Ludovico Albert, Daniele Marini (a cura di)
La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c3

Capitolo terzo La via italiana al sistema duale
di Luigi Bobba

Notizie Autori
Luigi Bobba è presidente di Terzjus, Osservatorio di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale.
Abstract
Il capitolo prende le mosse da un’analisi relativa alla storia dell’introduzione del sistema duale in ambito italiano, che tiene conto dei principali obbiettivi, degli ostacoli nell’inserimento di tale modalità educativa nel quadro delle politiche formative e lavorative a causa delle resistenze poste dalle aziende, del divario tra regioni del nord e del sud e dei rapporti con le istituzioni, il tutto con il fine di valutare l’effettiva realizzazione delle sfide educative in questione e quindi dell’efficacia stessa della sperimentazione. Si considerano successivamente le varie tipologie di formazione duale in Italia, in particolar modo gli IFTS e gli ITS, delineandone la storia, le principali caratteristiche e gli obbiettivi, per poi porre particolare attenzione agli interventi necessari per implementare la formazione professionale nel sud Italia, all’importanza del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel contesto degli investimenti statali e alle misure finalizzate al rafforzamento del sistema duale.

1. Alle origini

Quando a fine febbraio 2014 sono stato nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ho proposto al ministro Giuliano Poletti di assegnarmi, tra le altre, anche le deleghe per la formazione professionale e le politiche attive del lavoro.
Una scelta non casuale, in quanto nella mia storia sociale e professionale ho coltivato quei temi in modo assiduo, prima avviando (1987) il Movimento Primo Lavoro, un’esperienza di orientamento e sostegno per l’inserimento al lavoro dei giovani; poi, ancora, verso la fine degli anni Novanta con diverse pubblicazioni [1]
, con la presidenza dell’Enaip (Ente nazionale Acli istruzione professionale); infine, tra il 2008 e il 2013, con la vicepresidenza della Commissione Lavoro della Camera dei deputati. Con l’affidamento da parte dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi di un incarico di governo avevo dunque l’occasione per provare a realizzare quanto avevo studiato e verificato sul campo.
In quegli anni, nel nostro paese, erano evidenti tre criticità: la scuola secondaria perdeva per strada troppi ragazzi (intorno al 16%) che abbandonavano prematuramente gli studi; l’offerta di formazione professionale, competenza costituzionale attribuita alle regioni, si presentava in modo alquanto disomogeneo, con aree territoriali quasi del tutto sguarnite e con una bassa considerazione sociale, quasi un {p. 114}segmento di serie B dell’istruzione; infine, in modo ricorrente, l’indagine Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro ci proponeva l’evidente mismatch tra domanda e offerta di lavoro specialmente nell’area tecnico-professionale, in quanto circa il 25/30% delle posizioni richieste restavano scoperte, o per mancanza di candidati, o per carenza di adeguate competenze degli stessi.
