Umberto Romagnoli
Contrattazione e partecipazione
DOI: 10.1401/9788815374950/c8

8. Posizione e sfera di competenza dei comitati di consultazione mista

L’analisi dell’esperienza rivela come, di fronte a questo aspetto del problema, l’atteggiamento di fondo sia pericolosamente indeciso e, quindi, contraddittorio.
Si comincia col riconoscere «l’opportunità di non procedere a definizioni e limitazioni troppo rigide» della competenza dei comitati di CM, «lasciando alla prova dei fatti la dimostrazione di quali saranno gli argomenti da sottoporre a discussione» [1]
, ma si finisce ben presto col rilevare che ‒ nonostante la «concordata opportunità di non discutere i problemi chiaramente di competenza della Cl» [2]
‒ «le maggiori difficoltà... a portare avanti la CM ... sono date dalla continua preoccupazione che la CM non abbia a sovrapporsi alla competenza di altri organismi» [3]
. La preoccupazione non è infondata. Il comitato consultivo di R. si occupa ripetutamente: della mensa aziendale del turno di notte [4]
, orario di lavoro [5]
, spostamenti del personale [6]
, programmazione dell’addestramento di neo-assunti o training in the job [7]
, regolamento interno [8]
, ambienti di lavoro [9]
, mansionari [10]
, ferie [11]
; ripetutamente, il comitato consultivo della sede si occupa delle procedure applicabili per attuare il merit rating del{p. 88} personale [12]
. Problemi, come si vede, che rientrano «chiaramente» nella competenza della Cl; problemi, la cui soluzione non di rado richiederebbe addirittura l’intervento del sindacato. Ora, se si considera che tra comitato di CM e Cl non può aversi una coesistenza pacifica poiché in comitato la CGIL non è rappresentata a differenza che in Cl; che il gentlements agreement di non sottrarre materie alla competenza della Cl in sostanza intercede soltanto tra direzione e comitato ed è fondato su ragioni di mera «opportunità» che direzione e comitato sono liberi di rivedere consensualmente; che quei problemi sono sottoposti all’esame del comitato per lo più su iniziativa della direzione, parrebbe di dover concludere che nelle intenzioni di questa (e dei sindacati firmatari) il comitato di CM è destinato a ridurre il margine di intervento della CI. Ma poi la direzione non agisce con fermezza perché non riconosce carattere vincolante alle soluzioni elaborate in sede di CM e continua a trattare gli stessi problemi con la CI: in ogni caso, svalutando di fronte ai lavoratori l’opera del comitato il quale, infatti, non riesce a strappare la leadership operaia alla CI.
In altri termini, si ha la netta impressione che, fin dall’inizio, i comitati di CM siano stati gettati «allo sbaraglio» in una lotta che doveva vederli inevitabilmente soccombere perché non possedevano la forza per sopravvivere. Eppure, bisogna aggiungere, fortunatamente nessuno era disposto a concedergliela: non la linea gerarchica, non la CI, non i sindacati firmatari, per motivi ovviamente diversi, ma convergenti. «Fortunatamente», ho detto, perché in questa maniera si è sventato il pericolo, oggettivamente presente, di dar vita ad un fenomeno di sindacalismo aziendale di comodo, col favore della confusione, concettuale e pratica, tra consultazione e contrattazione.
