Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c2

Capitolo secondo Le character skills nel processo di socializzazione
di Andrea M. Maccarini

Notizie Autori
Andrea M. Maccarini Professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e presidente del Corso di laurea magistrale in Innovazione e servizio sociale nell’Università di Padova. È stato “visiting scholar” in varie università, tra cui University of California Los Angeles (UCLA), Boston University e Humboldt-Universität Berlin. È stato delegato dell’Italia nel “governing board” e membro del bureau di OECD-CERI (Centre for Educational Reform and Innovation) dal 2012 al 2019 e ha coordinato la sezione Educazione dell’Associazione Italiana di Sociologia (2012-2015). Collabora attualmente con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo.
Abstract
Il punto chiave del presente capitolo consiste nel fornire un’interpretazione dei condizionamenti strutturali e culturali dell’apprendimento socioemotivo (SEL), di ciò che lo genera come bisogno educativo profondo, di ciò che ne richiede, ne facilita o ne ostacola la realizzazione. Si tratta dunque di comprendere il suo senso, i significati sociali che gli vengono attribuiti, le aspettative che su di esso gravano e alcuni problemi che derivano da tutto questo. Osserviamo dunque il SEL e le relative competenze come risposta a una sfida societaria, per capire come le culture educative stiano reagendo al mutamento sociale. La tesi di fondo che viene argomentata è che il SEL vada interpretato, e agito, nell’ambito complessivo dei processi di socializzazione. Il capitolo opera anzitutto alcune brevi precisazioni riguardanti la ragione fondamentale dell’interesse per le SES, fornendone una definizione generale. Il paragrafo 2 presenta le pressioni strutturali che generano il nuovo discorso sul SEL e nel paragrafo 3 si esamina la sua necessaria dimensione culturale, illustrando le problematicità che da tutto questo emergono. Il paragrafo 4, infine, spiega, benché solo introduttivamente, in che senso il SEL possa essere integrato in un modello della socializzazione e dell’organizzazione delle scuole.
Nel complesso, la visione di SES e SEL che qui si offre intende contribuire a orientare non solo la ricerca, ma anche le policy e le pratiche professionali d’insegnamento in questo ambito.

1. Introduzione: le «character skills» e i bisogni educativi nella società globale

Le competenze sociali ed emotive e il loro apprendimento, o in altri termini il «carattere» e la sua formazione [1]
, sono un tema antico e nuovo. Tanto per i professionisti dell’educazione quanto per le famiglie e per la società in generale, la formazione della persona e della sua relazione con il mondo costituisce da sempre, intuitivamente, il nucleo centrale dell’educazione stessa. È importante ricordare che lo sviluppo socioemotivo e caratteriale dei bambini e dei giovani avviene sempre, in tutte le scuole del mondo, anche implicitamente e inconsapevolmente, quindi in modo incontrollato. La ragione è semplice: è impossibile mettere insieme adulti e bambini per lungo tempo, senza che ciò influisca sulle competenze sociali ed emotive dei giovani e sul tipo di persone che essi diventano [2]
. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, tuttavia, tale nocciolo educativo è divenuto oggetto di un processo riflessivo esplicito, sviluppatosi in parziale polemica rispetto all’enfasi allora crescente sui test disciplinari standardizzati, con l’ambizione di portare il discorso al di là dei confini, teorici e operativi, delle concezioni umanistiche classiche [3]
. Questo tema si va {p. 44}ormai affermando come un focus centrale del nuovo discorso dell’educazione e della sua personalizzazione.
Il punto chiave del presente capitolo consiste nel fornire un’interpretazione dei condizionamenti strutturali e culturali dell’apprendimento socioemotivo (SEL), di ciò che lo genera come bisogno educativo profondo, di ciò che ne richiede, ne facilita o ne ostacola la realizzazione. Si tratta dunque anche di comprendere il suo senso, i significati sociali che gli vengono attribuiti, le aspettative che su di esso gravano e alcuni problemi che derivano da tutto questo. Osserviamo dunque il SEL e le relative competenze come risposta a una sfida societaria, per capire come le culture educative stiano reagendo al mutamento sociale.
La mia tesi di fondo è che il SEL vada interpretato, e agito, nell’ambito complessivo dei processi di socializzazione. Questa idea non va data per scontata, poiché spesso le ricerche si concentrano esclusivamente sugli specifici programmi d’insegnamento delle competenze sociali ed emotive (SES), tentando di misurarne l’efficacia e le problematicità. È noto, però, che il contesto entro cui le SES si sviluppano è «un maelström di molteplici forze concorrenti» [4]
. La loro trasmissione attraverso programmi ad hoc dev’essere vista, quindi, tutt’al più come condizione necessaria, ma non sufficiente. È indispensabile incorporare queste competenze in un framework che diventi parte delle identità degli alunni e ciò richiede il coordinamento di emozioni, cognizione e comportamento nel tempo.
Inoltre, quando si parla di apprendimento socioemotivo si fa riferimento almeno a due aspetti: da un lato si parla di SES come contenuto e obiettivo di programmi di apprendimento, mentre dall’altro esse sono dimensioni delle relazioni {p. 45}educative, tra insegnanti e alunni. Da quest’ultimo punto di vista, sono il medium attraverso il quale viene dischiusa agli alunni la ricerca del proprio posto nel mondo, entrando in contatto con grandi idee e scopi onde scoprire le proprie idee e i propri scopi. Ciò significa che la dimensione socioemotiva delle relazioni educative e le relative competenze sono strettamente intrecciate con lo sviluppo della riflessività personale dei giovani, con la scoperta di valori, l’identificazione di premure e l’assunzione di impegni. La teoria sociologica della socializzazione è, quindi, centralmente coinvolta nel tema.
Trattare il SEL come fenomeno socioculturale, infine, serve a produrre un impatto sulle policy e le pratiche professionali d’insegnamento. Come vedremo, le caratteristiche degli ambienti di apprendimento e il sistema delle relazioni attivate sono strettamente connesse a queste considerazioni.
È utile, anzitutto, operare alcune brevi precisazioni riguardanti la ragione fondamentale dell’interesse per le SES, fornirne una definizione generale e soffermarsi sul framework concettuale con cui studiarle. Successivamente, nel paragrafo 2 presenterò le pressioni strutturali che generano il nuovo discorso sul SEL e nel paragrafo 3 la sua necessaria dimensione culturale. Entrambe le dimensioni implicano al tempo stesso una serie di problematicità. Il paragrafo 4 è dedicato a illustrare, benché solo introduttivamente, in che senso il SEL possa e debba essere integrato in un modello della socializzazione e dell’organizzazione delle scuole.
A livello internazionale, un panorama di ricerche vasto e interdisciplinare ha da tempo illustrato gli esiti positivi per le persone e per la società che ci si aspetta dalle SES. Mi limito qui a riassumere in estrema sintesi i punti principali. Le SES sono interessanti perché contribuiscono a migliorare le prestazioni scolastiche degli alunni, rafforzando la motivazione a imparare e la convinzione che i contenuti scolastici siano rilevanti per vita reale, e sviluppando le capacità di lavoro (sforzo, perseveranza, ecc.). Questo elemento si correla anche a un minor tasso di abbandono degli studi e di disimpegno dalla scuola. Nel lungo periodo, alti livelli di SES si correlano con una migliore riuscita nel lavoro e più {p. 46}in generale con una migliore riuscita esistenziale (i cosiddetti life outcomes), caratterizzata ad esempio attraverso la minor propensione a contrarre certe patologie o disordini comportamentali. Infine, alcune ricerche indicano che il SEL aiuta a ridurre nei giovani i tassi di criminalità, migliora l’integrazione delle comunità immigrate e diminuisce la marginalizzazione sociale in varie minoranze della popolazione. In definitiva, queste competenze appaiono più importanti che mai, in un mondo competitivo, talora violento e segnato da forti tensioni, dentro e fuori la scuola. Essere in grado di resistere agli shock e alle pressioni rappresenta un tratto decisivo per il successo – qualunque cosa esso significhi – dei soggetti individuali e per la coesione sociale.
Queste aspettative – ad ampio spettro, di breve e di lungo periodo – sono estremamente onerose sul piano educativo. Quali competenze, capacità o qualità personali [5]
potranno rendere i soggetti così «potenti»? È comprensibile che un’ambizione educativa così alta abbia prodotto lunghi e a volte complicati elenchi di «competenze». La definizione del concetto di SES/SEL ha seguito un percorso di progressiva determinazione, segnato da due problemi fondamentali.
Il primo è l’esigenza di definire il concetto in modo operativo e misurabile. Esso si precisa dunque progressivamente, per arrivare a fondare la realizzazione di programmi evidence based nelle scuole. Attualmente, le SES sono definite come «capacità individuali che a) si manifestano in modelli coerenti di pensiero, sentimento e comportamento, b) possono essere sviluppate attraverso esperienze di apprendimento formali e informali e c) influiscono su importanti esiti socioeconomici lungo tutto il corso della vita» [6]
. L’apprendimento socioemotivo (SEL) è{p. 47}
il processo attraverso cui bambini e adulti acquisiscono e applicano efficacemente la conoscenza, gli atteggiamenti e le competenze necessarie a comprendere e gestire le emozioni, a porsi e a conseguire obiettivi positivi, a sentire e manifestare empatia per gli altri, a stabilire e mantenere relazioni positive e a prendere decisioni responsabili [7]
.
