Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c3
L’organizzazione è anche il tratto distintivo della vita in aula: le attività didattiche sono calendarizzate e perfettamente rispettate; vi sono interventi didattici talora differenziati in base a capacità e competenze raggiunte dai bambini (a tal fine le insegnanti spesso dividono la classe in due gruppi durante le loro ore di compresenza, per consentire il consolidamento di alcune parti di programma per alcuni ed evitare l’eccessivo ritardo da parte di altri attraverso interventi di riallineamento); i bambini vengono educati al rispetto delle regole, vigenti sia in aula, sia nella scuola, sia fuori dalla scuola (si alza la mano per parlare, si sta in fila per bagno e mensa, si sta composti nel banco, si sta ordinati e attenti quando si è per strada, ecc.); il gruppo classe è organizzato secondo una rigorosa divisione di
{p. 118}compiti assegnati su base mensile, come già indicato nelle pagine precedenti. L’organizzazione all’interno della classe è ampiamente indipendente dall’organizzazione dell’istituto ed è del tutto ideata e gestita dalle insegnanti.
Il requisito affinché queste esperienze possano realizzarsi è la collaborazione tra docenti (le uscite in particolare infatti richiedono il team docente al completo; la didattica integrata tra discipline richiede una pianificazione coordinata tra docenti tra parti di programma). La cooperazione tra docenti è il tratto distintivo della classe: tra le due insegnanti c’è un aggiornamento continuo sia sul fronte didattico sia su quello educativo. Esse hanno un flusso di informazioni continuo e bidirezionale su quanto accade in classe, nelle famiglie, tra i bambini. Vengono riferite situazioni di tensione in classe e situazioni di euforia; ci si aggiorna sui risultati scolastici e sui metodi più efficaci per raggiungerli. Si programmano le settimane dal punto di vista didattico ma anche educativo e relazionale, con particolare attenzione a ciò che accade nella biografia familiare dei bambini e alle interferenze che la vita familiare esercita su quella scolastica. C’è una verifica continua sull’efficacia dei metodi didattici ed educativi, e una forte capacità riflessiva sul proprio agire, anche coadiuvata dalla lunga esperienza di insegnamento. La cooperazione, come si evince da questi esempi, è strettamente correlata a capacità organizzative, che trovano poi la sponda nella dirigenza, da sempre molto attenta alle opportunità educative extrascolastiche, ritenute parte integrante del percorso di educazione, formazione e didattica degli alunni. La cooperazione che si è osservata nella classe è stata del tipo «collaborazione come coordinamento di pratiche che conduce i docenti ad assumersi le responsabilità condivise di una classe» secondo la tipologia proposta da Friend e Cook [2000] e da Perrenoud [1999]. Nel caso specifico la cooperazione all’interno della classe è anche positivamente condizionata dalla presenza della sociabilité enseignante [Tardif e Lessard 1999], costruita anche attraverso la stabilità del team docente lungo i cinque anni della primaria.
Le due insegnanti uniscono inoltre organizzazione con creatività ed energia, sebbene con stili educativi e didattici {p. 119}che presentano tratti personali. Ne sono un esempio le spiegazioni disciplinari in aula e le altre proposte formative. Per quanto riguarda le spiegazioni relative alle diverse materie, le insegnanti mescolano un metodo tradizionale (la tipica lezione frontale) con spunti creativi (stratagemmi per favorire gli apprendimenti e acquisire un metodo; usare i colori sui testi: «usiamo sempre un colore a nostra scelta per evidenziare le parole o i concetti che ricordiamo con più fatica»; usare associazioni di parole; rimandi tra materie: si può ripassare grammatica e arricchire il lessico anche facendo geometria: «si definiscono parallele due rette che non si incontrano mai; ma possiamo anche usare la parola parallelismo per riferirci alla figura retorica sintattica»). Nelle altre proposte formative (laboratori a scuola e fuori; esperienze didattiche; gite ed escursioni) le insegnanti sollecitano i bambini a connettere quanto già appreso con quanto si va sperimentando. Ciò accade durante una gita in montagna per ripassare la geografia, l’orografia, la flora e la fauna caratteristiche di un territorio; oppure durante un laboratorio sulla sostenibilità per ripassare i concetti di energia, ambiente, combustibili fossili. Sono altrettanto formative esperienze e attività apparentemente soltanto ludiche: ne sono un esempio le decorazioni di classe e in particolare quelle natalizie che vengono realizzate con materiali di scarto e recupero, sollecitando in tal modo sia una riflessione nei bambini sulle risorse naturali e l’inquinamento, sia stimolandoli ad avere una visione meno stereotipata degli oggetti e del loro impiego.
