Damiano Previtali
La scuola mediterranea
DOI: 10.1401/9788815371102/c1
Box 1.

Il peso del contesto

Prendiamo i dati Invalsi e prendiamo come esemplificazione le terze classi della scuola secondaria di primo grado della regione Campania. In particolare prendiamo:
• le scuole in cui è attiva almeno una classe di grado 8 negli anni scolastici 2017-2018 e 2018-2019 (corrispondenti alle annualità in cui sono state somministrate le prove CBT);
• i risultati conseguiti dagli studenti nelle prove standardizzate di italiano, matematica, inglese-lettura, inglese-ascolto in entrambi gli anni scolastici.
Prendiamo un parametro per individuare le situazioni di forte difficoltà, ad esempio le scuole in cui mediamente il 45% degli alunni di grado 8 in entrambi gli anni scolastici e in tutte le materie considerate non raggiungono un livello adeguato1 nelle prove Invalsi.
Prendiamo i dati di contesto e utilizziamo come riferimento l’indice ESCS medio di scuola. ESCS è la denominazione internazionale dell’indicatore dello status socio-economico-culturale dello studente2.
L’Invalsi lo ha standardizzato in modo da far corrispondere il valore zero alla media italiana. In tutte le materie testate dall’Invalsi e in tutti i gradi scolari, dalla scuola primaria alla scuola secondaria di secondo grado, è osservabile una correlazione positiva tra indice di status e punteggio nelle prove3.
Correliamo i dati Invalsi attraverso cui abbiamo individuato le scuole in forte difficoltà con i dati di contesto rilevati attraverso l’indice ESCS.
Risultato? Il peso del background socio-economico-culturale è determinante nei risultati, molto di più di quello che si osserva nel resto del Paese. Infatti, come si evidenzia nella tabella seguente, tutti gli studenti (il 100%) che frequentano le scuole considerate in forte difficoltà hanno un ESCS basso, ovvero provengono da situazioni socioeconomiche e familiari difficili.
ESCS
Scuole in forte difficoltà
Tutte le altre scuole
Basso
100,0
25,5
Medio-basso
0,0
26,4
Medio-alto
0,0
21,1
Alto
0,0
24,9
Fonte: Invalsi, Documento tecnico per intervento di riduzione dei divari territoriali, 2020.
 
A titolo puramente esemplificativo, se in una scuola X si ottengono risultati migliori della scuola Y non possiamo concludere che la scuola X sia in grado di produrre migliori risultati (in altre parole, ciò non è sufficiente per concludere che vi sia un nesso causale che lega l’effetto scuola ai risultati). Infatti, i risultati potrebbero benissimo essere determinati non semplicemente dalla scuola bensì da quella che in gergo gli esperti definiscono «correlazione spuria» ovvero una correlazione causata da altre variabili, ad esempio il contesto, le famiglie, i coetanei, l’ambiente scolastico, il clima scolastico, che si integrano e influenzano reciprocamente producendo un effetto di contaminazione che è difficile da comprendere e ancor meno misurare. Inoltre il contesto sociale, economico, culturale sono variabili date e non malleabili o modificabili dalla scuola (se non in tempi lunghi e lunghissimi che comunque le rilevazioni standardizzate degli apprendimenti non intercettano). In altri termini, queste scuole, che consideriamo un problema per il Paese, in realtà sono un presidio dello Stato (a volte l’unico) con valore sociale e culturale dentro contesti devastati, sono una risorsa fondamentale per il territorio e soprattutto per gli studenti, che senza la scuola sarebbero potenzialmente destinati alla marginalità e alla devianza.
1 Gli alunni non raggiungono livelli adeguati quando si posizionano al di sotto del livello di accettabilità corrispondente ai traguardi delle Indicazioni nazionali per il grado 8 (livello 1 e 2 per italiano e per matematica, pre-A1 e A1 per inglese-lettura e inglese-ascolto).
2 Vedi sul sito dell’Invalsi in un Working Paper: http://www.invalsi.it/download/wp/wp02_Ricci.pdf; vedi slide illustrative del seminario Che cos’è l’ESCS e come si valuta, in https://snv.pubblica.istruzione.it/snv-portale-web/public/info/eventiTematici.
3 «Lo status socio-economico-culturale influisce sui risultati nelle prove per tutto il corso degli studi», in Rapporto Invalsi 2019, p. 13.
Il disinteresse verso la complessità della realtà e la ricerca sempre più diffusa della semplificazione hanno determinato un effetto alone in base al quale alcune scuole vengono individuate come inefficaci. Queste analisi riduttive non vedono due aspetti fondamentali:
1) il peso del contesto nei risultati scolastici;
2) il valore aggiunto della scuola ai bisogni sociali del contesto.
In sostanza si tratta di un doppio danno, in quanto i risultati di moltissime scuole, nelle competenze disciplinari fondamentali, sono fortemente influenzati dal contesto e inoltre, proprio perché le scuole suppliscono alle carenze ambientali con competenze sociali ed educative, rischiano poi di trovarsi comparate e valutate solo su competenze disciplinari.
Infatti, lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza evidenzia che i progetti interni alla missione «istruzione» devono avere un forte impatto al Sud e, prima di tutto, devono garantire i livelli essenziali delle prestazioni per tutti i cittadini senza discriminazione di appartenenza territoriale:
Nella missione 4, i progetti relativi ad asili e scuole per l’infanzia, lotta all’abbandono scolastico, edilizia scolastica e contrasto alla povertà educativa hanno un forte impatto al Sud, favorendo un percorso che – in complementarità con la spesa pubblica ordinaria – dovrà portare al rispetto costituzionale dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini dovunque risiedano [32]
.
Intendiamo sostenere e dimostrare, con le argomentazioni a seguito, che il valore formativo ed educativo della scuola è molto più articolato e complesso, soprattutto nelle periferie sociali e in alcuni territori del Meridione. A tale riguardo basterà ricordare che «il gap nelle competenze di base, l’alto tasso di abbandono scolastico e divari territoriali [...] sono fortemente correlati alle diseguaglianze reddituali e a un maggior tasso di povertà e di deprivazione materiale» [33]
.
Questo primo inciampo porta con sé un’attenzione:
l’utilizzo dei dati rischia di avallare le rappresentazioni sociali diffuse, ma l’ignoranza sui dati rischia di non considerare le differenze dove le differenze esistono.

