Andrea M. Maccarini (a cura di)
L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c9

Capitolo nono Conclusioni

Notizie Autori
Andrea M. Maccarini insegna Sociologia nell’Università di Padova. È autore, tra l’altro, di Deep Change and Emergent Structures in Global Society (2019) e di Lezioni di sociologia dell’educazione (2003).
La ricerca ha prodotto un insieme di dati che, oltre alle prime interpretazioni che abbiamo esposto lungo i vari capitoli del presente volume, può alimentare ulteriori approfondimenti in molteplici direzioni. Non intendiamo qui riprendere analiticamente tutti gli esiti e le conclusioni che si possono trarre dall’indagine, ma solo schematizzarne i messaggi principali.
Ricordiamo anzitutto che non abbiamo studiato dei programmi di SEL espliciti e mirati, ma abbiamo cercato dei predittori dello sviluppo di tali competenze nelle caratteristiche socio-demografiche dei bambini, in alcuni aspetti del loro benessere, soprattutto relazionale, e in alcuni elementi della loro vita scolastica. Abbiamo, soprattutto, studiato il clima educativo delle scuole, per comprendere meglio alcuni significati che le variabili precedenti potrebbero assumere e quali caratteristiche dell’esperienza scolastica siano connesse allo sviluppo delle SES.
In primo luogo, abbiamo visto che i livelli di SES misurati attraverso test di autovalutazione non sono cambiati sostanzialmente tra l’inizio e la fine dell’anno scolastico considerato (2019-2020). Questo può sembrare un risultato sconfortante, ma è in realtà abbastanza frequente nelle indagini di questo genere. L’autostima e la consapevolezza di sé che compaiono nelle autodichiarazioni degli alunni sono indicatori importanti, ma naturalmente non unici ed esclusivi della loro maturazione caratteriale e socio-emotiva. Le SES andrebbero colte (anche) a livello dei comportamenti e in vari contesti della vita, non nella scuola soltanto. Questo limite può essere superato soltanto attraverso ricerche longitudinali e che attingano a diverse fonti di dati, riguardanti {p. 298}molteplici sfere di vita: dal lavoro alla vita di coppia, dalla salute e dal benessere psico-fisico all’impegno civile o a vari impegni al valore. I self-report rimangono, comunque, un dato importante che riguarda la percezione di sé e il processo di apprendimento delle SES. Da questo punto di vista, gli alunni delle scuole che abbiamo studiato non percepiscono in sé una crescita socio-emozionale o caratteriale nel corso dell’anno scolastico in questione. La stanchezza della fine anno, questa volta sommata alle difficoltà particolari della situazione epidemica e di ciò che ha portato nella vita di tutti, è un’ipotesi di spiegazione.
È stato comunque possibile individuare quali variabili abbiano manifestato maggiore peso nell’emergere delle SES. Lasciando il discorso specifico per ciascuna SES considerata, osserviamo in linea generale che lo stimolo alla perseveranza, alla creatività, alla socievolezza non viene da un ambiente scolastico fortemente competitivo e orientato alla prestazione, né peraltro da stili educativi fortemente protettivi e «materni» da parte delle insegnanti. Esso si radica piuttosto in un generale senso di sicurezza e positività della trama di relazioni che costituisce la comunità scolastica, tra i pari e con il mondo adulto. Non va trascurata l’enfasi sul senso di giustizia – la percezione di essere trattati con giustizia dai propri insegnanti – e sulla sensazione di essere oggetto dell’attenzione (benevola, va da sé) degli insegnanti stessi. Com’era prevedibile, le relazioni intense e positive con i genitori appaiono altrettanto importanti, come anche l’integrazione nella comunità territoriale che si esprime in attività esterne alla scuola. Ma è importante sottolineare come la scuola manifesti effetti specifici propri, appunto nel senso che abbiamo ora illustrato. Sicurezza, giustizia e attenzione personale sono richieste all’ambiente scolastico in modo peculiare, come primi esperimenti di un contesto di vita extrafamiliare in cui poter riporre la propria fiducia.
