Ludovico Albert, Daniele Marini (a cura di)
La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c1
In più ci sono anche i soggetti sociali: le norme non le cambi se non c’è la parte datoriale e sindacale. Esse, per come le ho viste io, sono abbastanza diffidenti in quanto credono che il lavoro sia sfruttamento: «prima la scuola e poi il lavoro» (NT1).
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Ma non ci sono solo le associazioni di categoria o le organizzazioni dei lavoratori a intervenire nel processo. Un ruolo chiave lo svolgono soprattutto le micro e piccole imprese, i consulenti del lavoro e i commercialisti, cui le imprese si rivolgono per la gestione degli aspetti normativi. Più spesso, siamo di fronte a una scarsa conoscenza della normativa e, di conseguenza, a porre ostacoli o sconsigliare le imprese da intraprendere la collaborazione con gli enti.
Istituzione di un organo specifico che sia di supporto ai consulenti di lavoro delle aziende che intendono aderire al progetto (NL1).
Creare una conoscenza diffusa che passa attraverso quelli che sono gli interlocutori delle aziende, mi riferisco in particolar modo a studi di consulenti del lavoro e commercialisti (NF1).
Un’altra opzione indicata da alcuni è più di carattere normativo e riguarda tanto lo sviluppo e il rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro, in particolare presso la fascia d’età 16-18 anni.
[...] È la fascia più abbandonata a se stessa [...]. Provare a studiare e a mettere in pratica un sistema che li porti in un’alternanza, che non sia apprendistato, ma che vada nella direzione dell’apprendistato (NL3).
Ma anche nei confronti dei giovani-adulti una parte dei quali non di rado oggi si trovano in una condizione di marginalità sul mercato.
L’apprendistato, aumentando però anche la fascia di età coinvolta, perché l’apprendistato lo puoi fare fino a una certa età. Io allargherei questa opportunità anche a 30, 32 anni, tanto i disoccupati sono tutti fino a quell’età. Poi anche spostare la fascia di età per dare la possibilità alle aziende di avere incentivi (SS1).
Sullo sfondo, però, resta un tema cruciale. Esiste una pluralità di esperienze di formazione professionale, ma che non costituiscono (ancora) un sistema a livello nazionale, manca un’organicità. Ciò dipende dalle singole storie degli enti, dalla {p. 82}collocazione territoriale e dalle condizioni socioeconomiche delle realtà in cui sono inseriti, dal funzionamento delle istituzioni regionali. Insomma, c’è un mix di elementi che, lungo la storia, ha portato a costruire una realtà educativa a «geometria variabile». Una prima soluzione potrebbe essere quella di mettere a disposizione di tutti gli enti il patrimonio di elaborazione progettuale e formativa del duale, in modo tale da costruire una prima piattaforma condivisa utile per far crescere gli enti in una logica di sistema? Come abbiamo già potuto rilevare, anche in questo caso esistono già realtà regionali, segnatamente nel Nord del paese, dove una simile prassi ha già iniziato a fare breccia e si sono costruite delle occasioni e momenti di condivisione.
La regione ha una piattaforma dove si vanno a inserire e registrare le attività di inserimento delle aziende. C’è questo sistema informativo che tiene traccia di tutti i contratti di lavoro, di tutte le esperienze formative e lavorative dei ragazzi. Potrebbe essere sicuramente utile avere qualcosa a livello nazionale (NP1).
Le relazioni ed esperienze tra enti esistono già, ci sono dei tavoli nei quali partecipano non solo i direttori, ma anche i coordinatori, e condividono le buone pratiche a livello regionale all’interno di più tavoli ed escono sempre fuori spunti che possono essere utilizzati dai vari enti e anche fra centri. Condividere su piattaforme uniche queste esperienze potrebbe essere sicuramente molto importante (NV2).
Molti fra gli interpellati sottolineano come sarebbe auspicabile che fra gli enti si potesse implementare la comunicazione, lo scambio di esperienze, anche fra le istituzioni regionali e i funzionari, così da poter diffondere le buone pratiche amministrative.
Potrebbe essere molto interessante favorire uno scambio di esperienze. Tra l’altro penso che questa cosa sia molto importante tra le regioni, proprio a livello istituzionale: far conoscere le esperienze [...] in fase iniziale si potrebbe fare anche favorendo incontri e seminari semplici, in cui ci si raccontano le esperienze (SM1).{p. 83}
Al di là degli aspetti strutturali che rendono gli enti di IeFP una sommatoria di lodevoli esperienze educative e formative, ma non un sistema, sembrano rinviare ad altre dimensioni radicate nelle prospettive culturali, sulle quali converrebbe avviare una riflessione approfondita. In primo luogo, sulla stessa concezione di formazione professionale. Come abbiamo già sottolineato in precedenza, relativamente ai servizi per il lavoro accessori all’inserimento lavorativo, anche sull’attuale visione generale della formazione professionale non sembra esserci un’idea omogenea.
L’Atlante delle competenze sta cercando di normare e sviluppare in maniera omogenea sul piano nazionale quelle che sono le competenze. Parallelamente si può immaginare che alcuni passi sulle modalità di erogazione possano essere interiorizzati da tutti, ma non è facile. Ci sono molte diversità, anche sulla concezione del ruolo della formazione professionale, ci sono situazioni diverse (NF1).
