Matteo Colleoni (a cura di)
Territori in bilico
DOI: 10.1401/9788815374240/c5
La diversa centralità dei territori metropolitani è confermata dall’analisi dei livelli di accessibilità pedonale ai servizi [5]
. Infatti, il 29% delle sezioni di censimento residenziali rientrano nella classe con un livello di accessibilità pedonale ai punti di interesse basso, il 18% rientra nella classe con una medio-bassa accessibilità, il 16% in quella con medi livelli, il 18% delle sezioni hanno valori medio-alti e il 19% fa parte
{p. 81}della classe con una più alta accessibilità pedonale ai punti di interesse considerati. In termini di popolazione, il 25% dei residenti vive in un territorio con una bassa accessibilità, il 20% in aree con accessibilità medio-bassa, il 16% abita in territori con medi livelli di accessibilità, il 18% in aree con una medio-alta accessibilità e il 20% vive in territori ad alta accessibilità pedonale ai servizi.
L’analisi dell’accessibilità conferma la peculiare morfologia policentrica dell’area metropolitana lombarda. La presenza di un nucleo centrale forte (il Comune di Milano e la zona Nord Milano) si affianca a quella di poli di livello inferiore, che corrispondono principalmente ai comuni capoluogo di provincia, e di altre centralità sub-provinciali. Queste centralità urbane sono infine circondate da territori in situazione intermedia o, in misura minore, relativamente marginali.

2.2. Il profilo socio-demografico delle popolazioni residenti

L’area metropolitana lombarda si differenzia al proprio interno non solo in termini di morfologia territoriale e struttura economica, ma anche da un punto di vista socio-demografico. L’analisi territoriale della struttura della popolazione dell’area metropolitana restituisce l’immagine di un mosaico di eterogenei profili socio-territoriali (tab. 5.1).
In primo luogo, i territori si differenziano per la dinamica della popolazione nel medio periodo (2021-2011). Il Comune di Milano, dopo la fase di perdita della popolazione dovuta ai fenomeni di sub- e peri-urbanizzazione, è la zona che ha visto il più alto incremento di residenti (+11%). In generale, la popolazione residente è aumentata in tutte le zone dell’area metropolitana, in particolare dell’Adda Martesana (+6%), nell’area mantovana, nel Sud Est (+5%), nel Magentino e Abbiatense, nel Pavese e nel Sud Ovest (+4%).
L’indice di vecchiaia, che misura il rapporto tra popolazione over 65 e quella tra 0-14 anni, evidenzia la maggior intensità dei processi di invecchiamento rispetto al dato regionale nella zona Nord Milano, nel Varesotto, nel Comune {p. 82}di Milano, nel Pavese e nel Cremasco. Relativamente più giovani sono invece i territori del Bresciano, orobici e del Lodigiano e nelle zone dell’Adda Martesana, del Sud Ovest e Sud Est e del Magentino Abbiatense.
I residenti stranieri rappresentano una quota più consistente della popolazione in particolare a Milano (20%), nella zona metropolitana mantovana (19%), nel Nord Milano (16%) e nell’area bresciana (13%). I territori dove la popolazione straniera è meno presente sono invece quelli di Como, Lecco, Varese (8%), del Magentino Abbiatense, Monza e Brianza, Alto Milanese (9%).
L’analisi delle condizioni economiche della popolazione sulla base dei dati reddituali delle persone fisiche (Irpef) mostra un più elevato reddito per contribuente nel Comune di Milano (32.330 euro), mentre è inferiore alla media lombarda nei territori del Mantovano, Bresciano, Comasco, Cremasco, Bergamasco e nella zona Nord Milano.
Nonostante Milano registri il più elevato reddito per contribuente, il comune capoluogo è anche il territorio dove l’incidenza percentuale dei contribuenti con redditi inferiori ai 10.000 euro è maggiore (23%), così come quella dei contribuenti con redditi superiori ai 75.000 euro (8%). I territori all’interno dell’area metropolitana del Comasco, Bresciano e Mantovano hanno un’incidenza di contribuenti con redditi inferiori ai 10.000 euro superiore al dato della Regione Lombardia, mentre la percentuale di contribuenti con redditi superiori ai 75.000 euro è maggiore rispetto alla media regionale nella zona del Sud Est e nel Pavese.

3. Il benessere equo e sostenibile dei comuni dell’area metropolitana

In Italia, nel 2010, Istat ha iniziato a sviluppare un approccio multidimensionale per misurare il Benessere Equo e Sostenibile (Bes) con l’obiettivo di integrare le informazioni fornite dagli indicatori sulle attività economiche con le fondamentali dimensioni del benessere, corredate da misure relative alle diseguaglianze e alla sostenibilità.{p. 83}
In questo quadro, nelle prossime pagine si approfondiranno, su base locale, alcune dimensioni rilevanti legate al concetto di benessere equo e sostenibile, quali la vulnerabilità sociale e materiale, l’ambito della formazione e del lavoro e la sostenibilità ambientale.