2.2. Secondo inciampo: il compito impossibile

Da tempo sappiamo che per migliorare dobbiamo chiedere alle persone, così come alle organizzazioni fatte {p. 52}di persone, di darsi delle priorità e di lavorare sul potenziale di sviluppo. Per richiamare una teoria a tutti nota potremmo dire che le persone e le organizzazioni lavorano sull’area di sviluppo prossimale [34]
, sulla distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con la propria intraprendenza e, in situazioni difficili, soprattutto grazie all’aiuto e al supporto esterno. Eppure quando chiediamo alle scuole del Sud di compensare i divari negli apprendimenti degli studenti, di fatto stiamo chiedendo un compito impossibile, in quanto è ben oltre qualunque area di sviluppo prossimale. Inoltre, siccome vogliamo essere sicuri che il compito sia davvero impossibile chiediamo alle scuole che lo realizzino da sole, un po’ come il barone di Münchhausen quando tirò fuori sé stesso e il suo cavallo dalle sabbie mobili, prendendosi per il codino dei capelli e salvandosi con la sola forza delle sue braccia.
Per comprendere quanto stiamo affermando basterà guardare la figura 1.3.
Nella figura viene mostrato il posizionamento del Nord, del Centro e del Sud rispetto alla media nazionale nelle prove Invalsi di italiano e matematica per i diversi gradi scolastici (G02 = classe seconda della scuola primaria; G05 = classe quinta della scuola primaria; G08 = classe prima della scuola secondaria di primo grado; G10 = classe seconda della scuola secondaria di secondo grado). Si tratta di ben sette anni di rilevazioni effettuate dal 2013 al 2019, ovvero un dato longitudinale particolarmente significativo.
Se osserviamo l’andamento della linea dei dati delle scuole del Sud, per singoli gradi, possiamo dire che nella classe seconda della scuola primaria (G02) dal 2013 al 2019 non ci sono stati forti cambiamenti né in italiano né in matematica. Per la classe quinta della scuola primaria (G05) si nota un miglioramento sia in italiano sia in matematica, anche se al di sotto della media nazionale. La scuola secondaria di {p. 53}primo grado (G08) si allontana in modo significativo dalla media nazionale e la scuola secondaria di secondo grado (G10) conferma questo andamento aumentando ulteriormente il divario.
Fig. 1.3. Punteggio medio ottenuto alle prove Invalsi di italiano e matematica dal 2013 al 2019 per ciascun grado scolastico e ciascuna area geografica.
Fig. 1.3. Punteggio medio ottenuto alle prove Invalsi di italiano e matematica dal 2013 al 2019 per ciascun grado scolastico e ciascuna area geografica.
Fonte: P. Falzetti e C. Sacco, Il divario (in)colmabile? Le differenze negli apprendimenti degli studenti fra Nord e Sud Italia, in «Sinappsi», X, n. 3, 2020.
Se volessimo formulare delle ipotesi sulla distanza dalla media per i diversi gradi, nei diversi anni, potremmo osservare che l’aumento del gap dal grado 2 al grado 10 deriva (forse) dai diversi processi di insegnamento, dalle diverse richieste di apprendimento, dalla diversa motivazione degli studenti, dalla diversa influenza dei coetanei, dal diverso peso della famiglia, dal diverso peso del contesto; in sostanza, secondo la teoria dei sistemi, dal diverso effetto famiglia, scuola, compagni di scuola, contesto