Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c5
Capitolo quinto
Coltivare il senso di luogo nella scuola primaria. Un percorso tra ricerca e pratica didattica nell’Abruzzo montano
di Giulia De Cunto
Notizie Autori
Giulia De
Cunto è dottoranda in Studi Urbani presso l’Università degli
Studi di Milano-Bicocca. La sua ricerca indaga il ruolo della scuola nella
relazione tra persone e luoghi nei contesti montani. Ha studiato
architettura e progettazione urbana e si interessa di aree interne,
ricostruzione post-sisma, partecipazione giovanile e metodi creativi.
1. Introduzione
Le rappresentazioni che investono il territorio al di fuori dei maggiori centri urbani tendono, nel senso comune, a essere polarizzate su poche e semplici immagini, come la montagna, il borgo o la campagna, che rischiano di schiacciare la grande diversità di queste aree dentro stereotipi ai quali conformarsi. Guardate da vicino, anche le aree più marginali sono ricche di modi di abitare complessi e radicati nell’ambiente locale, che gli abitanti stessi rischiano di dimenticare. Un modo diverso di fare scuola può essere una delle strade per riconoscere il valore della diversità di queste realtà, a patto di stimolare lo sguardo critico dei discenti e di coltivare una conoscenza profonda del contesto.
Obiettivo del presente contributo è quindi evidenziare il ruolo che la scuola può assumere nella costruzione del legame tra persone e luoghi, promuovendo pratiche educative che coinvolgono l’esperienza diretta di bambine e bambini nella scoperta e rappresentazione del territorio. Nelle pagine che seguono sarà illustrata l’attività laboratoriale che, nell’ambito della ricerca di dottorato dell’autrice, ha coinvolto tre scuole primarie dell’Abruzzo montano in un percorso di analisi dei sensi di luogo dei bambini. A partire dai presupposti teorici che connettono la marginalità territoriale alla diffusione di una cultura globale, si utilizzerà il costrutto del senso di luogo per indagare come la relazione con i contesti di vita, che passa anche attraverso la scuola, viene costruita. Saranno approfondite le considerazioni che hanno portato alla selezione dei metodi e degli strumenti di ricerca utilizzati, per arrivare a una sin¶{p. 104}tetica restituzione dei risultati emersi da una prima analisi dei materiali raccolti.
2. Un difficile equilibrio
Giuseppe Dematteis [2021] sottolinea due aspetti della globalizzazione particolarmente interessanti per la geografia: da un lato le interazioni geografiche orizzontali (cioè quelle che avvengono tra spazi diversi) possono oggi verificarsi a prescindere dalla distanza fisica; dall’altro le interazioni verticali (quelle che avvengono tra i soggetti e il contesto in cui essi vivono) non dipendono più da interazioni che avvengono alla scala locale o regionale, ma da rapporti che l’intera società intrattiene con l’ecosistema planetario. Il processo coevolutivo tra gruppi umani e ambiente terrestre che ha permesso lo sviluppo di culture situate, profondamente diverse in base alle specificità degli ambienti naturali locali, non è mai stato chiuso in una bolla, è sempre dipeso anche dalle interazioni che tali luoghi e tali culture intrattenevano con altri luoghi e altre culture. Tuttavia, a partire dall’età moderna, lo sviluppo culturale dell’umanità è stato caratterizzato dalla diffusione universale di tecniche del produrre e dell’abitare che hanno prevalso sulla trasmissione dei saperi locali, dei modi di vivere e relazionarsi all’ambiente sviluppati nel tempo in ciascun luogo. L’iperconnessione dei luoghi che definisce la globalizzazione può essere quindi interpretata secondo l’autore come il prevalere delle relazioni geografiche orizzontali su quelle verticali e il rischio che questo processo porta con sé è l’omogeneizzazione delle differenti culture situate in un’unica cultura globale. Effetto dell’iperconnessione non è però soltanto la crescente similitudine tra luoghi, ma anche lo sviluppo di nuove forme e nuovi modelli di disuguaglianza [Massey 1994]. All’interno dell’attuale sistema di relazioni globali, infatti, non tutti i luoghi assumono la stessa posizione: il potere politico, economico, sociale, finanziario, della comunicazione è sempre più caratterizzato geograficamente e risiede in quei luoghi che sono maggiormente interconnessi come le città globali ¶{p. 105}[Massey e Jess 2001; Massey 1994]. Questi luoghi stabiliscono con le restanti parti di territorio una relazione di dominanza, si fanno produttori di una cultura totalizzante che tende a diffondere immagini di sé stessa e dell’alterità a partire da un unico e pervasivo punto di vista. Così, in quei luoghi che ricoprono posizioni marginali nel sistema globale di interazioni, le relazioni verticali tra abitanti e luoghi di vita si strutturano intrise di una cultura diffusa che tende a non rappresentarli, o a rappresentarli come appaiono dal di fuori.