3.1. Le traiettorie della vulnerabilità sociale e materiale

Un primo approfondimento delle condizioni di benessere equo e sostenibile riguarda la diffusione ed evoluzione delle condizioni di vulnerabilità all’interno dei territori metropolitani lombardi attraverso l’analisi della dinamica dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale costruito da Istat sui dati censuari: una misura, che combina sette indicatori delle principali dimensioni materiali e sociali della vulnerabilità – livello di istruzione, struttura familiare, condizioni abitative, partecipazione al mercato del lavoro, condizione economica [6]
– e consente una comparazione sul medio-periodo 1991-2011. Come è possibile osservare in fig. 5.1, la differenza tra il 2011 e il 1991 fa emergere un diffuso aumento della vulnerabilità, in particolare nelle centralità metropolitane, ma anche nelle aree intermedie e periferiche. Una diminuzione della vulnerabilità sociale {p. 84}e materiale si osserva esclusivamente in alcuni comuni intermedi.
Fig. 5.1. La variazione (1991-2011) della vulnerabilità sociale e materiale nei comuni dell’area metropolitana.
Fig. 5.1. La variazione (1991-2011) della vulnerabilità sociale e materiale nei comuni dell’area metropolitana.
Fonte: elaborazione degli autori su dati Istat 1991 e 2011.

3.2. Istruzione, formazione e lavoro

Rispetto alla dimensione della formazione e del lavoro, una questione rilevante è quella dei giovani Neet (Not in Education, Employment or Training). Una questione sempre più al centro del dibattito e pressante a causa della sua crescente diffusione e per l’impatto che il fenomeno può avere sui percorsi di sviluppo locale e il benessere delle popolazioni sul medio-lungo periodo. All’interno dell’area metropolitana, nel 2015, l’incidenza di giovani tra 15 e 29 anni che non hanno un’occupazione e non seguono un percorso di studio è maggiore nelle aree di Varese, Como, Nord Milano, dove quasi il 30% dei giovani si trova in questa {p. 85}condizione. La percentuale di giovani Neet non si discosta molto negli altri territori metropolitani, dove l’incidenza è tra il 28% e il 26%.
Spostando l’attenzione alla popolazione con un più alto titolo di studio, la percentuale di laureati tra la popolazione di 30-34 anni è più elevata a Milano, nei comuni di cintura, in Brianza e nelle principali centralità urbane della metropoli, mentre l’incidenza minore si riscontra nei comuni del Cremasco, Bergamasco, Lodigiano e Bresciano.
Per quanto riguarda le dinamiche occupazionali e del mercato del lavoro, una prima dimensione di analisi è la bassa intensità lavorativa delle famiglie, un tema strettamente legato a quello del benessere economico. Infatti, la bassa intensità lavorativa delle famiglie indica la percentuale di famiglie la cui intensità lavorativa è inferiore al 20% del proprio potenziale. Tale incidenza è maggiore in particolare nei capoluoghi (a Milano il 21% delle famiglie anagrafiche si trova in questa condizione), nei Comuni di cintura di Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo e in qualche sub-polo, come Vigevano, Gallarate, Rovato.
Rispetto al tema della stabilità o precarietà lavorativa, il lavoro precario prevale in particolare nel Comune di Milano e nei principali capoluoghi dell’area metropolitana, nella zona omogenea Nord Milano e nei comuni confinanti con Milano, nel Cremasco, Bresciano e Varesotto. Qui, nel 2015, la percentuale di iscritti in anagrafe che risultano occupati non stabilmente nel mese di ottobre varia tra il 13% e il 19%. Inoltre, l’incidenza percentuale delle trasformazioni lavorative stabili è superiore, tra il 33-36%, nell’Alto Milanese, nella Brianza, nel Lodigiano, nell’Adda Martesana e nel Sud Est. I comuni che invece rientrano nella classe con i valori più bassi (27-30%) sono quelli di Milano, del Sud Ovest e del Nord Ovest.

3.3. Coesione sociale

La coesione sociale è una componente fondamentale dello sviluppo locale equo e sostenibile.
{p. 86}
Note
[5] Nell’analisi sono stati inclusi tutti i Points of Interest (Poi) e la valutazione dell’accessibilità è stata effettuata attraverso un indice che sintetizza la numerosità e diversità dei servizi raggiungibili entro una distanza di 800 metri. Per approfondire si rimanda all’appendice metodologica.
[6] In dettaglio, gli indicatori sintetizzati dall’indice sono i seguenti: