Matteo Colleoni (a cura di)
Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c9
Noi lo sappiamo che abbiamo dei ragazzi devastati e che aumenterà il disagio psichico dei ragazzi e le disuguaglianze, diminuiranno le opportunità lavorative, ma non ci siamo attrezzati, cioè i territori sono rimasti quelli che erano e questo è un problema (Int. 28).
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Un’ulteriore fragilità è l’invecchiamento della popolazione (misurata dall’indice di vecchiaia, il rapporto percentuale tra il numero di ultrasessantacinquenni e il numero di giovani fino a 14 anni). Cusano Milanino e Bresso presentano i tassi più elevati, rispettivamente 247 e 229 anziani ogni 100 giovani, seguiti da Sesto San Giovanni con un valore pari a 200. Le conseguenze di ciò sono l’incremento della solitudine degli anziani, in particolare delle donne, persone che hanno visto assottigliarsi i supporti famigliari e aumentare la dipendenza dagli aiuti esterni per svolgere le attività quotidiane. Sebbene il territorio presenti una fitta densità di servizi di supporto, la frammentazione degli interventi sembra impattare sugli utenti in maniera significativa. Si percepisce la fatica della messa in rete di servizi, imprese e know-how, in un territorio che da molti punti di vista è considerato omogeneo ma che poi nei fatti lo è meno di quanto non si pensi.
Emerge dalle narrazioni raccolte che l’anello debole di questo coordinamento è rappresentato dagli enti di governo locale e metropolitano del territorio, non sempre posti nelle condizioni di soddisfare la domanda di pianificazione e non ancora sufficientemente provvisti di risorse finanziarie ed umane per svolgere questo compito. Il ruolo di agenzie come Fondazione di Comunità del Nord Milano è percepito come sempre più indirizzato al coordinamento, mancando, a giudizio di alcuni intervistati, di fatto una regia del welfare locale. La sostenibilità nel tempo dei progetti e del finanziamento misto è uno dei temi importanti del nuovo welfare italiano e della progettualità complessa che sta cercando di decollare in materia di rigenerazione urbana. Accanto al restyling e alla comunicazione esterna, fa fatica a prendere forma un allineamento dei servizi sociali e della loro programmazione. Se i servizi di prossimità sono spesso garantiti dal privato, è la dimensione pubblica e il dialogo tra pubblico e privato a sembrare sempre più difficile per linguaggio, strumentazione e risorse:
I comuni spesso mettono insieme alcune cose che non hanno nulla a che fare con il tema della rigenerazione urbana e sociale. {p. 156}Questo si è visto con il bando periferie. La componente sociale non c’è quasi mai… C’è un problema di scuola. C’è un problema di servizi sociali. C’è un problema anche di territorio (Int. 3).
Il ruolo delle cooperative nel Nord Milano, soprattutto l’aggregazione di grandi cooperative dell’abitare, a partire dal colosso Uniabita che conta più di 18.000 associati, è anche quello di motore aggregativo e di risposta ai bisogni che si sono modificati nel tempo in relazione al cambiamento delle politiche ad alcune dinamiche del rapporto tra pubblico e privato. Ciò va di pari passo con un debole ricambio nel mondo dell’associazionismo locale, nonostante quest’ultimo rimanga un elemento portante della coesione del territorio. Così commenta un intervistato:
C’è una crisi sia del mondo politico sia di quello associativo. Vedo Presidenti di associazioni che hanno settanta o ottant’anni e che continuano ad essere attivi, non per una questione di potere ma per dare continuità a un lavoro (Int. 26).
L’invecchiamento demografico è una tendenza nazionale destinata ad acuirsi, un processo che si è aggravato durante la pandemia da Covid-19 che ha visto un abbassamento della natalità e le stime per i prossimi quindici anni confermano per il territorio metropolitano il segno negativo [Polis Lombardia 2022].
