sue definizioni, ma per le ragioni sopra menzionate è ancora ridotta la sua efficacia nelle pratiche di governo del territorio e deboli i nessi con la VAS. Il concetto di morfotipo rurale, urbano o periurbano è stato introdotto in alcune esperienze di pianificazione paesaggistica. La figura territoriale o di paesaggio è "per costruzione" una forma di interazione che può agevolmente contenere la coppia VAS-VP opportunamente ridefinita. La ridefinizione richiederebbe l’abbandono dell’approccio matriciale e per indicatori di VAS a favore dell’approccio metabolico o per servizi ecosistemici (SE). La prospettiva proposta non può che essere sperimentale, pratica, e i contenuti valutativi della coppia VAS-VP si annunciano di tipo "trasformativo", a forte contenuto politicoculturale. Poiché l’ecologia è metafora delle interazioni fra sistemi politici e ambiente, la sperimentazione proposta tende a far emergere diseguaglianze sociali e responsabilità.
Pagine | 119 - 156
DOI | 10.1401/9788815413352/c7
Giovanna Negri

La pianificazione paesaggistica regionale

La l. 1497/1939 prima e la l. 431/1985, c.d. legge Galasso, dopo, in qualche modo dettano il percorso della pianificazione paesaggistica nella Regione del Veneto che, attraverso il PTRC esteso a tutto il territorio regionale approvato nel 1992 e i piani di area che ne costituiscono parte integrante, incentiva la formazione di strumenti caratterizzati da una sempre più incisiva compenetrazione degli aspetti legati alla tutela paesistico-ambientale nelle sue varie forme con quelli connessi allo sviluppo equilibrato dei territori. Per quanto riguarda l’Atlante ricognitivo, contenuto all’interno del suddetto "Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto" del PTRC, questo gioca il ruolo di punto di incontro tra il riconoscimento della complessità del paesaggio e la definizione di indirizzi per il governo delle sue trasformazioni. La metodologia messa in campo per il PPRA "Arco Costiero Adriatico – Laguna di Venezia e Delta del Po" rappresenta in questo senso un importante strumento di pianificazione paesaggistica con riferimento alla complessità del territorio regionale e sarà certamente elemento prioritario cui guardare nella fase di redazione dei piani relativi ai diversi ambiti di paesaggio, quando le aree tutelate saranno prese in considerazione non solo per il loro valore intrinseco ma in quanto parte di un sistema articolato di "paesaggi", come rappresentati nella Convenzione europea del paesaggio, e tali da richiedere strategie, orientamenti integrati e sinergici, per guidare con coerenza, in una logica di armonizzazione tra interesse personale e bene collettivo, le trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali.
Pagine | 165 - 179
DOI | 10.1401/9788815413352/c8
Andrea Ballin

L’Ufficio Autorizzazioni paesaggistiche della Direzione Pianificazione territoriale della Regione del Veneto

La normativa di riferimento in materia di paesaggio, e quindi anche in materia di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, è rappresentata dal d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio, che costituisce il testo di riordino della normativa in materia di tutela dei beni culturali e beni paesaggistici vigente fino a quella data, che ha assorbito, integrato e in qualche modo migliorato le due fondamentali leggi in materia di Tutela del patrimonio artistico e storico, fino a quella data vigenti: l. 1089/1939 e l. 1497 di Protezione delle bellezze naturali, approvata anche questa nel 1939. La normativa di riferimento in materia paesaggio e di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche è contenuta nel Titolo V bis – Paesaggio della l.r. 11/2004, con le modifiche introdotte dalla richiamata l.r. 10/2010, provvedimento che oltre ad aver regolamentato la materia di paesaggio e di autorizzazioni, in ragione delle rilevanti modifiche introdotte alla legge urbanistica regionale, ha previsto la modifica del titolo della legge urbanistica regionale, aggiungendo le parole "e in materia di paesaggio". Per le amministrazioni pubbliche non statali, province, comuni, consorzi, ecc., il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica viene esercitata, su delega della regione, dalle amministrazioni comunali, dalle province o dagli enti parchi, dove sono previsti gli interventi da realizzarsi. Gli interventi non dovranno modificare, negativamente e significativamente, gli aspetti peculiari, che hanno portato all’individuazione dell’area di tutela, sia essa individuata con specifico decreto o per legge.
Pagine | 181 - 189
DOI | 10.1401/9788815413352/c9
Alberto Miotto