In riferimento al territorio italiano, è possibile notare ad esempio come la montagna, da tempo spazio di deprivazione [dell’Agnese 1998], venga pensata e descritta nel senso comune determinato dalla diffusa cultura urbana, e come le visioni di questi luoghi da essa prodotte, contribuiscano a dare forma alle stesse aree montane. Mauro Varotto [2020] analizza con attenzione come il diffuso immaginario che identifica la montagna quale spazio uniforme, di rigenerazione psicofisica, scrigno della tradizione o parco giochi per gli sport invernali, sia in realtà frutto di quello che la popolazione urbana immagina essere la montagna. In tutte queste visioni si riscontra un’estraneità del vario e complesso universo montano, una semplificazione dello scenario che della montagna tende a riproporre soltanto alcuni caratteri identificativi. Questo immaginario, non originariamente prodotto da chi abita le aree montane, ricade su di esse in maniera selettiva, fissandosi soltanto su pochi dettagli a partire dai quali produce una visione stereotipata che finisce per fare delle tante montagne l’unica montagna che aderisce al cliché [ibidem]. Queste immagini parziali, che originariamente appartengono solo a pochi ma potenti gruppi, vengono amplificate dai media e dalla pubblicità al punto da spingere il territorio montano a volersi conformare a tali immagini, a tendere verso uno stereotipo in cui rientrare. Così la diversità di ciascun luogo e ciascuna cultura della montagna tende a voler convergere in quella montagna che ha speranza di farcela, di non soccombere nella dinamica di relazioni economiche e sociali globali nella cui competizione tra luoghi difficilmente riuscirà a risultare vincitrice. Non ¶{p. 106}tutte le aree montane riusciranno a diventare la «montagna di successo», il rischio insito nel tentativo di affermare la propria esistenza attraverso questo meccanismo è però quello di affermare invece la perfetta intercambiabilità con qualsiasi altro luogo vagamente simile [Sacco 2018].
In quei luoghi che nel sistema economico e sociale globale fanno fatica ad affermare sé stessi, acquista particolare valore, allora, coltivare e far emergere visioni dei luoghi ancorate alla dimensione dell’abitare, alla pratica quotidiana, agli infiniti modi degli esseri umani di relazionarsi all’ambiente e alla storia. Cercare di creare interazioni verticali solide, che riescano però, a immergersi perpendicolarmente nel sistema rapido e molteplice delle interazioni orizzontali con il Globo. Risulta quindi interessante indagare come la relazione tra persone e luoghi venga costruita e dove sia possibile trovare spazio per stabilire un equilibrio tra essere cittadini del mondo e conoscere nel profondo i luoghi nei quali si cresce, tra la contemporaneità in cui ciascun luogo è parte nel sistema Mondo e il coltivare la diversità.