sociale che si integrano e influenzano reciprocamente con una pluralità di variabili difficili da rintracciare e, ancor più, da semplificare in processi di causa ed effetto. Infatti tutte queste parti esercitano non solo un’influenza diretta, ma, interagendo tra loro, anche un’influenza indiretta sui risultati dello studente, dando vita a un intreccio di effetti difficile da dipanare nell’ambito di un’analisi empirica in nessi causali che vadano oltre la semplice correlazione tra variabili [35]
.
Ovviamente i sociologi si appassioneranno maggiormente alle analisi di contesto, gli psicologi alle analisi relazionali fra familiari e coetanei, i pedagogisti alle analisi dei processi di insegnamento e apprendimento, gli statistici alle correlazioni e ai campi di variazione fra i dati, ma oltre le singole analisi e interpretazioni resta un’evidenza ineludibile e facilmente leggibile: le posizioni fra Nord e Sud restano lontane. Nonostante i notevoli investimenti e i percorsi di informazione, formazione, mobilitazione di scuole, comuni, enti, regioni, fondazioni, associazioni, tutti finalizzati a migliorare i risultati, questi, in alcuni gradi, sono peggiorati.
Un inciampo che disconferma il percorso degli ultimi anni e non prefigura qualcosa di diverso per i prossimi anni.
{p. 55}In sintesi: abbiamo affidato alle scuole un compito impossibile. Tecnicamente un compito è impossibile quando le richieste o le risoluzioni sono errate. In questo caso sono errate sia le richieste sia le soluzioni [36]
. Infatti è errata la richiesta di gareggiare con il Nord così come è errata la soluzione di lavorare per migliorare i risultati Invalsi, in quanto le scuole non sono in competizione e i risultati non sono riconducibili esclusivamente a quelli Invalsi. Diciamolo da subito, al fine di non essere equivocati: questo approccio non è un problema insito nei dati, come alcuni tendono banalmente a semplificare e, ancor meno, non è un problema generato dall’Invalsi, come altri strumentalmente riportano. Infatti, qualunque Istituto nazionale di valutazione deve fare questo lavoro con competenza e solidità scientifica, così come Invalsi, da anni, lo sta realizzando con continui processi di innovazione. Ma i dati, senza una cultura della valutazione e in particolare dei processi di miglioramento possibili e sostenibili, rafforzano solo le rappresentazioni sociali diffuse e, purtroppo, consolidano i problemi invece che contribuire a risolverli.
Note
[32] Piano nazionale di ripresa e resilienza, p. 38.
[33] Ibidem, p. 174.
[34] Lev Vygotskij teorizza la «zona di sviluppo prossimale, o zona di sviluppo prossimo». Vedi L. Mecacci, Storia della psicologia del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 347.
[35] La correlazione è diversa dalla causalità in quanto nel primo caso ci si limita a registrare un’associazione tra due variabili (associate positivamente o negativamente), mentre nell’analisi di causalità si vuole determinare se una delle due determini la variazione dell’altra (ma non viceversa).
[36] «Nella prospettiva del cambiamento la soluzione consiste semplicemente nel cambiare un insieme di premesse», cfr. P. Watzlawick, J.H. Weakland e R. Fisch, Change. Sulla formazione e la soluzione dei problemi, Roma, Astrolabio, 1974, p. 38.