Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c3
Le osservazioni hanno inoltre consegnato un altro elemento interessante: la competenza capacità a cooperare risulta essere particolarmente utile nelle occasioni di stress. È infatti in queste situazioni che la cooperazione diventa palesemente una risorsa. Le situazioni di stress osservate in aula riguardano principalmente tre ambiti: stress da prestazione, stress da carico emotivo extrascolastico, stress da conflitto con i pari. Nel primo caso i bambini sperimentano una situazione ansiogena di fronte a compiti in classe e verifiche, sia perché temono il giudizio delle insegnanti (espresso non tanto nel voto ma nella valutazione positiva o negativa dell’insegnante, cui deriva l’apprezzamento o la critica verso il proprio lavoro e il metodo di studio adottato), sia dei genitori (che pur non essendo particolarmente esigenti e presenti nella vita scolastica dei figli hanno comunque aspettative). La cooperazione con i pari, in termini di aiuto reciproco nello studio (talora anche previsto in aula in modo esplicito con affiancamenti) e confronto nel metodo riduce lo stress dei bambini e li pone in condizioni ottimali per affrontare test, interrogazioni e verifiche. Le situazioni di stress da carico emotivo sono riconducibili al profilo delle famiglie: fratrie affollate e sovraccarico di cura sugli adulti (le madri in particolare), con processi di delega ai figli maggiori rispetto ai minori (e nella classe osservata non sono rari i casi in cui
{p. 113}i bambini siano gravati da compiti di cura e responsabilità familiari); ma anche fragilità economica da cui esitano gravi conseguenze per i nuclei (perdita della casa, intervento dei Servizi, trasferimento in comunità alloggio) e anche per i bambini che mostrano in alcuni casi anche segni di regresso sia cognitivo, sia relazionale rispetto all’età e rispetto alla situazione antecedente all’evento spiazzante della biografia familiare. I bambini condividono il loro vissuto esperienziale con i pari e con le insegnanti, in quanto considerano la classe l’unico luogo rassicurante e non soggetto a mutamenti improvvisi. Infine, le situazioni di stress da conflitto tra pari: esse sono state rare all’interno della classe, proprio in ragione dell’elevata coesione del gruppo. Ma quando esse si sono verificate (in un’occasione durante l’attività sportiva tra squadre contrapposte; in un secondo caso in un’interazione in classe tra compagni, durante un laboratorio che simulava il confronto tra pari su un tema specifico), la propensione alla cooperazione ha neutralizzato o fortemente ridotto lo stress individuale.
La cooperazione favorisce anche la creatività. I bambini della classe presentano una spiccata fantasia e creatività, indotte dalla limitata disponibilità di beni materiali e oggetti in dotazione. I giochi sono inventati, creati, costruiti con oggetti qualsiasi, di uso comune in classe. Anche negli apprendimenti i bambini usano, incoraggiati in questo dalle insegnanti, piccoli stratagemmi per la memorizzazione, inventano il proprio modo di imparare, fanno frequentemente ricorso alle associazioni di idee in modo fantasioso, sanno trasferire nozioni e concetti da un ambito disciplinare all’altro. Prediligono apprendimenti mediante ragionamento e riflessione critica (altra compound skill) e sono stati socializzati a questo stile di insegnamento e conseguentemente di apprendimento. Dunque l’approccio standardizzato cede il passo a un approccio creativo e fantasioso, di volta in volta diverso e imprevedibile ma comunque rispondente a un obiettivo educativo. E la creatività dei bambini trova la sua migliore espressione nelle occasioni di cooperazione tra pari: è in queste situazioni che emergono le buone idee, con apprezzamento reciproco e rafforzamento dei legami dentro il gruppo.{p. 114}
Infine la socievolezza: i bambini della classe sono estroversi, sereni, accoglienti verso gli estranei, curiosi. Intrattengono buone relazioni tra loro e anche con i bambini di altre classi. È ottimo il rapporto con le insegnanti, i bambini ne hanno rispetto e provano affetto nei loro riguardi, si sentono compresi, sostenuti e protetti. Ma rispettano anche il ruolo dell’insegnante, la sua autorevolezza e competenza. La socievolezza si osserva sia in aula sia fuori dall’aula. In aula i bambini mostrano di avere una buona capacità di interazione con i compagni, senza interferenze di carattere, genere, origine etnica. Le insegnanti spostano spesso i bambini di posto all’interno della classe, alternano disposizioni dei banchi a coppie e con altre configurazioni spaziali. Gli spostamenti generano iniziale apprensione ma non si traducono in particolari stress e il tempo di adattamento alla nuova configurazione è rapido. Per lo più si tratta di rimostranze dovute al bisogno di adattamento che scaturisce dal cambio di vicino di banco che spesso è l’amico/a del cuore. Con i vicini di banco o con i compagni con cui si divide un’isola di lavoro i rapporti sono mediamente sereni e cooperativi. Anche nei momenti di intervallo i bambini evidenziano una propensione alla socievolezza con gruppi di gioco preferenziali ma senza difficoltà a mutarne la composizione. Sono anche inclusivi nei confronti dei compagni con maggiore difficoltà e utilizzano la creatività per favorire la partecipazione di tutti.