Poiché gli abbandoni scolastici erano concentrati proprio tra i giovani meno favoriti, eravamo dunque in presenza di un mancato rispetto del diritto costituzionale all’istruzione su tutto il territorio nazionale, di una vera e propria selezione di classe rispetto alla possibilità di conseguire un titolo secondario; si trattava inoltre di un indebolimento della capacità competitiva delle imprese che, per carenza di personale professionalmente preparato, perdevano occasioni di crescita e sviluppo.
L’occasione per mettere a fuoco il tema della formazione duale si verificò in occasione dell’incontro italo-tedesco [2]
tra i ministri del Lavoro Giuliano Poletti e Andrea Nahles, incontro che si concluse con un accordo tra i due paesi per un partenariato sull’apprendistato. È ben noto, infatti, che l’apprendistato costituisce in Germania un cardine dell’istruzione secondaria e terziaria, con circa un terzo dei giovani tedeschi che consegue un titolo secondario mediante l’apprendistato duale, ovvero formandosi sia a scuola che sul lavoro.
L’incontro non rimase infecondo, perché nel frattempo il Parlamento – dicembre 2014 – aveva approvato la riforma del lavoro, meglio nota come Jobs Act. Il successivo d.lgs. n. 81 del 15 giugno 2015, nel contesto della nuova disciplina organica dei contratti di lavoro, introduceva poi, per prima volta in Italia, il sistema della formazione duale con una profonda revisione dell’apprendistato di primo e di terzo livello. Si voleva così perseguire due obiettivi: dare da un lato una nuova veste all’apprendistato formativo, che era quasi estinto nella sua precedente configurazione; introdurre dall’altro in modo organico l’impresa come soggetto {p. 115}rilevante nella formazione dei giovani. Il clima per questo cambiamento culturale appariva favorevole, tanto che un mese dopo il Parlamento approvava, all’interno della legge n. 107 meglio nota come «Buona Scuola», l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro in tutta la scuola secondaria superiore, prevedendo un numero differenziato di ore di formazione in azienda negli ultimi anni del ciclo scolastico. Sempre la stessa legge affidava al governo una delega finalizzata a rivedere il raccordo tra istruzione professionale statale e formazione professionale regionale, in modo da rafforzare il sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) come parte integrante del ciclo secondario.
Con il mese di settembre 2015 maturano gli atti normativi conclusivi dell’introduzione nel nostro ordinamento del sistema duale. Con il d.lgs. n. 150/2015 viene infatti disciplinata la sperimentazione del nuovo sistema duale; vengono assegnate le risorse per il biennio 2016-2017, sia alle regioni per l’organizzazione dell’offerta formativa duale, sia alle imprese che possono contare sull’abbattimento dei contributi all’atto dell’assunzione del giovane in apprendistato di primo livello; viene affiancata alla sperimentazione una misura di abbattimento delle aliquote Inail per tutti gli studenti iscritti alla IeFP regionale. Nello stesso mese la Conferenza Stato-Regioni approva l’accordo sulla sperimentazione duale, definendo altresì le azioni di accompagnamento, rafforzamento e sviluppo del sistema duale nell’ambito della IeFP. L’ultimo atto, che completa il percorso normativo in capo al Parlamento e al Governo, è datato dicembre 2015: si tratta del decreto interministeriale – Lavoro e Istruzione – che definisce gli standard formativi dell’apprendistato di primo e terzo livello. Ora la sperimentazione poteva così decollare.

