Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c1
I gruppi di azione locale (GAL) sono il principale strumento di applicazione del LEADER: enti intermedi formati da partenariati pubblico-privati tra imprese, amministrazioni, associazioni culturali e di categoria. Strutture reticolari – spesso coordinate da agenzie di sviluppo – che implementano le politiche di sviluppo rurale attraverso i piani di azione locale (PAL). Inserendosi all’interno della
¶{p. 28}fase di rescaling [Brenner 2004] dei sistemi di governo territoriale, i GAL appartengono a quelle formazioni territoriali intermedie che promuovono progetti e processi di sviluppo, attraverso patti e strumenti multiscalari. A questo proposito, la governance dei GAL prevede modalità di progettazione bottom-up che danno vita a processi definiti Community Led Local Development (CLLD).
Uno dei principali obiettivi che persegue l’approccio LEADER è la multifunzionalità dello sviluppo rurale: l’idea che nel contesto rurale le politiche non debbano perseguire tanto lo sviluppo economico delle filiere agroalimentari, quanto uno sviluppo complessivo dei territori rurali che punti sulla diversificazione e l’ampliamento delle attività agricole al di là della produzione di beni primari [Martorana 2015]. Poiché negli ultimi anni l’approccio LEADER ha stabilizzato il ruolo dei GAL ampliandone le possibilità di intervento, questi soggetti sono riconosciuti tra i protagonisti della trasformazione del mondo rurale e dei modelli di governance che lo regolano [Storey 2006]: vere e proprie cabine di regia dello sviluppo rurale che realizzano i progetti e gli investimenti più significativi in molte regioni rurali d’Europa. La nascita dei GAL, cioè, si inserisce in una fase di crisi strutturale del settore agricolo a cui è seguita la progressiva implementazione di economie, servizi e strutture turistiche. Anche se in modi e tempi diversi, in Europa si assiste a una riterritorializzazione di molti contesti rurali che diventano sempre più mete di flussi, immaginari e pratiche del leisure. I GAL si inseriscono in questa trasformazione dei paesaggi della produzione in paesaggi del consumo turistico: la pay-as-you-enter countryside [Cloke 1993]. Con questa definizione, Cloke intende un processo economico e culturale in cui siti ed elementi del rurale vengono trasformati in beni da consumare e attrazioni da visitare. La pesca, la caccia, la visita di botteghe artigianali, le escursioni nelle riserve o nelle aziende agricole diventano elementi di tour ed esperienze a pagamento. Una risemantizzazione che si osserva sia sul piano materiale che simbolico, con un bombardamento di nuove iconografie del rurale popolate di itinerari naturalistici, ricettività agrituristica e attività outdoor.¶{p. 29}
All’interno di questo quadro, anche nelle zone rurali siciliane negli ultimi anni si è registrato un forte investimento sul turismo, in particolare a partire dai Progetti Integrati Territoriali del POR Sicilia 2000-2006: una stagione di programmazione in cui oltre il 60% dei progetti ha finanziato attività turistiche e agrituristiche. [Spampinato, Timpanaro e Foti 2011]. In questo contesto si situa il GAL Sicani: un ente intermedio che negli ultimi anni ha catalizzato importanti risorse e avviato notevoli processi di riterritorializzazione e risignificazione di un’area montano-rurale dell’entroterra agrigentino.
4. Il GAL Sicani
Come suggerisce Governa, per analizzare le politiche territoriali da una prospettiva geografica critica bisogna leggerle con una razionalità saltellante che permetta di muoversi tra discorsi e pratiche, documenti tecnici e interventi materiali: un movimento che «mette i bastoni tra le ruote alla routine e agli slogan» [2014, 96] e fa emergere le visioni e le ricadute materiali dei processi di territorializzazione. Per questa analisi saltellante mi avvalgo di documenti che ricostruiscono i progetti realizzati dal GAL Sicani – i PAL 2007-2013 e 2013-2014, il report della programmazione 2007-2013 e il manuale del distretto rurale di qualità dei Sicani
[3]
– e di interviste semistrutturate ed esperimenti di osservazione partecipante realizzati tra aprile 2021 e ottobre 2022 con attori locali in vario modo inseriti nelle attività di progettazione del GAL.