Il paesaggio nella pianificazione regionale veneta

Fin dal 1939, l’esigenza di salvaguardare particolari beni ed aree di interesse paesaggistico aveva indotto il legislatore italiano ad introdurre un’adeguata normativa, costituita dalla l. 1497/1939, che, sulla scia di precedenti interventi legislativi, mirava a individuare nel territorio dello Stato le zone meritevoli di maggior tutela mediante un apposito provvedimento che ne riconoscesse il particolare carattere paesaggistico. Di fronte alla rapidità delle trasformazioni urbane e alle sempre nuove e molteplici modalità di organizzazione del territorio, il PTRC, aggiornato nel 2020, si è posto fin da principio il problema di orientare la complessità dei rapporti sul territorio, confrontandosi con gli altri strumenti di pianificazione territoriale, urbana e di settore. Nel documento per la valorizzazione del paesaggio veneto, il territorio regionale è stato articolato in quattordici ambiti di paesaggio. La loro definizione è avvenuta in considerazione degli aspetti geomorfologici, dei caratteri paesaggistici, dei valori naturalistico-ambientali e storico-culturali e delle dinamiche di trasformazione che interessano ciascun ambito, oltre che delle loro specificità peculiari.
Pagine | 193 - 205
DOI | 10.1401/9788815413352/c10
Giorgio Doria e Ellena Finco

L’Osservatorio regionale e gli osservatori locali per il paesaggio

Il paesaggio rappresenta un tema di primaria importanza per la Regione del Veneto e la scelta di istituire, nel 2011, l’Osservatorio regionale per il paesaggio, nonché di avviarne le attività già nell’anno successivo, ha assunto il significato di un concreto impegno, che si è manifestato attraverso un’intensa attività di sensibilizzazione, divulgazione, conoscenza e formazione. Per la Convenzione europea, il paesaggio è in ogni luogo e rappresenta un elemento fondamentale della qualità della vita e del benessere delle popolazioni. L’attività principale dell’Osservatorio per il paesaggio è quella di garantire un ruolo attivo delle popolazioni nella salvaguardia, gestione e pianificazione del paesaggio, attraverso il dialogo tra comunità locali e pubbliche amministrazioni. La sperimentazione si è articolata in una serie di attività/progetti rivolti e coinvolgenti diverse categorie di soggetti interessati alle tematiche del paesaggio. A partire dal 2020, in collaborazione con l’Università degli studi di Verona, si svolgono ogni anno le giornate di studio sul paesaggio rivolte agli amministratori pubblici (sindaci, vice sindaci, presidenti, vice presidenti, assessori e consiglieri) dei comuni, delle province, dei consorzi di bonifica, delle unioni montane, delle unioni dei comuni.
Pagine | 207 - 219
DOI | 10.1401/9788815413352/c11
Mauro De Osti e Silvia Felli

Le aree naturali protette nella Regione del Veneto

Il Veneto, dalle lagune alle Dolomiti, risalendo importanti fiumi, percorrendo colline, rilievi prealpini e laghi, è una regione caratterizzata da una pluralità e unicità di territori, ambienti e paesaggi. La diversità è determinata da organismi viventi e da formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, vegetazionali che, nella loro sovrapposizione e interazione, determinano l’alternarsi dei vari ecosistemi. Il riferimento normativo, a livello nazionale, è la leggequadro 394 del 6 dicembre 1991 che ha definito la classificazione delle aree naturali protette e ha istituito l’Elenco ufficiale delle stesse; in particolare, al Titolo III, tratta le aree naturali protette regionali. Le riserve naturali statali e regionali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengano una o più specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per la biodiversità o per la conservazione delle risorse genetiche. Le aree naturali protette sono state istituite nel tempo e sono disciplinate da norme comunitarie, nazionali e locali con lo scopo primario di conservare il patrimonio naturalistico. Il confine tra esigenza di tutelare la natura e di assoggettarla per favorirne la fruizione può trovare sintesi nel concetto di sostenibilità che può essere declinato come durevolezza del bene ovvero la possibilità che le future generazioni abbiano le nostre stesse possibilità.
Pagine | 221 - 231
DOI | 10.1401/9788815413352/c12
Umberto Trivelloni, Alessandra Amoroso e Andrea Bonato