2. Sul campo: la sperimentazione 2016-2018

Il principale ostacolo incontrato, nel condurre in porto i diversi atti normativi prima ricordati, risiedeva innanzitutto nella difficoltà a dare un nome a qualcosa che in Italia ancora non esisteva. In ogni caso, inserire il sistema duale nella più {p. 116}generale riforma delle politiche del lavoro, è stata impresa più ardua di quanto inizialmente pensassi.
Ciò che avveniva in molti paesi europei, in particolare in Germania, era sotto gli occhi di tutti. Eppure, come tutte le novità, anche la formazione duale ha conosciuto la fatica di essere nominata e identificata. Giunti a questo punto del tragitto, ci si poteva illudere che il più fosse già realizzato. E invece ci si doveva scontrare ancora con non poche resistenze e inerzie. Innanzitutto, c’era un involucro culturale da cui era difficile fuoriuscire. Mi riferisco al fatto che la formazione di un giovane dovesse compiersi necessariamente in un percorso di istruzione, in aula, tra i banchi di un magari vetusto edificio scolastico. Fino all’introduzione nel nostro ordinamento della formazione duale e dell’estensione dell’alternanza scuola-lavoro era come se l’esperienza e i luoghi del lavoro non avessero alcuna funzione educativa. Espunti dai percorsi di istruzione, potevano al più rappresentare un’occasione o uno strumento di addestramento o abilitazione all’uso di tecnologie e procedure tecniche. Ma la loro funzione nella formazione, anche in quelle che recentemente J.J. Heckman e T. Kautz hanno identificato come character skills, era del tutto misconosciuta. Era come se la rilevanza educativa del lavoro fosse stata negata o rimossa. C’era poi un secondo ostacolo. In Italia esistevano ed esistono tre diversi «apprendistati». Due soli di questi, quello di primo e terzo livello, corrispondono alla definizione europea di VET: Vocational Education Training. Ovvero percorsi formativi intrecciati con un contratto di lavoro – l’apprendistato appunto – che mirano a far conseguire al giovane un titolo scolastico secondario o terziario. Insomma, una formazione in aula e on the job. Ebbene, le due tipologie di contratto di apprendistato formativo erano ormai quasi scomparse; si contavano infatti, all’inizio del 2016, poco più di un migliaio di contratti di apprendistato di primo livello, di cui più della metà siglati nella Provincia Autonoma di Bolzano dove era in vigore un sistema analogo a quello tedesco. L’unico contratto di apprendistato che documentava numeri importanti – tra i 350 e i 400.000 – era quello «professionalizzante». Contratto che non possiede {p. 117}però le caratteristiche tipiche della VET, in quanto prevede un numero massimo di 120 ore formative sul triennio, che per di più non sempre vengono svolte, giacché in non pochi casi le regioni non predispongono un’offerta formativa appropriata. Il problema era dunque: come tirare fuori dalla ridotta altoatesina l’apprendistato formativo?
Un terzo ostacolo risiedeva nel fatto che, nella pratica delle imprese, il contratto di apprendistato formativo era ormai inesistente o si presentava come un ingombro, un maggior costo da sostenere e comunque una fattispecie desueta. Neppure la contrattazione sindacale aveva mai affrontato tale problematica, finendo per adeguarsi alla realtà esistente e tutelando unicamente il contratto di apprendistato professionalizzante.
Infine, la principale difficoltà per incardinare i nuovi percorsi duali andava rintracciata nella difforme qualità e quantità dell’offerta di IeFP da parte delle regioni. È ben noto che tale competenza costituzionale – la formazione professionale – affidata alle regioni, ha trovato applicazioni alquanto difformi con situazioni di eccellenza – nel Nord del paese – e carenze macroscopiche, quando non vera e propria assenza, nelle regioni del Sud. Come superare questa balcanizzazione della formazione professionale?
Certo non si poteva chiedere a un modesto strumento, come quello delineato nel d.lgs. n. 150/2015, di superare in un sol colpo tutte queste barriere. C’era però un’opportunità, forse residuale, che non andava gettata alle ortiche: ovvero che, innestandosi in quel clima culturale di cambiamento, anche un limitato arnese potesse servire ad avviare una trasformazione. Così si avviarono una serie di incontri con le parti sociali, con i principali enti di formazione riconosciuti e con le regioni. Senza il consenso e il protagonismo di questi tre soggetti, difficilmente il sistema duale avrebbe trovato cittadinanza nel nostro paese. Nel gennaio del 2016 vennero così sottoscritti venti protocolli d’intesa tra il Ministero del Lavoro e le singole regioni. Ogni protocollo conteneva elementi distintivi e specifici, ma tutti avevano tre linee di indirizzo comuni nell’utilizzo delle risorse stanziate per la sperimentazione: l’avvio di percorsi triennali di qualifica con
{p. 118}il sistema duale; il potenziamento delle attività formative del quarto anno con il conseguimento del diploma professionale; la messa in opera di percorsi modulari per i Neet finalizzati alla qualificazione e riqualificazione di giovani disoccupati o comunque non frequentanti alcun percorso formativo. Con mia sorpresa, tutte le regioni aderirono alla proposta e venne costituito un Comitato di indirizzo della sperimentazione per una verifica periodica dell’andamento delle attività.
Note
[1] L. Bobba, Primo Lavoro: dai giovani una sfida, Roma, Elledici, 1987; L. Bobba, D. Nicoli e M. Orsi (a cura di), Imparare a scegliere, esperienze e proposte per l’orientamento professionale in Italia, Roma, Edizioni Lavoro, 1989.
[2] A Firenze nel settembre del 2014.