Nei confronti degli estranei i bambini mostrano di possedere buone competenze sociali e relazionali. In particolare conoscono e rispettano il rituale dell’interazione proprio della loro età e delle situazioni che sperimentano, si comportano in modo appropriato. In presenza di soggetti esterni alla classe e alla scuola (gli esperti dei laboratori, i ricercatori, i docenti supplenti, ecc.) i bambini sanno modulare in modo appropriato la socievolezza, lungo una scala che spazia dalla confidenza all’estraneità. Prediligono una socialità di gruppo, ossia il contatto con gli «altri» avviene preferenzialmente attraverso l’intero gruppo classe o micro-gruppi.{p. 115}

6. Le competenze degli insegnanti

Nella classe sottoposta a osservazione sono presenti due insegnanti, che si suddividono le discipline. Non è presente l’insegnante di sostegno. È presente una giovanissima insegnante neolaureata che svolge la funzione di «completamento» rispetto a una delle due insegnanti di ruolo che svolge anche un incarico di collaborazione accademica. Alcune caratteristiche delle insegnanti e relative al loro coinvolgimento nella ricerca (attivo per una; subito per l’altra) sono già state illustrate nelle pagine che precedono. In questo paragrafo entriamo nel merito delle competenze socio-emotive delle insegnanti.
L’osservazione partecipante in aula si è articolata, nell’interazione con le insegnanti, in tre fasi successive: un primo momento di ambientazione, un secondo momento di apertura, un ultimo momento di normalizzazione. Possiamo riassumere le tre fasi nel modo seguente: la classe per come dovrebbe essere, la classe per come potrebbe essere, la classe per come è nella realtà.
Nella prima fase infatti l’ingresso della ricercatrice nel contesto classe ha attivato schemi di azione protettivi da parte delle insegnanti, non tanto verso i bambini, quanto verso se stesse e l’immagine sociale che avrebbero potuto consegnare a un osservatore esterno al contesto classe. In questa fase le insegnanti si sono presentate in modo molto diverso: una è entrata immediatamente in empatia e ha manifestato collaborazione e sincero interesse per l’indagine, dalla quale peraltro non si sentiva minacciata nel proprio ruolo professionale; l’altra invece ha attuato strategie di fuga e meccanismi difensivi, nonché sistematici diversivi per distogliere l’attenzione della ricercatrice da sé. Questa reazione ha evidenziato fin da subito una frattura esistente all’interno della coppia docente anche se la relazione educativa tra insegnanti e alunni sembrava funzionare comunque bene. Questa fase di avvio può essere classificata come «la dimensione ideale della classe», che riassume in sé tutti gli aspetti positivi della classe, tacendo le criticità, camuffando le difficoltà. Da parte dell’insegnante maggiormente collabo{p. 116}rativa non si sono peraltro attivate azioni di offuscamento della realtà e nemmeno di abbellimento. La sicurezza del proprio ruolo professionale e il possesso di alcune competenze socio-emotive, come si evidenzierà oltre, non hanno richiesto una «ridefinizione della situazione». Viceversa, per l’altra insegnante, l’interazione con la ricercatrice ha assunto da subito un tratto «artificiale», quasi una recita di un ruolo all’interno di un palcoscenico, a voler dimostrare e confermare il proprio valore di insegnante.