La geografia del GAL comprende 29 comuni della Sicilia sud-occidentale: un territorio che va dall’omonimo gruppo montuoso verso la costa di Ribera, delimitato dal fiume Salso a est e dal fiume Belice a ovest.
Più che un’area definita da aspetti fisici o storico-identitari, i Sicani sono una geografia emergente che si sta ¶{p. 30}rendendo visibile attraverso recenti politiche [de Spuches e Sabatini 2022]. Un insieme di configurazioni territoriali [Turco 2010] o una sovrapposizione di maglie territoriali [Raffestin 1980] prodotte da diversi attori sintagmatici che negli ultimi anni hanno scritto, organizzato e strutturato il territorio secondo una pluralità di visioni e necessità progettuali
[4]
. Come racconta un responsabile intervistato, il GAL Sicani nasce dall’aggregazione di GAL preesistenti, attuatori dei progetti LEADER dai primi anni Duemila:
il GAL Quisquina in particolare prima era di sette comuni, poi siamo riusciti ad ampliare fino ai comuni della costa, tra quelli eleggibili rispetto alla programmazione 2009. Ovvero quando hanno individuato i NAT [5] . Quindi diciamo che ci siamo visti dentro quest’area omogenea: i Sicani (A.P., 2021).
Seppur brevemente, l’intervistato cita i diversi fattori che hanno portato alla definizione della geografia del GAL. Innanzitutto, la decisione di fondere i GAL preesistenti dimostra un desiderio di continuità con le precedenti esperienze dei Patti territoriali che avevano iniziato a finanziare strutture ricettive e infrastrutture turistiche. Decidendo di mettere a sistema le progettualità pregresse, il GAL ha voluto connettere e potenziare gli attrattori e i servizi presenti dato che, come si evince in un altro passo dell’intervista, «emergeva la mancanza di connessioni tra emergenze ambientali, museali e culturali, tra imprese, borghi» (A.P., 2021). Un altro fattore determinante nella costruzione di questa geografia è stata la decisione di formare il partenariato all’interno delle aree omogenee definite dalla Regione. Come rileva Martorana [2015], l’individuazione dei nuclei di aggregazione territoriale (NAT) da parte dell’amministrazione regionale ha prodotto delle suddivisioni che hanno predefinito la formazione dei GAL, finendo per vincolare i partenariati al soddisfacimento ¶{p. 31}dei criteri regionali, più che a visioni condivise tra attori ed enti territoriali. Da questo punto di vista, la scelta del GAL di costruire il partenariato all’interno dei NAT manifesta dimestichezza con gli strumenti di progettazione regionali. Infine, l’ultimo fattore che ha determinato questa geografia progettuale è la volontà di includere nell’aggregazione i comuni della costa, ritenuti strategici rispetto agli scenari di progettazione.
Dall’insieme di questi elementi nasce il GAL Sicani: un partenariato di 130 soggetti, di cui 35 pubblici e 95 privati. Una geografia definita da criteri funzionali ai meccanismi di progettazione su cui poi si è costruita una visione di sviluppo rurale che si riassume nel motto: «dal mare africano ai monti Sicani».
4.1. Il distretto rurale di qualità dei Sicani
Per comprendere il discorso sulla ruralità che il GAL promuove, bisogna considerare i piani di azione locale (PAL) delle due scorse programmazioni. Poiché il GAL è stato impegnato in un’attività progettuale intensa, l’analisi si concentra solo su alcune azioni più significative rispetto alla visione di ruralità di questo soggetto.