La lettura del paesaggio attraverso l’Infrastruttura. Dati territoriali della Regione e le restituzioni cartografiche

Il Geoportale regionale IDT-RV 2.0 è lo strumento che consente di visualizzare, consultare e scaricare le banche dati territoriali ed ambientali e i dati cartografici messi a disposizione dalla Regione del Veneto. La diffusione dei dati in una logica open ha consentito di incrementare sensibilmente l’apertura verso l’utenza esterna; i primi passi in questo senso sono stati la cessione gratuita della Carta tecnica regionale (CTR) e il libero accesso ai dati della rete di stazioni permanenti gps del Veneto nei primi anni 2000. L’Aerofototeca regionale, presente all’interno del Geoportale, si compone di una vasta serie di riprese aeree che coprono un periodo temporale di circa 90 anni. La Regione del Veneto a partire dal 2007 ha sviluppato un programma per la realizzazione della Banca Dati della copertura del suolo ad elevata accuratezza geometrica e tematica, al fine di istituire una base di riferimento per l’indagine delle dinamiche di trasformazione del territorio e di supporto alle scelte e agli strumenti di programmazione territoriale ed ambientale. Nel territorio regionale vi è una diffusa presenza di alcune tipologie di beni, non sempre sottoposti a tutela paesaggistica, storicamente rappresentativi del paesaggio e dell’identità regionale che si configurano come dei sistemi di valore da salvaguardare.
Pagine | 233 - 242
DOI | 10.1401/9788815413352/c13
Gabriele Torelli

Criticità nell’applicazione della tutela paesaggistica dei boschi

Nel nostro ordinamento, i boschi, intesi come bene giuridico, trovano la propria disciplina all’interno del d.lgs. 34 del 3 aprile 2018, Testo unico in materia di foreste e filiere forestali (d’ora in avanti Testo unico), che delinea il regime di protezione del patrimonio forestale-boschivo presente all’interno del nostro territorio. La qualificazione dei boschi quali "beni paesaggistici" ai sensi dell’art. 142, d.lgs. 42/2004, pone una prima significativa conseguenza: la potestà legislativa dello Stato, al quale l’art. 117, c. 2 Cost., riconosce appunto una competenza esclusiva sulla materia "tutela del paesaggio". L’art. 7 del Testo unico descrive le attività di gestione forestale, ricomprendendovi tutte le pratiche selvicolturali a carico della vegetazione arborea ed arbustiva di cui all’art. 3, c. 210, e dunque i tagli, le cure e la coltivazione dei boschi, oltre ad altre azioni, quali ad esempio: interventi colturali di difesa fitosanitaria, la sistemazione idraulico-forestale, la prevenzione di incendi boschivi, i rimboschimenti/imboschimenti, la commercializzazione dei prodotti legnosi. La gestione del patrimonio boschivo disciplinata dal Testo unico pone alcune criticità. È in particolare interessante notare il disposto dell’art. 8, il quale ammette la c.d. "trasformazione" del bosco, consistente nell’eliminazione della vegetazione arborea ed arbustiva, con la conseguenza che a seguito dell’intervento trasformativo l’area forestale viene destinata ad un uso diverso. Se, come visto, l’art. 8 del Testo unico implica alcune perplessità in tema di trasformazione del bosco, alcune criticità ancor più significative sembrano emergere dall’analisi dell’art. 12, che pare la norma più controversa dell’intero d.lgs. 34/2018.
Pagine | 245 - 258
DOI | 10.1401/9788815413352/c14
Silvia Majer e Isabella Pasutto