Dovrebbe essere la risultanza di un mix di miglioramento procedurale-burocratico e comunicativo, però mi sembra che siamo molto indietro rispetto a questi obiettivi [...]. La trasferibilità dei progetti non è così automatica, perché c’è un sistema eterogeneo. Io non sono favorevole a lasciare la formazione professionale alle regioni, mi sarebbe piaciuto che questa materia fosse accentrata, come quella della scuola al Miur (CT1).
La piattaforma può essere interessante, anche se in questo momento di piattaforme siamo pieni fin sui capelli, non ce la facciamo più. Però, mi dispiace dirlo: noi non siamo un sistema. Noi siamo delle azioni sporadiche dettate dalla buona volontà di qualcuno in un momento. Per cui, finché non diventeremo un sistema, non ne vale nemmeno la pena di lavorare su questo [...]. Più che di una piattaforma, parlerei dell’esigenza di una comunità di formatori che fanno questa attività. L’idea della comunità mi piace molto. La piattaforma è un po’ sterile. Poi sensibilizzare la politica, perché la politica non capisce l’importanza di questo (SC1).
È palpabile, nelle testimonianze sopra riportate, l’autopercezione di parecchi enti della forte articolazione degli enti di IeFP sul piano nazionale e dell’assenza di una logica {p. 84}di sistema, implicitamente invocata. Al punto che, per un verso, si auspicherebbe una regia nazionale. E, dall’altro, la necessità che si creasse non semplicemente un ulteriore strumento di scambio (piattaforma), quanto piuttosto una vera e propria «comunità di pratiche» con cui discutere, confrontare e condividere la stessa visione di formazione. In questo modo, cercando anche di aiutare gli enti a uscire da una logica dell’attività realizzata nel «giorno-per-giorno», nel riuscire a traguardare l’orizzonte di azione nel medio periodo così da migliorare la capacità progettuale.
Siamo talmente legati ai singoli problemi che facciamo fatica a dare uno sguardo più in là, complessivo (CM1).
Ma, soprattutto, di abbandonare la logica dell’esclusività e della gelosia delle proprie attività che porta a non volersi aprire al confronto con altre esperienze formative.
Qualche struttura ha anche resistenza a condividere, perché ognuno poi pensa di avere tutto un patrimonio che è meglio tenerlo (NL3).
Intanto bisogna vedere se c’è una volontà di farlo, perché in questo settore siamo molto egoisti, quindi difficilmente raccontiamo quello che facciamo (SS1).
La questione, quindi, non risiede solo o tanto negli strumenti utili a costruire una maggiore sistematicità delle pratiche formative. Che costituiscono la condizione necessaria, ma non sufficiente. Perché, prim’ancora, è necessaria la consapevolezza della logica sottesa al «fare sistema», nella cultura e nella propensione alla condivisione. L’esperienza recente della pandemia e delle difficoltà sociali ed economiche dovrebbe avere accresciuto la consapevolezza che «nessuno si salva da solo». E che, in questo senso, mettersi assieme, condividere e cooperare, in una parola «fare sistema» deve diventare un bene strategico.{p. 85}

7. Nota metodologica

La ricerca, promossa dalla Fondazione per la Scuola in collaborazione con Forma (Associazione nazionale enti di formazione professionale), è stata realizzata dalla divisione Research&Analysis di Community. La progettazione della ricerca e la predisposizione degli strumenti di rilevazione sono di Daniele Marini, condivisa a più riprese con il gruppo di lavoro istituito presso la Fondazione per la Scuola e composto da: Ludovico Albert, Barbara Banchero, Luigi Bobba, Nicola Crepax, Rosalba Fasolo, Diego Fea, Claudia Mandrile, Marco Muzzarelli, Enrica Pejrolo, Michelangelo Penna, Cristiana Poggio, Marzia Sica, Paola Vacchina e Vittoria Valvassori.
La necessità di approfondire la conoscenza dell’esperienza duale in Italia ha portato a scegliere lo strumento dell’intervista semi-strutturata come mezzo di rilevazione e analisi utile a tale scopo. La ricerca si è svolta in due tappe. Nella prima sono stati interpellati quattro enti di formazione che avessero avviato negli anni precedenti la sperimentazione duale, per realizzare un primo test. Sono state selezionate quattro realtà del Nord del paese fra Piemonte, Lombardia e Veneto. La seconda fase, dopo una verifica degli esiti della prima fase di test, ha visto coinvolti 20 responsabili di IeFP quali testimoni privilegiati, diffusi su tutto il territorio nazionale.
Per effettuare le interviste sono stati incaricati intervistatori qualificati e appositamente formati. I colloqui sono stati realizzati tramite video-call (obbligate dalle misure di restrizione sociale generate dalla pandemia), videoregistrati, successivamente riportati in appositi protocolli per l’analisi del contenuto. Per la stesura del rapporto finale sono state analizzate le trascrizioni letterali delle stesse.
Trattandosi di una ricerca qualitativa e, quindi, a carattere esplorativo, l’analisi del contenuto delle interviste non permette di realizzare statistiche rappresentative, quanto piuttosto di rilevare e mettere in evidenza le tematiche emergenti, indicative di realtà e fenomeni interessanti per l’oggetto di studio.
Le interviste di test sono state realizzate fra il 4 e il 30
{p. 86}aprile 2020, mentre quelle della ricerca nazionale nel periodo 20 novembre-29 dicembre 2020, e sono state condotte da Edoardo Cian, Diego Fea, Giulia Marini, Silvia Marini, Elena Zennaro.
Note