Matteo Colleoni (a cura di)
Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c9

Capitolo nono Il ruolo della sostenibilità nella transizione post-industriale: il caso del Nord Milano
di Ida Castiglioni, Matteo Colleoni e Sara Spanu

Abstract
Il capitolo propone una lettura socio-economica, territoriale e culturale dei processi di sviluppo nel Nord Milano e del modo in cui essi rispondano alle sfide della transizione nella fase post-industriale. Nello specifico il capitolo pone attenzione al quadro complessivo che caratterizza il territorio, con l’obiettivo di cogliere i percorsi di sviluppo intrapresi negli ultimi decenni e gli scenari più promettenti sul fronte dell’innovazione e della nuova imprenditorialità. I processi in atto vengono interpretati con attenzione al più ampio quadro degli strumenti e della programmazione socio-economica e territoriale attualmente in vigore a livello comunale e metropolitano.
Il capitolo propone una lettura socio-economica, territoriale e culturale dei processi di sviluppo nel Nord Milano e del modo in cui essi rispondano alle sfide della transizione nella fase post-industriale. Nello specifico il capitolo pone attenzione al quadro complessivo che caratterizza il territorio, con l’obiettivo di cogliere i percorsi di sviluppo intrapresi negli ultimi decenni e gli scenari più promettenti sul fronte dell’innovazione e della nuova imprenditorialità. I processi in atto vengono interpretati con attenzione al più ampio quadro degli strumenti e della programmazione socio-economica e territoriale attualmente in vigore a livello comunale e metropolitano. Con il fine di cogliere se e in che termini essi siano orientati al perseguimento di obiettivi di sostenibilità, a partire dalla rigenerazione delle aree dismesse e dalle nuove funzioni che appaiono cruciali per affrontare il tema dello sviluppo nella transizione post-industriale.