La gestione del bosco in Veneto

Nel Veneto, quindi, prima che in altre parti, nasce la cosiddetta "selvicoltura naturalistica" ovvero quella selvicoltura che, ponendosi come principio imprescindibile la stabilità bioecologica del bosco, permette al contempo l’erogazione da parte delle foreste di molteplici benefici e servigi a favore dell’ambiente e dell’umanità. Dall’analisi delle elaborazioni cartografiche sviluppate nel corso degli anni si osserva sul territorio regionale, che conferma anche il trend nazionale, una progressiva e consistente espansione del bosco. La legge Maiorana-Calatabiano del 1877, oggi abrogata, introduce per la prima volta il concetto di "vincolo forestale", vincolo apposto alle superfici coperte da boschi, riconosciuti dalla legge quale bene giuridico di rilevante interesse pubblico e sottoposti a specifiche tutele, ossia gravati da obblighi e divieti derivanti dall’esistenza del vincolo stesso. Il d.lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. Codice Urbani), individua tra le aree vincolate ope legis i territori coperti da foreste e da boschi (art. 142, c. 1, lett. g), facendo salvo il principio di tutela ambientale generale, introdotto per questa determinata categoria di beni dalla legge Galasso (l. 431/1985). Quella che viene generalmente omessa, volutamente o per ignoranza, è la cultura forestale: è necessario portare avanti, insieme all’educazione ambientale, anche un’educazione forestale, che faccia capire come questa sia strettamente connessa – e non in contrasto – alla conservazione stessa della natura e dell’ecosistema foresta.
Pagine | 259 - 275
DOI | 10.1401/9788815413352/c15
Rita Boccardo

I paesaggi agrari. Sfide di integrazione nelle politiche

La pianificazione paesaggistica regionale, ancora in corso di definizione, trova fondamento in un concetto di paesaggio idealmente rappresentabile come un insieme, quello del cosiddetto "Paesaggio con la p maiuscola", di cui troviamo riferimento nella Convenzione europea del paesaggio (CEP) del 2000 e nella parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nella Regione del Veneto, le prime proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello adottato nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici, paesaggi terrazzati). Troviamo evidenza dei valori del patrimonio culturale dell’agricoltura, ad esempio, in particolari siti del patrimonio UNESCO nazionale, assai noti presso l’opinione pubblica e divenuti già importanti mete culturali del turismo sia nazionale che internazionale. È innegabile che l’architettura rurale risulti una componente sostanziale del paesaggio nel quale si inserisce ed è altrettanto innegabile che la Regione del Veneto possieda un consistente e diffuso patrimonio di architettura rurale che riveste un importante valore tipologico e storico-testimoniale. Il paesaggio rurale della contemporaneità, che presenta connotazioni ovviamente diverse da quello storico preso finora in considerazione, risulta pur sempre espressione dei valori della società e della cultura del nostro tempo. Nell’ambito del PSR 2014-2020 furono previsti (anche se mai attuati) piani colturali, con durata quinquennale, proprio con finalità paesaggistiche.
Pagine | 277 - 294
DOI | 10.1401/9788815413352/c16
Luigi De Lucchi

Bonifica e trasformazione del paesaggio

C’è un momento fondante dell’attività di bonifica della Regione del Veneto ed è tutto raccolto in un supplemento del BUR Veneto del 17 aprile 1978, ormai introvabile. In questo bollettino veniva illustrata la grande operazione di riorganizzazione condotta dalla regione, da poco subentrata allo Stato nella gestione dell’attività legislativa e amministrativa della materia della bonifica, che portò alla riduzione del numero dei consorzi di bonifica da oltre 70 a 20. Sia nelle "terre vecchie" che in quelle "nuove", il modello produttivo agricolo moderno non considera la possibilità che gli appezzamenti relitti, di piccole dimensioni, che si formano a causa del rigore geometrico delle sistemazioni idrauliche agrarie, possano ospitare piccoli incolti o formazioni boschive, utili alla biodiversità. Nel futuro anche prossimo in molte ed estese aree di bonifica troveranno diffusione le grandi macchine irrigue costituite da ali mobili rotanti o traslanti negli appezzamenti; tali macchine mal si conciliano con la presenza di ostacoli negli appezzamenti.
Pagine | 295 - 299
DOI | 10.1401/9788815413352/c17
Anna Fumagalli e Fabio Susan