Nella seconda fase è iniziata la costruzione della relazione fiduciaria con la ricercatrice: si è lentamente compreso, da parte di entrambe le docenti, che l’obiettivo della ricerca non era la valutazione delle insegnanti ma l’osservazione delle interazioni e delle pratiche educative. L’interazione in aula ha iniziato a lasciar intravedere le caratteristiche reali della classe e della relazione tra docenti. Una parte della resistenza di una delle docenti non è scomparsa, ma si è mantenuta in forma attenuata; anche la seconda insegnante accetta l’osservazione in compresenza ma si sottrae a quella durante le lezioni in cui è unica insegnante di classe. Possiamo ipotizzare che la relazione fiduciaria con questa insegnante avrebbe avuto bisogno di un tempo più lungo e di occasioni ripetute di prossimità con la ricercatrice. I reiterati tentativi di aggancio e di costruzione di una relazione significativa e non meramente formale hanno prodotto solo in parte il risultato sperato. Si ritiene comunque che l’obiettivo conoscitivo sia stato ugualmente raggiunto e che anzi questa frattura nella coppia docente abbia costituito un risultato di ricerca di interesse.
Nell’ultima fase è emerso in modo chiaro il tipo di relazione tra docenti e le peculiarità individuali: un comune piano educativo, realizzato con metodi diversi, ma comunque rivolto all’inclusione, alla motivazione, allo sviluppo di un metodo di studio tra i bambini; un approccio didattico condiviso, declinato diversamente per le discipline di competenza ma con forti interdipendenze tra parti di programma; un sistema di valutazione concordato e accuratamente modulato sulle caratteristiche dei bambini e quindi molto più complesso e ricco rispetto alla sola espressione di un voto. Ne consegue {p. 117}che le docenti agiscono in modo cooperativo, si rinforzano a vicenda nel messaggio educativo, mostrano una coerenza nella gestione della classe e negli interventi didattici.
Entrando ora nel merito delle competenze delle insegnanti, coerentemente con quanto evidenziato poc’anzi, organizzazione e cooperazione costituiscono quelle maggiormente sviluppate nel team docente. L’organizzazione prende forma sia nelle ore individuali in aula sia nella compresenza, sia nella scelta dei laboratori e delle altre esperienze formative. Le due docenti concordano programmi, durante le spiegazioni di una disciplina rimandano alle altre, costruiscono nel corso dell’anno un «piano didattico» che supera ampiamente il curriculum. In ragione del profilo degli alunni, di origine sociale umile e con una percentuale elevata di stranieri nel gruppo classe, le insegnanti costruiscono una sorta di «piano didattico personalizzato di classe», in cui convergono le lezioni frontali, le uscite, i laboratori, i lavori di gruppo. I bambini, a cui le famiglie possono concedere pochi stimoli culturali (per ragioni economiche, di tempo, culturali a loro volta), necessitano di esperienze anche esterne alla scuola. Le insegnanti si prodigano per cogliere ogni opportunità del territorio: visite museali, laboratori in biblioteca e convenzioni per il prestito dei libri, gite. Il requisito indispensabile affinché tali attività siano incluse nell’offerta formativa è che esse siano gratuite, onde consentirne la fruizione da parte di tutti gli alunni.
L’organizzazione è anche il tratto distintivo della vita in aula: le attività didattiche sono calendarizzate e perfettamente rispettate; vi sono interventi didattici talora differenziati in base a capacità e competenze raggiunte dai bambini (a tal fine le insegnanti spesso dividono la classe in due gruppi durante le loro ore di compresenza, per consentire il consolidamento di alcune parti di programma per alcuni ed evitare l’eccessivo ritardo da parte di altri attraverso interventi di riallineamento); i bambini vengono educati al rispetto delle regole, vigenti sia in aula, sia nella scuola, sia fuori dalla scuola (si alza la mano per parlare, si sta in fila per bagno e mensa, si sta composti nel banco, si sta ordinati e attenti quando si è per strada, ecc.); il gruppo classe è organizzato secondo una rigorosa divisione di
{p. 118}compiti assegnati su base mensile, come già indicato nelle pagine precedenti. L’organizzazione all’interno della classe è ampiamente indipendente dall’organizzazione dell’istituto ed è del tutto ideata e gestita dalle insegnanti.
Note