Le risorse comunque ci sono, esistono realtà cooperative e servizi provvisti di una formazione aggiornata e di una progettualità innovativa che deve trovare una chiave riorganizzativa, se non su base politica centrale, attraverso reti partecipative. Reti che prevedano collaborazioni tra pari per raggiungere obiettivi che individualmente non potrebbero ottenere e relazioni decentrate e informali in cui la governance sia condivisa e multilivello [Provan e Kenis 2008], in un’ottica di progettualità sistemica del territorio, condizione essenziale per realizzare gli obiettivi di sostenibilità.
L’arco temporale dalla dismissione della macro-area industriale al presente è caratterizzato da un andamento a singhiozzo che ha in parte raffreddato l’entusiasmo iniziale {p. 157}per il cambiamento. Le difficoltà che stanno caratterizzando il territorio sono l’esito di un logoramento di risorse di progettualità sistemiche che, secondo più di un intervistato, è anche la conseguenza di un cambiamento radicale nel modo di fare politica. La mancanza di una linea politica condivisa che resista nel tempo a prescindere dai singoli amministratori e la crescente personificazione della politica amministrativa locale è messa in evidenza da alcuni testimoni:
Le organizzazioni sono fatte dalle persone e quando nei posti, soprattutto apicali, vengono messe persone non più tanto per competenza ma per logiche altre, le organizzazioni deperiscono (Int. 1).
Abbiamo la sensazione che non abbiamo ancora imparato la lezione, che tutto quello che è successo non ha modificato la modalità di approccio per esempio del servizio pubblico. I territori non sono stati «infrastrutturati», ciò che oggi serve è che i territori abbiano la capacità di entrare in relazione con le persone (Int. 28).
La percezione è che gli intervistati denuncino anche una perdita di visibilità dell’identità del territorio. La nostalgia per un’organizzazione collettiva della vita sociale, scandita da un ritmo della vita quotidiana organizzata dal lavoro in fabbrica, porta molti ad avere una visione romantica di un passato ideale in cui tutto era più semplice e chiaro. Se l’appartenenza a un comune o ad un altro del Nord Milano, secondo una visione un poco campanilistica, ha supplito al senso di appartenenza tipico della cultura d’impresa, con l’andare del tempo anche questo ha subito un logoramento. La paura e il senso di spaesamento associati alla transizione hanno anche spostato le preferenze elettorali in comuni come Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo a vantaggio delle aree politiche che storicamente hanno meglio saputo intercettare la richiesta di identità culturale [Biorcio 2010]. Tuttavia, non si può valorizzare un territorio che ha difficoltà di identificazione. Il nodo della questione è profondo e non immediatamente risolvibile con mega-eventi culturali, per quanto auspicato da molti.{p. 158}
La presenza sul territorio di importanti realtà culturali ha bisogno di essere galvanizzata, secondo molti degli intervistati, e rimessa al centro della progettualità assieme ai grandi centri di attrazione economica e infrastrutturale, come la sopracitata Città della Salute e della Ricerca e il Polo Biotecnologico. Le ricerche sui bisogni culturali del territorio che avevano preceduto la creazione del Distretto Bicocca del 2016, avevano messo in evidenza la presenza di un enorme potenziale, negli ultimi anni in attesa di nuova attivazione [Diamantini e Bernardi 2017]. L’Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano Nord (Eumm), con le sue mappe di comunità e le attività di collegamento tra generazioni, il Centro bibliotecario e culturale «Il Pertini», la Fondazione Campari, il Carroponte, le ville storiche, il Parco Nord, l’Hangar Bicocca, la Fondazione Pirelli, il Museo Contemporaneo della Fotografia (Mufoco), il Mic Museo Interattivo del Cinema, l’Università di Milano-Bicocca, fanno parte di un capitale culturale ormai radicato e dato per acquisito dagli stessi intervistati. Un capitale che necessita di essere messo a sistema e inanellato in una catena di valore che vada sotto l’egida della sostenibilità culturale, non solo come bene materiale ma anche e soprattutto come bene immateriale e dimensione collante di un tessuto sociale che può ritrovare una nuova coesione sociale.