I servizi ecosistemici associati all’uso irriguo delle acque superficiali nei consorzi di bonifica in Veneto

Nell’ambito di un percorso finalizzato al rinnovo delle concessioni irrigue dei consorzi di bonifica del Veneto (DGR 962/2016), la Regione del Veneto ha deciso di affrontare le problematiche in un quadro di riferimento unitario. È stato quindi avviato un importante studio che ha condotto all’elaborazione di un quadro conoscitivo dell’irrigazione nel territorio veneto. Tra gli obiettivi del quadro conoscitivo vi è quello di fornire un’illustrazione esauriente dei servizi ecosistemici connessi con il flusso delle acque irrigue nel territorio della pianura veneta. La componente acquacoltura fa riferimento alle attività produttive finalizzate alla produzione controllata di organismi acquatici. Il tentativo di inquadrare più precisamente il contributo associabile all’irrigazione nei confronti della tutela del paesaggio trova un primo importante fattore di criticità nella difficoltà di inquadrare in maniera univoca ed oggettiva il concetto stesso di "paesaggio". Potendo far leva sul patrimonio informativo implementato grazie al contributo e al supporto dei consorzi di bonifica e prodromico al processo di definizione dei servizi ecosistemici correlati all’irrigazione a livello regionale, si è cercato di definire, e di quantificare per quanto possibile, le connessioni esistenti tra la pratica irrigua ed i valori peculiari del paesaggio veneto.
Pagine | 301 - 320
DOI | 10.1401/9788815413352/c18
Margherita Vanore

Dal gray al green. Infrastrutture e paesaggi in transizione

Un progetto per la trasformazione sostenibile mira a superare quei modelli che promuovono l’estrazione di risorse non rinnovabili e a conformare i luoghi come componenti attive di processi rigenerativi. Ciò è parte di un cambiamento culturale che coinvolge tanto gli stili di vita quanto l’ambiente costruito e i sistemi infrastrutturali del territorio. La rete delle infrastrutture è da sempre responsabile di un forte impatto nella morfologia territoriale e urbana. Nel processo contemporaneo di trasformazione delle infrastrutture in sistemi o dispositivi green, capaci di innestare una transizione ecologica, assumono particolare interesse i riusi di viadotti dismessi. Altre storie di rigenerazione urbana ci mostrano un processo di infrastrutturazione inversa. Le riemersioni o aperture dei corsi d’acqua occupati da infrastrutture viarie costituiscono l’occasione per una transizione delle costruzioni grigie in generatori di risanamento ecosistemico. Nel rapporto tra paesaggio e infrastrutture della mobilità si colloca quindi anche un processo di infrastrutturazione inversa dedicata al recupero di un benessere urbano, dove emerge la capacità adattiva del contesto e il ruolo svolto dalla condivisione dei luoghi per una qualità ambientale e dell’abitare.
Pagine | 321 - 338
DOI | 10.1401/9788815413352/c19
Gioia Gibelli e Viola Dosi

La progettazione delle infrastrutture ferroviarie e l’inserimento nel paesaggio

I paesaggi, la natura e le culture ad essi sottesi sono una grande ricchezza, luoghi di conservazione dei caratteri identitari e della diversità biologica e culturale propria di ogni luogo. Diversità che rappresenta e restituisce risorse talvolta uniche, soprattutto nei confronti dell’imperante omologazione dell’economia e della cultura globalizzate che tendono a reiterare i medesimi schemi in luoghi assai diversi. Il settore dei trasporti è responsabile del 16,2% del totale delle emissioni di gas a effetto serra (GES) a livello mondiale. Tale dato non considera le significative emissioni prodotte in modo indiretto dalla costruzione e smaltimento dei mezzi di trasporto, peraltro incentivati dalle politiche per la transizione. Infrastrutture e paesaggi non sempre vanno d’accordo. Non sempre è possibile conservare o moltiplicare il valore di un paesaggio in previsione di una nuova infrastruttura. Soprattutto non è possibile farlo, qualora si scelga di realizzare una nuova opera, a prescindere da ogni considerazione di tipo complesso, e qualora non si parta dal paesaggio stesso per deciderne tracciato e caratteristiche. I treni dovrebbero essere la modalità di trasporto più usata per un futuro sostenibile, al fine di comprimere consumi ed emissioni. L’Italia soffre di un ritardo notevole soprattutto per il trasporto merci. I motivi sono vari. Uno di questi è la mancanza di una rete efficiente di scali intermodali dove avvengono gli scambi tra gomma e ferro e viceversa. Il sistema delle acque lega indissolubilmente infrastruttura e natura, rimettendo "a sistema" elementi in genere scarsamente o affatto compatibili.
Pagine | 339 - 362
DOI | 10.1401/9788815413352/c20
Laura Zampieri