1. La trasformazione sociale ed economica del Nord Milano

Il Nord Milano è un territorio al suo interno molto differenziato e privo di una reale unitarietà amministrativa. I sette comuni che lo compongono appartengono infatti ad ambiti/piani di zona diversi, quello di Sesto San Giovanni e di Cinisello Balsamo (si rimanda al capitolo 6 di questo volume), e presentano una dimensione demografica e una concentrazione di insediamenti residenziali, produttivi e di servizi così elevate che ne hanno consolidato la centralità e l’autonomia rispetto al resto del territorio metropolitano. Considerato spesso, in modo riduttivo, la periferia setten{p. 146}trionale del comune capoluogo, il Nord Milano rappresenta in realtà un sistema socio-economico e territoriale centrale e composito. Centrale, innanzitutto, poiché nonostante la sua contenuta estensione territoriale (pari a 58 kmq) è luogo di residenza di oltre 267.495 abitanti (circa l’8% della popolazione dell’intera città metropolitana), la metà dei quali concentrati nei due soli Comuni di Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo. Un’elevata dimensione e densità demografica che si accompagna ad una forte centralità territoriale all’interno di un’area metropolitana che si estende ben oltre i confini della città metropolitana e che pone il Nord Milano al centro di un’estesa regione urbana [Boffi e Colleoni 2016]. Oltre che centrale il Nord Milano è anche un sistema composito, per il succitato elevato peso demografico e insediativo dei comuni che lo compongono ma anche per le articolate relazioni che esso ha avuto con Milano e con le altre aree della città metropolitana. Relazioni articolate che hanno assunto connotazioni diverse nella storia e la cui analisi offre interessanti chiavi interpretative per leggere la trasformazione sociale ed economica del territorio nell’attuale fase post-industriale.
Le relazioni con il comune capoluogo, innanzitutto: è stato giustamente osservato [1]
che la forte vicinanza a Milano ha portato a far percepire il territorio in modo ambivalente rispetto ad altre zone della regione urbana. Il fatto che molti dei suoi abitanti lavorino, studino e accedano ai servizi di Milano, dove si trovano le principali istituzioni di riferimento, ha portato a concepire il suo territorio come la cerchia estesa del comune capoluogo, consolidando un’identità metropolitana meno radicata alle specificità locali e più influenzata dall’appartenenza ad un’area globale di livello europeo, per livello di servizi, di consumo e tipo di sviluppo. La collocazione geografica marginale, ancora nel recente passato industriale rimarcata dalla scelta della borghesia produttiva di porvi la sede del lavoro ma non delle abitazioni, ha tuttavia dato al Nord Milano una connotazione {p. 147}periferica, in termini di lavoro e servizi, che nemmeno il passaggio alla fase post-industriale ha fatto venire meno.
Questa duplice connotazione, nel contempo metropolitana e locale, del Nord Milano non ha tuttavia mai compromesso la possibilità di riconoscere un livello di omogeneità sufficiente a definire l’identità del suo territorio, in particolare nel recente passato industriale. Come in altre periferie urbane industriali, la fabbrica e gli altri luoghi del commercio e della socialità (negozi di quartiere, scuole, parrocchie, oratori, organizzazioni del lavoro e del tempo libero), molto presenti sul territorio, hanno svolto un importante ruolo di modernizzazione e di inclusione sociale che hanno contribuito a definire i profili dell’identità del Nord Milano. Territorio agricolo solo fino agli inizi del secolo scorso, a partire dal Secondo dopoguerra, e soprattutto durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, la sua perifericità geografica non si è mai tradotta in marginalità sociale e territoriale. Periferia territoriale, perché distante dal centro, e sociale perché luogo di insediamento della classe operaia, il territorio e la società che lo ha abitato ha sempre mostrato una forte identità, un’immagine associata a valori positivi e una chiara visione del futuro centrata sui presupposti dello sviluppo socio-economico industriale [Molteni e Mozzana 2017]. Un contesto fondato, quindi, su requisiti di solidarietà che hanno consentito alle numerose popolazioni immigrate dal resto del Paese, in particolare dal sud, che vi si sono trasferite di essere integrate e di acquisire una nuova cultura di produzione e di consumo, elementi di unificazione alla fine dimostratisi di successo nello sforzo comune per reggere le sfide della crescita di massa.