Conclusioni

Se i primi dati sull’aumento dell’occupazione nei servizi sembrano dare una prima risposta positiva alle sfide sopra descritte, sono tuttavia diverse le questioni alle quali occorre dedicare attenzione. La prima, già prefigurata dall’Agenda Strategica del Nord Milano sottoscritta da tutti i comuni della zona omogenea nel marzo del 2019, rinvia alla capacità delle amministrazioni locali di superare la tradizionale frammentazione e di avviare effettive collaborazioni per attivare politiche e progetti condivisi. Se sui grandi progetti di trasformazione è molto probabile aspettarsi una convergenza di intervento, una maggiore incertezza riguarda invece le numerose aree {p. 159}produttive dismesse di dimensioni minori per le quali occorre un condiviso programma di sviluppo supportato da una comune strategia spaziale e da adeguati strumenti di attuazione. A tal fine è sempre più condivisa la proposta di dotare gli operatori del territorio, pubblici e privati, di un’Agenda per la rigenerazione urbana alla scala della zona omogenea, ispirata ai principi di sviluppo sostenibile. Affinché il Nord Milano diventi, non solo nelle intenzioni ma anche nella realtà, «uno dei principali campi di sperimentazione per l’avvio dei programmi per l’innovazione e lo sviluppo sostenibile» (come si legge sul sito di Città Metropolitana di Milano), occorre attivare tutti gli strumenti idonei a potenziare la cooperazione intercomunale, inter-istituzionale e con le imprese private del territorio. Lo stesso va fatto sulle tematiche sociali, complementari a quello dello sviluppo economico e territoriale che, come è stato osservato nelle pagine precedenti, è nel Nord Milano particolarmente urgente a causa dei problemi creati dalla transizione da un modello socio-economico consolidato come quello industriale a quello terziario ancora in via di consolidamento.
Da questo punto di vista il Nord Milano si profila come un territorio in sospeso tra un passato industriale che ha segnato profondamente le dinamiche socio-economiche e l’organizzazione del suo territorio e un presente incerto che, sebbene provvisto di importanti progetti di innovazione economica e produttiva, continua a far fatica a definire la sua collocazione nel più ampio contesto metropolitano. Nonostante ciò, è forte la richiesta di condividere un progetto nel quale far convergere le scelte degli attori pubblici e privati sugli assi portanti dello sviluppo del territorio nella fase post-industriale. Così come sugli interventi di riqualificazione delle aree lasciate vuote dalla dismissione delle grandi imprese, dedicando una nuova attenzione ai temi della sostenibilità. Sostenibilità richiamata, nelle interviste, con attenzione sia alla coesione sociale e alla tutela ambientale, ma anche alla capacità di intercettare i bisogni del territorio e di adattarsi rapidamente al mutamento.
Le politiche culturali, affrontate nella sezione conclusiva del saggio, trovano nuova collocazione nell’attenzione
{p. 160}crescente dedicata al tema della sostenibilità culturale, in particolare in un momento in cui il dialogo tra le parti, soprattutto tra pubblico e privato, sta diventando più difficile riducendo progressivamente la capacità di concepire in maniera creativa le policies locali. Una strategia culturale di tipo sistemico deve prevedere una larga adesione a valori strategici condivisi, unitamente ad un cambiamento di approccio che contempli l’adozione di pratiche sempre più sostenibili, un’operazione che richiederà fondi e intenzionalità specifiche. Il Nord Milano, un territorio storicamente abituato al cambiamento, al sovrapporsi di migrazioni in tempi rapidi e alla riconversione, ha risorse importanti e resilienza per farlo e per attuare il cambiamento necessario ad affrontare la nuova sfida dello sviluppo sostenibile.
Note