Percorsi, piste e sentieri per pedoni e ciclisti

Sebbene la viabilità carrabile continui ad essere una delle forme dominanti di infrastruttura urbana, nella maggior parte delle città occidentali, tale condizione sta modificandosi, registrando un’enfasi crescente sull’infrastruttura dello spazio pubblico, associato contemporaneamente a molteplici funzioni e a molteplici luoghi. Il ripensamento dell’idea di infrastruttura per la mobilità legata alla sostenibilità non può riferirsi solo a specifici percorsi pedonali e ciclabili, ma deve includere l’intero corpo delle infrastrutture urbane, così come gli spazi pubblici o privati di colore grigio/blu/verde. Esiste un’interazione e una restrizione tra il movimento e lo spazio. Lo spazio pubblico consente tutti i possibili movimenti e, allo stesso tempo, ne influenza le forme. Esistono tre funzioni principali degli spazi aperti, strettamente connesse alle questioni legate agli spostamenti a piedi e in bicicletta: 1. funzioni ambientali ed ecologiche; 2. funzioni sociali e relative alle risorse umane; 3. funzioni strutturali e simboliche. Nel progetto olandese di Paleisbrug13, piante, alberi, sedute ed illuminazione sono stati integrati con fogli piegati di acciaio, per resistere alle intemperie, dove il colore arrugginito dell’acciaio corten si adatta al paesaggio delle fortificazioni urbane. Il corten, resistente alle intemperie, è una lega di acciaio con un denso strato, che limita la corrosione, consentendo di lasciare il metallo esposto, stimando che il ponte abbia una durata di almeno 100 anni.
Pagine | 363 - 379
DOI | 10.1401/9788815413352/c21
Viviana Ferrario

Energie rinnovabili e paesaggio. Oltre la logica dell’impatto

In Europa il tema del rapporto tra paesaggio ed energie rinnovabili, dal punto di vista scientifico, è stato molto studiato in questi ultimi anni. Quello che forse manca ancora è il trasferimento nelle politiche e nelle pratiche di un tema aperto, che sta diventando sempre più attuale anche a causa dell’urgenza della transizione energetica, accelerata anche dalla condizione contingente, la crisi energetica che ci stiamo trovando ad affrontare. Non occorre un grande dislivello per parlare di energia del rilievo, perché anche un piccolo dislivello può richiedere un’enorme quantità di lavoro e quindi di energia per poter essere superato. È il caso delle bonifiche, un interessante esempio di paesaggio plasmato dall’energia: quella impiegata per realizzarle e quella che serve quotidianamente per mantenerle. Le energie rinnovabili sono fonti di energia derivanti da risorse naturali che hanno alcune caratteristiche: la prima è che si rigenerano almeno alla stessa velocità con la quale vengono consumate; la seconda è che non sono esauribili nella scala delle ere geologiche; la terza – cruciale – è che il loro utilizzo non pregiudica alle generazioni future l’uso delle stesse risorse. Il paesaggio è spesso considerato un problema per la transizione energetica, nel senso che è stato utilizzato come motivo di scontro. Il parco eolico di Affi (VR), un caso virtuoso dove il promotore sono i comuni della zona, coordinati tra di loro e dove la sezione locale di Legambiente, l’associazione ambientalista, invece di essere tenuta all’oscuro, è stata coinvolta fin dall’inizio del progetto per ideare insieme questo impianto. Il paesaggio fa parte del gioco, e per creare i nuovi paesaggi delle energie rinnovabili serve un progetto territoriale condiviso.
Pagine | 381 - 393
DOI | 10.1401/9788815413352/c22
Giuseppe Gisotti e Eugenio Di Loreto

