Edoardo Chiti, Alberto di Martino, Gianluigi Palombella (a cura di)
L'era dell'interlegalità
DOI: 10.1401/9788815370334/c16

Dall’armonizzazione all’interlegalità: la tutela dell’utente finale nella disciplina europea del diritto d’autore

Notizie Autori
Giulia Priora è ricercatrice di Diritto privato, Nova School of Law, Lisbona.
Abstract
Altro ambito giuridico in cui l’interlegalità mostra grandi potenzialità risolutive è quello inerente al diritto di proprietà intellettuale, profondamente mutato nella sua configurazione interna e nella sua dimensione definitoria, disciplinare, dottrinale e di rilevanza nel dibattito pubblico a causa soprattutto delle nuove tecnologie e delle nuove piattaforme di condivisione dei contenuti, le quali hanno dato origine ad un nuovo regime monopolistico transnazionale che necessita di nuove policies e di nuove vie interpretative. Si analizzano qui i modi con cui il diritto d’autore europeo si relaziona ai suoi obbiettivi e alla matrice normativa relativa alla tutela dell’utente finale, utilizzando inoltre il concetto di interlegalità per descrivere le dinamiche relazionali della disciplina con il contesto digitale.

1. Introduzione

L’epoca storica contemporanea è profondamente caratterizzata dall’avvento delle tecnologie digitali e della «società della rete» [1]
. Internet, al pari di poche altre invenzioni del passato, ha rivoluzionato relazioni ed attività quotidiane, cambiandone infrastrutture e prassi e sfidandone il tessuto normativo e la dogmatica giuridica. Il diritto alla proprietà intellettuale ne è un esempio eclatante: la disciplina non solo ha subito un impatto notevole sul piano dell’enforcement dei diritti concessi ad inventori, autori, titolari di marchi, segreti commerciali e diritti connessi, bensì ha dovuto mettere in discussione un crescente numero di definizioni, principi e limiti propri dei tradizionali paradigmi giuridici a tutela delle opere dell’ingegno e dell’intelletto [2]
. In particolare, il diritto d’autore sta vivendo una stagione assai prospera in quanto a riforme legislative, evoluzioni giurisprudenziali e sviluppi nel dibattito pubblico e dottrinale. Il processo di standardizzazione della tutela autoriale sul piano internazionale, iniziato a fine Ottocento, ha prodotto risultati encomiabili, tracciando un quadro normativo di riferimento, che guarda, tuttavia, solo in parte al fenomeno {p. 442}digitale [3]
. Più recentemente, il progetto di armonizzazione dei diritti d’autore nazionali a livello europeo ha sposato l’intento di modernizzare la disciplina per renderla più adatta alla realtà ed ai bisogni del mondo online [4]
. Dal 2009 – anno di svolta simbolica nell’agenda politica del diritto d’autore europeo [5]
– ad oggi, l’adozione di svariate Direttive, Regolamenti e Comunicazioni da parte della Commissione europea ha posto la questione digitale inequivocabilmente al centro della regolamentazione di contenuti creativi e opere culturali nell’Unione europea (UE) [6]
.