Che questo modo di fare didattica sia creativo è indubbio. Che ad esso sia correlata anche l’energia si evince dall’investimento che le docenti riversano sulla professione. L’energia delle due insegnanti trapela sia in aula durante le ore di lezione, sia nelle attività esterne (che hanno individuato, selezionato, progettato in prima persona). Creatività ed energia costituiscono inoltre una sorta di antidoto naturale contro lo stress. I fattori di stress in un ambiente fortemente deprivato e con innumerevoli criticità sono molti e ad elevato impatto: situazioni familiari complesse (per ragioni economiche; per ragioni di legalità; per ragioni legate a progetti migratori non definiti e in continua evoluzione, che {p. 120}hanno un impatto sulle biografie educative dei bambini), condizioni di salute (patologie infantili di difficile gestione e trattamento, rispetto alle quali le famiglie intervengono tardivamente o non adeguatamente, anche in ragione di scarsi mezzi culturali; criticità comportamentali esito di interferenze biografiche tra bambini e adulti), condizioni occupazionali degli adulti (situazioni di povertà e indisponibilità di reddito, o viceversa situazioni di iperaffollamento lavorativo per far fronte a bisogni di famiglie numerose), e infine condizioni strutturali (perdite di acqua nella scuola; mancanza di riscaldamento; carenze strutturali dell’edificio che rendono faticosa l’attività didattica). Le insegnanti si trovano a gestire tale complessità, che è al contempo una questione individuale che riguarda il singolo bambino (con la sua biografia e le sue esperienze) e una questione del gruppo classe su cui si riverberano le difficoltà individuali.
Un deficit in alcune competenze fin qui osservate (creatività ed energia in modo particolarmente evidente) si riscontra in particolare con riferimento all’insegnante di completamento (il completamento è previsto nei casi in cui la docente in ruolo abbia ore di distacco presso altre istituzioni e per altri incarichi, tipicamente per collaborazioni con le Università per i tirocini formativi del corso di studi di Scienze della formazione primaria). Buona la collaborazione con le altre insegnanti ma limitata capacità di organizzazione (che si traduce in una mera esecutività o adesione alle linee guida delle altre insegnanti). Fintanto che l’insegnante di completamento svolge attività didattiche in compresenza o in occasione di laboratori condotti da altri, essa svolge il suo ruolo. Ma quando è sola in aula e tocca a lei direttamente la gestione della classe, si manifestano alcune difficoltà: poca energia e poca capacità di motivare la classe, un approccio molto esecutivo e didattico di tipo frontale, poco margine a creatività e fantasia per sollecitare l’interesse dei bambini, poca capacità di tenere la disciplina ed essere autorevole. Certamente l’esperienza professionale svolge un ruolo, ma non si può escludere il ruolo del character della docente nei modi di strutturare l’interazione d’aula e la relazione educativa con i bambini. L’elemento sotto osservazione in {p. 121}questo caso è anche la capacità di riflettere criticamente sul proprio operato e modificarlo efficacemente: un aspetto che non sembra appartenere a questa insegnante.
Il modello della perseveranza (che scaturisce o quanto meno è strettamente connesso con un approccio organizzativo strutturato) costituisce la risposta a queste difficoltà. Le insegnanti avviano il percorso educativo e didattico con il primo anno della scuola primaria, creano le condizioni per lavorare bene insieme, tra docenti e con gli alunni, per i successivi cinque anni. Quindi competenze come organizzazione, cooperazione, energia, creatività sono sia osservabili come «eventi» in un momento del tempo, sia osservabili (o ricostruibili narrativamente) come «processi» nel loro farsi e disfarsi diacronico.

7. Conclusioni

In un territorio difficile e deprivato il posto della scuola è di particolare rilievo: essa può rappresentare simbolicamente uno strumento equitativo anche quando le condizioni di partenza sono svantaggiate, ma può anche costituire un’opportunità concreta di realizzare un’esperienza che è al contempo didattica, educativa e umana.
La classe osservata presenta in quest’ottica multidimensionale molti fattori di positività, sia nelle relazioni educative sia nelle interazioni tra pari (tra alunni e tra insegnanti). Il metodo didattico delle insegnanti, il clima di classe e il sistema normativo progressivamente acquisito e stabilizzato producono un ambiente idoneo alla cooperazione tra bambini, che diventa il vero punto di forza della classe. I punti maggiormente critici vanno ravvisati nella mancanza di autonomia dei bambini, e nella debole resistenza allo stress da parte dei singoli bambini in assenza del gruppo, una conseguenza questa anche del vissuto personale in contesti familiari con poche risorse e molti fattori di stress.
La qualità del corpo docente costituisce il perno attorno a cui ruota l’intera esperienza educativa: l’esperienza professionale unita a un ricco bagaglio di competenze influenza positivamente rendimenti, socialità, prospettive degli alunni, {p. 122}coerentemente con l’ipotesi che il buon insegnante fa la differenza nella sua classe.
Il rapporto tra le insegnanti è un ulteriore elemento di ricchezza: cooperativo anch’esso, con una forte attenzione per l’aspetto normativo che per certi versi può essere definito «vecchio stile» e poco incline all’innovazione ma altamente efficace nel contesto, sagomato ad arte su un gruppo di alunni che presentano innumerevoli fattori di criticità e che trovano nella scuola e nelle figure docenti un solido punto di riferimento educativo.
Note