Come noto gli ultimi decenni dello scorso millennio hanno avviato un processo di de-industrializzazione e di terziarizzazione che ha fortemente trasformato, unitamente alla tradizionale economia centrata sull’industria, anche l’identità socio-economica più generale del territorio (si rimanda al capitolo 6 di questo volume). Gli inizi degli anni Ottanta segnano la fine della forte crescita che aveva caratterizzato la dinamica demografica nei precedenti trent’anni, sebbene nel Nord Milano rispetto al comune capoluogo questo non {p. 148}si sia mai tradotto in un calo demografico. L’avvio del nuovo millennio è stato testimone anche di un’inedita difficoltà a mantenere i livelli occupazionali del passato, in particolare nel settore industriale che più aveva caratterizzato la struttura produttiva e lo sviluppo del territorio. La chiusura delle grandi imprese del settore della produzione dei beni durevoli e la de-localizzazione delle loro unità di lavoro, all’interno del processo più generale di ristrutturazione produttiva finalizzata ad aumentare i livelli di produttività [Mela 2006], ha avuto l’esito di incrinare l’equilibrio su cui era stato fondato lo sviluppo e il benessere del territorio. In una fase caratterizzata dalla profonda trasformazione organizzativa delle attività economiche, gli effetti positivi dell’innovazione tecnologica e le nuove occasioni di lavoro nel settore dei servizi legati alle imprese non sempre sono riusciti a compensare la perdita di occupazione nell’industria, in particolare per la manodopera meno specializzata. L’esclusione dei nuovi disoccupati, l’incremento della vulnerabilità sociale e la perdita in alcune parti del territorio della tradizionale vocazione produttiva, rappresentano solo gli esiti più evidenti della non semplice transizione in corso nel Nord Milano. Difficoltà che, secondo il parere di diversi testimoni, richiedono l’avvio di programmi mirati di intervento da parte di una governance che però fa ancora fatica ad emergere (Int. 27).
Se la crisi economico-finanziaria della fine del primo decennio del nuovo secolo ha avuto l’esito di acutizzare le tensioni in corso, ha posto tuttavia ai territori e a chi li governa un’ulteriore sfida per affrontare i problemi e avviare percorsi di crescita fondati sui nuovi principi e obiettivi dello sviluppo sostenibile. Le realtà più dinamiche, come quella di Milano e della cerchia allargata dei comuni contigui, sono state poste di fronte alla sfida di cogliere opportunità di crescita nella trasformazione, valorizzando le risorse finora inesplorate e richiedendo alle imprese già presenti un’innovazione foriera di nuova occupazione e soprattutto di produzioni e servizi rispettosi degli obiettivi di sostenibilità sociale, economica e ambientale. Spinto dai risultati positivi di Expo 2015, anche il territorio del Nord {p. 149}Milano ha da alcuni anni avviato un percorso finalizzato ad attrarre risorse, umane e materiali, nei settori produttivi e nei servizi più aperti all’innovazione. Tra questi particolare attenzione è stata dedicata alla filiera delle scienze della vita con il progetto di realizzazione della Città della Salute e della Ricerca nell’area delle ex Acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, uno dei luoghi più significativi del paesaggio industriale italiano del Novecento, ma anche con altri rilevanti interventi quali OpenZone nell’area Zambon di Bresso, il campus scientifico dedicato alla salute che già oggi ospita 34 aziende del settore delle biotecnologie, della farmaceutica e della terapia genica. Collocati in ex aree industriali e commerciali dismesse (si rimanda al capitolo 6 di questo volume), questi progetti e interventi rispondono non solo all’obiettivo di avviare attività innovative nel settore del capitale umano e del terziario avanzato ma anche di promuovere, attraverso gli interventi di rigenerazione urbana, una nuova collaborazione tra i comuni nelle politiche territoriali di sviluppo. Interventi di rigenerazione che per essere realizzati hanno richiesto di dedicare attenzione ad una terza linea di azione riguardante l’accessibilità e la qualità dei luoghi, laddove le infrastrutture e i servizi di mobilità costituiscono un tema chiave per il Nord Milano, sia per colmare lacune di collegamento di alcuni comuni con il capoluogo sia per risolvere problemi di connessione trasversale [Colleoni 2019b]. Tra questi meritano attenzione i progetti di prolungamento della M1 e il nuovo hub intermodale di Bettola, il prolungamento della M5 a Monza, la quarta corsia dinamica della M4 e la realizzazione della nuova stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni all’interno di un intervento di riqualificazione e ri-funzionalizzazione di una più vasta area del centro urbano.

2. Mutamenti territoriali e nuovi luoghi in cerca di definizione

Il Nord Milano, al pari di altre realtà italiane ed europee, esprime pienamente i tratti peculiari di uno sviluppo
{p. 150}territoriale strettamente connesso alla presenza della grande fabbrica di matrice fordista, tanto sul piano delle infrastrutture quanto su quello dell’organizzazione (si rimanda al capitolo 2 di questo volume). A questo proposito gli intervistati hanno richiamato varie realtà produttive riconducibili alla stagione industriale, fra le quali la Gerli Rayon, un’importante azienda del settore tessile operativa tra gli anni Venti e Settanta dello scorso secolo nel Comune di Cusano Milanino. Si tratta di un esempio interessante relativamente sia alla capacità di movimentazione di materie prime e prodotti lavorati, favorita dalla scelta localizzativa della fabbrica in prossimità della ferrovia, sia ad un’organizzazione dei ritmi e dei tempi di lavoro in grado di sostenere il ciclo continuo della produzione industriale.
Note
[1] Il Nord Milano non esiste?, documento inedito in www.fondazionenordmilano.org.