Al contempo, Internet si è radicato nelle nostre vite, creando un nuovo spazio di interazione tra individui, non senza un proprio corredo normativo. La rilevanza giuridica delle sue regole di funzionamento è racchiusa nella celebre {p. 443}espressione «code is law» [7]
, a cui l’ambito della produzione e fruizione di contenuti creativi non fa eccezione. Basti osservare il funzionamento di popolari piattaforme di condivisione contenuti, quali YouTube, Facebook ed Instagram, o di noti servizi di intrattenimento, quali Spotify e Netflix, per constatare come Internet abbia posto in essere un regime normativo nuovo e transnazionale, caratterizzato da meccanismi di regolazione privata e tecnologica che governano la distribuzione di privilegi di accesso, contenuti e proventi [8]
. In altre parole, la tecnologia digitale non ha influito solo sulla rapidità, qualità e vastità degli scambi, bensì anche sui veri e propri esercizio e gestione dei diritti d’autore, sviluppando modalità di lock-up o blocco tecnologico dei contenuti [9]
, possibilità di raggiro di tali costrizioni sotto l’egida della cultura della «pirateria» digitale e prassi di licenza inedite che riguardano sia la tutela dei contenuti stessi [10]
, sia la {p. 444}possibilità di condivisione libera e di rinuncia dei diritti di esclusiva [11]
. Così facendo, Internet ha profondamente «scosso» la disciplina autoriale, mettendone in luce problematiche di vecchia data – dalla territorialità dei diritti di esclusiva, alla loro eccessiva durata, alla difficoltà di rintracciarne i titolari –, e svelandone la natura di sintomi riconducibili ad una path dependence che rende l’intento di difendere l’autore a spada tratta spesso vetusto o impraticabile [12]
.
Alla luce di ciò, l’intenzione del legislatore comunitario di modernizzare il diritto d’autore e renderlo adatto alle nuove esigenze nel mondo digitale si scontra oggi con la difficoltà nel trovare policies e vie interpretative capaci di riflettere la duplice matrice di norme legislative e regole tecnologiche. Tale ostacolo è particolarmente visibile se si guarda al cuore della disciplina, ossia al trade-off tra i diritti di esclusiva dell’autore e il «diritto di accesso» dell’utente finale [13]
. Come illustrato nell’analisi che segue, entrambe le categorie di soggetti sono tutelate dai plurimi obiettivi che l’istituto giuridico si propone di perseguire e, per questo motivo, esso si è consolidato nei secoli eleggendo a suo punto di equilibrio la natura limitata dei diritti di esclusiva concessi in via originaria ad autori e titolari di diritti connessi. Si sono così delineati i due limiti fondamentali della tutela autoriale, ossia la sua durata predefinita e le eccezioni e limitazioni che fungono da contorni al suo ambito {p. 445}di applicazione [14]
. Tuttavia, tali costrizioni strutturali sono andate via via vacillando, generalmente a sfavore dell’utente finale. Dal punto di vista legislativo, l’evoluzione delle normative in materia ha visto una progressiva estensione della durata dei diritti di esclusiva [15]
, un’interpretazione espansiva del loro oggetto e ambito di applicazione [16]
ed il riconoscimento di nuovi titolari di diritti connessi [17]
. Anche dal punto di vista tecnologico l’equilibrio tende ad essere viziato a favore degli autori o presunti tali [18]
: termini e condizioni di utilizzo di servizi e piattaforme digitali svelano approcci iper-protezionistici [19]
, la condanna della pirateria
{p. 446}online assume sempre più spesso toni rigidi evocando condotte immorali e un vero e proprio stigma sociale ed, infine, l’utilizzo di meccanismi di lock-up ha ampliato in maniera non trascurabile il raggio di azione delle prerogative proprietaristiche, sdoganando un’idea di enforcement tecnologico che non sembra lasciare sufficiente spazio alle eccezioni e limitazioni della tutela autoriale [20]
.
Note
[1] M. Castells, The Rise of the Network Society, Oxford, Blackwell, 2010.
[2] Cfr. tra tutti le analisi ad ampio respiro di G. Ghidini, Rethinking Intellectual Property: Balancing Conflicts of Interest in the Constitutional Paradigm, Cheltenham, Edward Elgar, 2018; C. Geiger, Constructing European Intellectual Property: Achievements and New Perspectives, Cheltenham, Edward Elgar, 2013; N. Lucchi, Digital Media and Intellectual Property: Management of Rights and Consumer Protection in a Comparative Analysis, Berlin, Springer, 2006.
[3] L’unico trattato di diritto internazionale a guardare specificatamente al diritto d’autore in ambiente digitale è il World Intellectual Property Organisation (WIPO) Copyright Treaty (WCT), 1996.