Più analiticamente e con riferimento alle pratiche e agli stili degli insegnanti, gli esiti principali possono riassumersi nei punti seguenti:
i) si è dimostrato rilevante il valore dato dagli insegnanti all’istruzione, in particolare se si privilegia la crescita della {p. 299}persona a partire dalle sue vocazioni personali, dai suoi interessi e bisogni formativi rispetto alla mera prestazione scolastica;
ii) è importante il tipo di relazione che intercorre tra i docenti, a seconda che essa si basi su una cooperazione sostanziale o, invece, prevalgano forme di antagonismo nell’interazione tra colleghi;
iii) ancora, conta lo stile educativo, che può ispirarsi maggiormente a criteri di ascolto, accompagnamento, interazione partecipata e mediazione comunicativa, oppure caratterizzarsi come autoritario, o ancora sovraccaricare la dimensione affettiva della relazione educativa. Lo stile correlato a più elevati livelli di SES negli alunni non è né individualista e competitivo, né protettivo e materno, ma autorevole e «pattizio»: implica un clima relazionale positivo, fiducia e personalizzazione delle relazioni educative;
iv) infine, incidono le modalità di gestione del conflitto tra pari – eque e tese a «riparare» le relazioni danneggiate – da parte degli insegnanti.
Per quanto riguarda gli ambienti scolastici, da tutto ciò che abbiamo osservato deriva che la loro valenza educativa può essere colta riferendosi alle dimensioni seguenti:
a) distintività. Il processo formativo caratteriale può avvenire meglio se un istituto scolastico è dotato di un’autonoma identità e non si comporta come un’unità esecutiva o un’entità burocratica. La distintività è un tratto molto importante, che può emergere dalla presenza di agenti di cambiamento, dirigenti e/o docenti dotati di capacità imprenditive, e da relazioni sensate con famiglie e comunità del territorio;
b) sistematicità vs. approccio additivo. L’evidenza empirica mostra che l’accumulazione di progetti, programmi ed esperienze di varia natura e con vari obiettivi è inefficace, se non fa parte di un progetto sistematico, organico e coordinato;
c) cultura scolastica complessiva. La formazione socio-emotiva è efficace se si riverbera in una cultura scolastica vissuta ed esperita da tutti gli attori coinvolti. Gli stili di insegnamento dei docenti sono importanti come i programmi SEL espliciti e come l’inserimento di tali contenuti in vari {p. 300}aspetti dell’esperienza scolastica, compresi gli insegnamenti disciplinari. Le relazioni tra gli attori della scuola sono poi cruciali. Si pensi alle dinamiche delle interazioni tra docenti, tra docenti e dirigenti e con le famiglie. Se manca il coordinamento di tutte queste dimensioni con il messaggio educativo centrale, l’apprendimento di queste competenze diventa impossibile;
d) coinvolgimento di «stakeholder» (famiglie e comunità). Si tratta qui non delle relazioni collaborative (menzionate al punto precedente), ma del coinvolgimento progettuale e nella stessa definizione di finalità e progetti. Il SEL si rivela sempre più come un processo induttivo, culturalmente particolare e generalizzabile solo limitatamente e con attenta contestualizzazione;
e) personalizzazione del profilo degli alunni. L’attenzione allo sviluppo del singolo alunno assume una rilevanza particolare quando si tratta di questo tipo di competenze. Le forme possono essere differenti, ma il nocciolo rimane la capacità di instaurare relazioni faccia a faccia, personalizzate, al di fuori dei momenti e delle dinamiche di classe;
f) formazione degli insegnanti. Le competenze socio-emotive non possono essere date per scontate negli adulti che devono trasmetterle; ancor meno la competenza educativa su questi temi. Si tratta qui semplicemente di una specificazione di un problema più generale, per nulla nuovo e ben noto, cioè quello dello sviluppo professionale costante degli insegnanti;
g) «governance» riflessiva e integrata. Anche sul tema SEL è importante una governance che integri professionalità, competenze, livelli territoriali e gestionali differenti. Se si pensa, per esempio, ai programmi SEL non universalistici, ma rivolti a scopo preventivo oppure riparativo a individui o gruppi di studenti caratterizzati da particolari rischi o condizioni problematiche, è chiaro che essi chiamino in causa competenze valutative, psicologiche e relazionali rilevanti.