Nel Piano 2007-2013, il GAL Sicani ha realizzato diverse azioni suddivise principalmente negli ambiti «Turismo e offerta rurale» e «Creazione e rafforzamento di microimprese», di cui due sono più rilevanti per dotazione finanziaria. La misura 312 «Sostegno alla creazione e allo sviluppo di microimprese» ha finanziato 30 microimprese attive prevalentemente nel settore agroalimentare, di cui 16 già esistenti e 14 di nuova costituzione. Con 3.209.856,93 euro sono stati finanziati interventi a sostegno di panifici, pasticcerie e laboratori di prodotti da forno, un’azienda di trasformazione di piante aromatiche e officinali e una ditta di lavorazioni artigianali del legno. Mentre con 899.114,61 euro sono stati finanziati impianti a biomassa ed eolico. Con ulteriori 2.778.172,06 euro, la misura 313 «Incentivazione di attività turistiche» ha finanziato 21 progetti di ristruttu¶{p. 32}razione di uffici di informazione e valorizzazione di ippovie, ciclovie e itinerari enogastronomici. Come si legge nel report, i percorsi proposti rappresentano «le maglie della rete del sistema turistico locale» i cui nodi sono le aziende, le imprese, i siti di interesse e i centri urbani caratteristici. Queste misure esprimono una visione dei bisogni del territorio che si comprende analizzando un’altra misura che completa la programmazione: l’istituzione nel 2015 del distretto rurale di qualità dei Sicani (DRQ Sicani), un marchio collettivo che unisce le attività agricole e di produzione di beni e servizi dell’area, garantendone origine e qualità.
Nati sulla scorta dei distretti industriali, i distretti rurali o agroalimentari sono sistemi produttivi locali caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali
[6]
. Da questa definizione, i distretti hanno avuto vicende alterne nelle regioni italiane, spesso cambiando denominazione [Truffelli 2009]. Negli ultimi anni sono sorti distretti turistici, florovivaistici, agroindustriali, floricoli che mettono al centro una grande diversità di prodotti, servizi e risorse. La definizione di legge – ripresa anche nel manuale del DRQ Sicani – chiarisce che il distretto nasce per promuovere non solo produzioni agricole, ma tutte le attività aderenti alle vocazioni e alle tradizioni locali. In questo senso il distretto è in linea con le politiche europee e rafforza la visione di una ruralità multifunzionale che persegue logiche di diversificazione e terziarizzazione [Martorana 2015]. Scavando più in profondità nel discorso del distretto è interessante notare che i territori rurali sono caratterizzati da tratti identitari e storici, connessi a tradizioni e vocazioni ambientali. Associando al mondo rurale un’identità omogenea e definita, questo discorso non tiene in considerazione quel global sense of place [Massey 1991] secondo il quale tutti i luoghi
¶{p. 33}sono attraversati da storie molteplici e identità ibride che derivano da rotte migratorie e innesti culturali. Il discorso dei distretti dà voce, piuttosto, a quell’ossessione per la tradizione e il patrimonio che caratterizza un senso del luogo localistico, funzionale a promuovere il territorio e i suoi prodotti nelle dinamiche di competizione di mercato. Rispetto al DRQ Sicani, questo aspetto è rafforzato dall’aggiunta dell’attributo «di qualità», voluto per qualificare e differenziare il distretto rispetto agli altri. Nel regolamento del marchio associato si legge che il DRQ unisce diversi attori – B&B, alberghi, aziende agricole, produttori, percorsi e siti di interesse – accomunati da valori di qualità, legalità e sostenibilità delle produzioni che devono essere presentati attraverso un’«immagine univoca dello spazio rurale sicano». Specificando i criteri che definiscono la qualità, legalità e sostenibilità delle produzioni, si ribadisce in più punti la volontà di costruire questa immagine coordinata del territorio, riassunta dal logo del GAL.
Note
[3] Tutti i documenti consultati sono accessibili al sito http://www.galsicani.eu/.
[4] Per una descrizione delle molteplici geografie sicane cfr. Sabatini [2023a].
[5] Per la programmazione 2007-2013, la Regione Siciliana ha individuato quindici nuclei di aggregazione territoriale entro i quali costruire i partenariati dei GAL.
[6] Definizione di legge contenuta all’art. 13 del decreto legislativo n. 228/2001. Testo disponibile su https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2001/06/15/137/so/149/sg/pdf.