[4] Sulla modernizzazione del diritto d’autore e l’emergere di standard regolatori di stampo europeo, si veda tra tutti B.P. Hugenholtz, Is Harmonization a Good Thing? The Case of the Copyright Acquis, in A. Ohly e J. Pila (a cura di), The Europeanization of Intellectual Property Law: Towards a European Legal Methodology, Oxford, Oxford University Press, 2013, pp. 57 ss., 65.
[5] Il biennio 2009/2010 è generalmente considerato uno spartiacque sia nell’analisi delle politiche programmatiche, sia nello studio della giurisprudenza del diritto d’autore europeo. Cfr. a tal proposito S. Dusollier, The 2019 Directive on Copyright in the Digital Single Market: Some Progress, a Few Bad Choices, and an Overall Failed Ambition, in «Common Market Law Review», 57, 2020, pp. 979 ss., 983. Tra i documenti più significativi, si veda Commissione europea, Copyright in the Knowledge Economy, COM(2009)532 final; Commissione europea, A Digital Agenda for Europe, COM(2010)245 final/2.
[6] In particolare, si fa riferimento a: Direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 su taluni utilizzi consentiti di opere orfane (Direttiva opere orfane); Regolamento (UE) 2017/1128 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla portabilità transfrontaliera di servizi di contenuti online nel mercato interno; Direttiva (UE) 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (Direttiva DSM); Commissione europea, A Digital Agenda for Europe, cit.; Commissione europea, Towards a more modern, more European copyright framework, COM(2015)626 final.
[7] L. Lessig, Code and Other Laws of Cyberspace, New York, Basic Books, 1999; L. Lessig, Code Is Law. On Liberty in Cyberspace, in «Harvard Magazine», 1o gennaio 2000.
[8] Cfr. l’accurata analisi della triplice risposta normativa alla sfida digitale per via legislativa, contrattuale e tecnologica proposta da M. Ricolfi, Intellectual Property Rights and Legal Order, in «Global Jurist», 2, 2002, Article 3. Sul punto si veda altresì Lucchi, Digital Media and Intellectual Property, cit., p. 2 («Owners of the old technology, transnational corporation and policy makers have privatized the access to digital content using a combination of technological and contractual instruments. When both remedies work together any rights that a consumer may have under copyright law could be replaced by a unilaterally defined contractual term and condition»).
[9] L’avvento di meccanismi quali le technological protection measures (TPM) e i digital rights management systems (DRM) hanno portato la dottrina del decennio scorso a domandarsi se il diritto d’autore tradizionale sarebbe sopravvissuto all’era digitale. Cfr. tra tutti M. Myška, The True Story of DRM, in «Masaryk University Journal of Law and Technology», 2, 2009, pp. 267-278.
[10] Cfr. B.J. Jütte, Coexisting Digital Exploitation for Creative Content and the Private Use Exception, in «International Journal of Law and Information Technology», 2015, pp.1 ss.; L. Pascault, B.J. Jütte, G. Noto La Diega e G. Priora, Copyright and Remote Teaching in the Time of Coronavirus: A Study of Contractual Terms and Conditions of Selected Online Services, in «European Intellectual Property Review», 42, 2020, pp. 548 ss.
[11] Tra le più note, le licenze Open Access e Creative Commons. Cfr. S. Dusollier, Sharing Access to Intellectual Property Through Private Ordering, in «Chicago-Kent Law Review», 82, 2007, pp. 1391 ss.
[12] In linea con K. Gracz e P. De Filippi, Regulatory Failure of Copyright Law Through the Lenses of Autopoietic Systems Theory, in «International Journal of Law and Information Technology», 2014, pp. 1 ss., in cui si dimostra il ruolo cruciale della tecnologia come stimolo dell’evoluzione normativa in prospettiva storica ed autopoietica.