Sono emersi, infine, alcuni risultati non riconducibili alle scuole, a cui è utile prestare attenzione.
Un punto rilevante riguarda il nesso delle SES con lo status o la classe sociale. Non è banale constatare che non {p. 301}è tanto la variabile del reddito, quindi lo status a livello socio-economico, quanto il livello di istruzione e lo status socio-culturale dei genitori (in particolare poi della madre) a influire positivamente sulle SES del bambino. A questo esito si deve prestare attenzione, qualora si voglia considerare l’apprendimento socio-emotivo come uno dei mezzi con cui realizzare l’eguaglianza delle opportunità e pensare alle azioni necessarie a questo fine. In un certo senso, questa notazione suona anche come una conferma indiretta della rilevanza delle SES per gli esiti relativi a varie sfere della vita adulta – il «successo», definito coerentemente con i criteri propri a ciascun ambito. Che queste competenze si trasmettano, almeno in parte, tra le generazioni è un punto significativo.
Interessante, e meritevole di approfondimento, è poi l’idea che la resistenza allo stress – diversamente dalle altre caratteristiche prese in esame – dipenda più fortemente da variabili esterne alla scuola e non del tutto messe a fuoco nella nostra indagine. In questo caso, si tratta evidentemente di centrare l’attenzione sulla sfera familiare, in particolare nel caso di bambini di questa età. È questa anche l’unica SES nella quale i maschi presentano un livello superiore alle femmine, mentre nelle altre si ottengono risultati opposti. Anche questa è un’indicazione utile, che potrebbe per esempio confermare le ipotesi interpretative, spesso ancora piuttosto impressionistiche, circa il fatto che i migliori risultati scolastici delle alunne in varie discipline, fino alla scuola secondaria superiore compresa, non trovino riscontro nelle successive scelte di carriera universitaria, o nei tentativi di accesso a scuole di eccellenza.
In conclusione, sullo sfondo di queste analisi e degli esiti che esse hanno fornito si profila una questione di più ampio respiro e di lungo periodo. Per chi sia convinto dell’importanza delle SES e della loro integrazione nei processi educativi scolastici si tratterà, alla fine, di approfondire le condizioni di una fondamentale differenza che riguarda le connessioni tra eredità umanistica, scienze umane e sociali e tecnologia. La costellazione emergente potrebbe consistere in sintesi neo-umanistiche, in cui le SES – o character skills – siano
{p. 302}definite in modo multidimensionale, culturalmente sensibile, non totalizzante e sovrafunzionale, distinguendo e relazionando dimensioni affettive, comportamentali e morali, aspetti abilitanti e motivazionali. Oppure potrebbe entrare a far parte di una sindrome tecnocratica e funzionalista, in cui il soggetto umano sia inteso come piattaforma da potenziare-e-controllare. Non è possibile svolgere qui questo tema complesso [1]
, ma riteniamo che i risultati di questo lavoro siano coerenti con il primo scenario. La frontiera teorica e pratica di una nuova educazione personalizzante, oggi, passa di qui. Su questo punto cruciale, la discussione teorica – e probabilmente il confronto tra visioni differenti attorno ed entro i sistemi educativi – ha radici antiche, ma nella sua forma odierna è appena cominciata.
Note
[1] Su questo punto mi permetto di rinviare alle considerazioni introduttive svolte in Maccarini [2014; 2016].