3. Il ruolo della scuola nella relazione tra persone e luoghi
3.1. Sensi di luogo e dinamiche di potere
Nell’approfondire il tema della costruzione di relazioni tra individui, società e luoghi, può essere utile introdurre il concetto di senso di luogo. Si tratta di un costrutto che può essere inteso in maniere profondamente diverse in relazione, ad esempio, a come l’idea stessa di luogo viene concettualizzata. Inizieremo quindi con il considerare che per tenere insieme la varietà delle dimensioni che il senso di luogo può toccare, è forse giusto parlare di sensi di luogo, al plurale. Un primo aspetto del senso di luogo riguarda la sfera dell’esperienza diretta, dalle sensazioni che attraversano il corpo, dalle memorie e dalle emozioni che ciascun individuo, inscindibilmente parte di una società, attribuisce ai luoghi. Non tutti i luoghi a cui attribuiamo senso sono però direttamente esperibili; come evidenziato ¶{p. 107}da Tuan [1977] c’è una parte dell’esperienza umana che è principalmente costruita dal pensiero, «la modalità attiva dell’esperienza», che struttura i luoghi attraverso i significati simbolici veicolati dall’educazione e dall’essere parte di una società. La relazione con i luoghi viene quindi costruita a diverse scale: può essere un luogo pregno di senso la nostra stanza così come New York o l’Africa, con differenti gradi di condivisone con gli altri e in accordo o in disaccordo con i sensi che altri gruppi attribuiscono agli stessi luoghi. Per ciascun luogo, infatti, non c’è un singolo e uniforme gruppo ad attribuirvi significati, piuttosto gruppi sociali differenti con sensi di luogo differenti. I differenti significati e identità assegnati ai luoghi possono diventare elemento di divisione se utilizzati per affermare che alcuni sensi e identità appartengono al luogo, mentre altri non vi appartengono. La tendenza ad accampare diritti su un luogo definendo dei confini spaziali è un modo per costruire barriere sociali sulla base di sensi di luogo differenti [Tuan 1974]. È importante sottolineare che in questi conflitti sull’identità dei luoghi ci sono perdenti e vincitori; come evidenziato da Rose [2001] vi è una diretta relazione tra diseguaglianze sociali e senso di luogo. Le dinamiche di potere danno forma a sensi di luogo che non sono solo diversi, sono anche parte di un sistema diseguale di relazioni sociali [ibidem] che rende possibile che un senso del luogo diventi così predominante da oscurare o cancellare interpretazioni alternative.
Le differenti rappresentazioni simboliche dei luoghi contribuiscono a costruirli, sono potenzialmente performative [Dematteis 2021], ma al tempo stesso non sono neutrali. All’interno di ciascuna rappresentazione dei luoghi è presente una visione, nei testi letterari, geografici, nelle canzoni, nei film, nei canali di informazione o pagine Facebook, ma non tutte le visioni acquisiscono la stessa forza. Come Squarcina [2009] ci fa notare, le carte geografiche, ad esempio, diffuse e percepite nel senso comune quale strumento di oggettiva descrizione della realtà, offrono in fondo un punto di vista sul mondo che fa emergere alcuni luoghi e scomparire degli altri, determina un centro e una direzione nel territorio rappresentato. Il «potere demiurgico della
¶{p. 108}carta» che si cela dietro l’utilità pratica, simbolica, didattica [ibidem] contribuisce alla costruzione di convenzioni che fanno parte della nostra relazione con i luoghi. Il fatto è che l’immaginario comune tende a essere polarizzato sui sensi di luogo che ha assorbito e che continua a reiterare attraverso molteplici mezzi. Nell’ottica invece dell’affermazione della coesistenza di molteplici sensi di luogo, soprattutto per quei luoghi che dalla rappresentazione mainstream sono tagliati fuori o univocamente rappresentati, passa attraverso pratiche educative che facciano emergere la diversità nel rapporto con i luoghi. In questo la scuola, centrale nella costruzione della nostra relazione con i luoghi, assume un ruolo chiave.
Note