[13] Seppur le normative vigenti in UE non contengano riferimenti al «diritto di accesso» né ai «diritti dell’utente», tali accezioni sono note in dottrina per il loro valore descrittivo ed epistemologico. Cfr. tra tutti Z. Efroni, Access-Right: The Future of Digital Copyright Law, Oxford, Oxford University Press, 2011; M. Borghi, Exceptions as Users’ Rights in EU Copyright Law, CIPPM Jean Monnet Working Papers 06-2020, 2020.
[14] Si può constatare che il riconoscimento della durata e portata limitata del diritto d’autore siano momenti «costituenti» di tale istituto giuridico. A tal proposito si veda M. Borghi, A Venetian Experiment on Perpetual Copyright, in R. Deazley, M. Kretschmer e L. Bently (a cura di), Privilege and Property: Essays on the History of Copyright, Cambridge, Open Book, 2010; Ghidini, Rethinking Intellectual Property, cit., pp. 177 ss.
[15] Durata armonizzata dall’art. 7 della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche del 1886 ad un minimo di cinquanta anni post mortem auctoris (p.m.a.) e, in UE, a settanta anni p.m.a., un lasso di tempo considerato da taluni «equivalente di fatto ad una durata perpetua» (V.L. Zemer, The Idea of Authorship in Copyright, Farnham, Ashgate, 2007, p. 224). Cfr. J. Boyle, The Public Domain: Enclosing the Commons of the Mind, London, Yale University Press, 2008, p. 11; D.R. Desai, The Life and Death of Copyright, in «Winsconsin Law Review», 2, 2011, pp. 219 ss.
[16] A seconda dell’enfasi posta sulla dimostrata capacità del diritto d’autore ad adattarsi alle nuove tecnologie o al problematico crescente rischio di abuso del diritto, tale tendenza viene descritta come un «second strand of protection» o, piuttosto, come un processo di vero e proprio «enclosure» o financo di «persistent hegemony of the exclusionary model». Cfr. rispettivamente Ricolfi, Intellectual Property Rights and Legal Order, cit.; J. Boyle, The Second Enclosure Movement and the Construction of the Public Domain, in «Law and Contemporary Problems», 66, 2003, pp. 33 ss.; Ghidini, Rethinking Intellectual Property, cit., p. 219.
[17] Quali artisti interpreti ed esecutori, produttori fonografici e costitutori di banche dati e programmi per computer. Cfr. Ghidini, Rethinking Intellectual Property, cit., pp. 188 ss.
[18] «The delicate balance of copyright is tilted; and is tilted in favor of holders and to the detriment of users» (Ricolfi, Intellectual Property Rights and Legal Order, cit.).
[19] «Generally, use of private ordering mechanisms has been a way to expand the monopoly granted by the law and to constrain or prevent the free use of resources by the public» (Dusollier, Sharing Access to Intellectual Property Through Private Ordering, cit. p. 1393); «What are the terms or conditions which are accepted under a click-wrap license? (…) You accept that you cannot re-sell or even lend for free the accessed material. Therefore you give up the benefits conferred on you by the first sale doctrine. That you give up also any fair use defence you may have: you can neither reuse it in whole or in part, not even for the purpose of teaching nor you may quote from it, even for the purpose of discussion and criticism. The prohibition concerns protected as well as unprotected material and therefore concerns not only the form of representation of the work but its contents; it extends to the facts, to the ideas» (Ricolfi, Intellectual Property Rights and Legal Order, cit.).
[20] Cfr. S. Dusollier, Technology as an Imperative for Regulating Copyright: From the Public Exploitation to the Private Use of the Work, in «European Intellectual Property Review», 27, 2005, pp. 201 ss.; N. Elkin-Koren e M. Perel, Accountability in Algorithmic Copyright Enforcement, in «Stanford Technology Law Review», 19, 2016, pp. 473 ss.