La verità è che gli organi di CM a livello di stabilimento agiscono in questa singolare situazione. Sono inseriti di fatto nella gerarchia d’autorità aziendale (tanto è{p. 89} vero che si teme nasca il sospetto che «i rappresentanti del personale si siano legati al carro della direzione» [13]
o, secondo una opposta valutazione, si rileva che «in Bassetti i dipendenti hanno cominciato ad intaccare la zona della partecipazione alle decisioni» e quindi si afferma con compiacimento che «una certa corresponsabilità in alcune scelte si è già in parte verificata» [14]
), ma si nega che le soluzioni da essi indicate abbiano carattere decisionale, cioè siano immediatamente vincolanti per la linea [15]
. Si ammette ‒ da parte della direzione ‒ che i comitati di CM svolgono di fatto un’attività contrattuale o precontrattuale (tant’è vero che si ritiene di poter rimproverare alla CISL e alla UIL di «accettare di rimettere in discussione le conclusioni raggiunte in quella sede», proprio «per evitare di trattare lo stesso argomento due volte» [16]
) o quanto meno ‒ da parte dei sindacati ‒ si assegna ai comitati di CM la funzione di allargare l’area contrattuale (in quanto entrano nel merito di problemi aziendali estranei alla «competenza delle organizzazioni sindacali o della CI» [17]
), ma si nega che gli stessi possano esercitare legittimamente il ruolo di agente contrattuale in fabbrica [18]
.
Ciò significa che organismi creati per la moderazione dei conflitti diventano di fatto causa di nuovi conflitti, nella misura in cui aprono e contemporaneamente bloccano un canale di espressione degli interessi dei lavoratori e dell’azienda.
Si afferma che l’azione dei comitati «ha un significato che va molto al di là dei muri della Bassetti per avere un posto ben preciso nella realtà nazionale» [19]
, ma {p. 90}si riconosce che anche la direzione del personale «non ha certo fornito tutta quella spinta e quell’apporto che avrebbe potuto» [20]
né i sindacati si sono battuti per ottenerne il sostegno né l’accordo del ’58 ha provocato un apprezzabile effetto-imitazione nell’area, pur limitata, dello stesso settore tessile nella provincia di Milano [21]
.
Il che significa, da un lato, disorientare o disincentivare i rappresentanti del personale nella misura in cui «si sentono» isolati e, dall’altro, privare i comitati della necessaria volontà di imporsi come organo di controllo dei capi, i quali sono lasciati liberi di credere che la CM corrisponda soltanto ad «un singolare punto di vista del Direttore generale» [22]
.
Note
[1] Verbale della riunione di insediamento del 16 novembre 1960 - SC dello stabilimento di R.
[2] Verbale cit. alla nota precedente.
[3] Verbale della riunione del 20 dicembre 1961 - SC dello stabi­limento di R.
[4] Verbale della riunione del 22 settembre 1961.
[5] Verbale della riunione del 3 luglio 1962.
[6] Verbali delle riunioni del 19 settembre 1962 e 17 ottobre 1962.
[7] Verbale della riunione del 30 maggio 1963.
[8] Verbale della riunione del 17 luglio 1963.
[9] Verbali delle riunioni dell’8 maggio 1965 e 22 ottobre 1965.
[10] Verbale della riunione dell’8 maggio 1965.
[11] Verbale della riunione del 13 luglio 1967.
[12] Verbali nn. 27-28 del 1961 e della riunione del 1° marzo 1964.
[13] Verbale della seduta del 25 novembre 1958.
[14] Intervento di Bassetti nella riunione del CA del 23 giugno 1961.
[15] Intervento di Bassetti nelle riunioni del CA del 20 gennaio 1962 e del 9 marzo 1963.
[16] Verbale della riunione del CA del 20 dicembre 1965.
[17] Verbale del SC dello stabilimento di R. del 22 ottobre 1965.
[18] Interventi di rappresentanti dei sindacati e del personale nella riunione del CA del 9 marzo 1963.
[19] V. la relazione tenuta dal DdP il 6 aprile 1966 in occasione della riunione plenaria dei dipendenti della sede e, in precedenza, l’inter­vento dello stesso nella discussione del CD del 10 dicembre 1962 e di Bassetti nella riunione del CA del 23 giugno 1961.
[20] Così, la relazione del 6 aprile 1966, cit.
[21] Si conoscono due soli esempi di accordi aziendali istitutivi di un sistema di CM analogo a quello operante in Bassetti. Sottoscritti agli inizi degli anni ’60, essi hanno ricevuto ‒ secondo il giudizio espresso dai sindacati stipulanti ‒ un’attuazione pratica di scarso o nessun rilievo.
[22] Verbale del SC della sede del 9 maggio 1961.