Il paesaggio del dissesto idrogeologico

Già nel mondo greco il legame tra uomo e natura è considerato un rapporto armonico: il paesaggio naturale, locus amoenus, è avvertito come insieme in cui l’uomo è compreso, congiuntamente con altre presenze vive. Con il termine "dissesto idrogeologico" viene definito "qualsiasi disordine o situazione di squilibrio che l’acqua produce nel suolo e/o nel sottosuolo". La legge-quadro sulla difesa del suolo (183/1989) e le sue successive modificazioni hanno ribadito il significato del termine. L’erosione superficiale e accelerata avviene sullo strato di suolo che viene asportato dall’azione delle acque di pioggia e viene denudato dalla vegetazione, con il conseguente assottigliamento dello strato arabile relativo a suoli agrari o degli orizzonti di superficie per i suoli naturali (soil degradation). I paesaggi delle pianure alluvionali sono profondamente legati al rapporto con l’acqua del fiume, che ha determinato il modo in cui gli uomini hanno costruito le attività produttive ed economiche fin dall’antichità. Il litorale è stato definito come "il territorio, che segna il confine fra la terra e il mare, ed un luogo di compromesso e di conflitto in continua evoluzione". In Italia, il 13% della superficie nazionale pari a 43.000 km2 si trova sulle coste marine. Lungo il litorale italiano, di 8.300 km, si sono sviluppati ben 646 comuni, con il maggior peso demografico dell’intero Mediterraneo. Come intervenire sul territorio e sul paesaggio a rischio idrogeologico? Secondo gran parte dei geologi italiani è innanzitutto necessario abbandonare il concetto dello sviluppo finalizzato alla sola crescita economica, e abbracciare l’idea della sicurezza e della bellezza. Nell’attuale scenario legato ai cambiamenti climatici e all’innalzamento dei livelli marini, i geologi hanno il dovere etico di condividere conoscenze e mettere a disposizione esperienza e strumenti interpretativi del paesaggio.
Pagine | 395 - 411
DOI | 10.1401/9788815413352/c23
Filippo Magni

Il paesaggio nel cambiamento climatico. La transizione energetica come catalizzatore di un futuro a basse emissioni di carbonio

Il processo internazionale generato dal protocollo di Kyoto e il lavoro decennale del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) hanno progressivamente presentato l’evidenza del riscaldamento globale come la sfida futura e più urgente per l’umanità. Le politiche nazionali e sovranazionali in materia di energie rinnovabili sono oggi al centro delle strategie sviluppate per affrontarlo. La relazione in evoluzione tra paesaggio ed energia può offrire un campo (a volte) senza precedenti per osservare i processi di trasformazione del paesaggio (tanto urbano quanto rurale), sviluppare percorsi di ricerca basati sull’evidenza empirica e ampliare la conoscenza sui processi attraverso i quali i "nostri" paesaggi diventano quello che sono. Il recente sviluppo di un’agenda globale verso un futuro a basse emissioni di carbonio17 ha indotto uno sviluppo senza precedenti nelle energie rinnovabili e nelle politiche energetiche rinnovabili. Gli studi sul paesaggio si sono sviluppati come campo disciplinare. L’energia non è né una tecnologia definita né una disciplina in quanto tale. Alcuni tipi di paesaggi energetici hanno già suscitato interesse analitico, come i paesaggi idroelettrici o i paesaggi delle linee di trasmissione di energia. Molte delle questioni affrontate non hanno ancora una risposta definita e strutturata a livello disciplinare. Alcune di queste, soprattutto, non devono avere risposta in questo preciso momento storico. L’esplorazione interdisciplinare della relazione tra paesaggio ed energia è ormai all’ordine del giorno e come il paesaggio, essa stessa muta e si evolve.
Pagine | 413 - 430