Il secondo problema riguarda l’integrazione di una capacità di prestazione e di una dimensione morale. La maggior parte delle definizioni confonde i due aspetti in modo non riflessivo. Si dice, ad esempio, che le SES implicano la capacità di sviluppare cura e premura per gli altri e gestire situazioni difficili in modo etico e costruttivo [8]
. Naturalmente, questa idea chiama in causa atteggiamenti che eccedono la «competenza» e portano nella sfera degli impegni al valore. Ad esempio, le ricerche indicano una correlazione tra alti livelli di SES e calo dei comportamenti criminali, ma avere un’elevata intelligenza emotiva non significa immediatamente che un giovane tenga comportamenti moralmente irreprensibili. Gli individui che commettono atti di bullismo o di mobbing – a scuola o in un’azienda – sono spesso abili manipolatori, capaci di piegare le dinamiche sociali di un gruppo ai loro scopi. Senza la dimensione morale, le SES costituiscono un arsenale di capacità operative senza un chiaro obiettivo positivo [9]
. Il SEL diventerebbe dunque una sorta di antropotecnica [10]
, il cui nesso con l’etica rimane da chiarire e rimanda a un processo di socializzazione complessiva della persona. Questo problema chiama in causa il
{p. 48}concetto di carattere (character), che esprime qualità personali molto prossime a quelle definite come SES, ma entro una semantica eticamente qualificata [11]
. La distinzione tra performance character e moral character [12]
– entrambe dotate di una dimensione cognitiva, una affettiva e una comportamentale – formula appunto questa differenza-e-relazione, per cui tratti e disposizioni capacitanti sono necessarie come condizioni perché comportamenti moralmente positivi emergano e vengano applicati adeguatamente in vari contesti e situazioni. I beni individuali e collettivi che costituiscono le aspettative sociali centrali per il SEL emergono, quindi, per relazione tra queste due dimensioni. È in questo senso che si parla talora di character skills [13]
.
Note
[1] Nell’estesissima letteratura di lingua inglese, le espressioni canoniche sono: Social and emotional skills (d’ora in avanti SES), Social and emotional learning (SEL).
[2] M.J. Elias, J.E. Zins, R.P. Weissberg, K.S. Frey, M.T. Greenberg, N.M. Haynes et al., Promoting Social and Emotional Learning: Guidelines for Educators, Alexandria, Association for Supervision and Curriculum Development, 1997, p. 33.
[3] Si veda il contributo di Elias et al., in Promoting Social and Emotional Learning, cit. Lo stesso gruppo diede vita anche a CASEL (Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning) come espressione organizzativa del proprio interesse di ricerca.
[4] M.J. Elias, L. Leverett, J.C. Duffell, N. Humphrey, C. Stepney e J. Ferrito, Integrating SEL with Related Prevention and Youth Development Approaches, in J.A. Durlak, C.E. Domitrovich, R.P. Weissberg e T.P. Gullotta (a cura di), Handbook of Social and Emotional Learning. Research and Practice, New York-London, The Guilford Press, 2015, pp. 33-49, p. 35.
[5] Tralascio completamente in questa sede le discussioni circa la differenza tra competenze e abilità (competencies vs. skills), e ulteriori distinzioni. Per gli obiettivi di questo capitolo è adeguato impiegare i termini come sinonimi, come del resto avviene nella schiacciante maggioranza della letteratura di ricerca sul tema.
[6] O.P. John e F. De Fruyt, Education for Social Progress. Framework for the Longitudinal Study of Social and Emotional Skills in Cities, Paris, OECD, 2015, p. 6.
[7] R.P. Weissberg, J.A. Durlak, C.E. Domitrovich e T.P. Gullotta, Social and Emotional Learning: Past, Present, and Future, in J.A. Durlak, C.E. Domitrovich, R.P. Weissberg e T.P. Gullotta (a cura di), Handbook of Social and Emotional Learning. Research and Practice, cit., pp. 3-19, p. 8.
[8] CASEL (Collaborative for Academic, Social and Emotional Learning), What is Social and Emotional Learning (SEL)?, http://casel.org/why-it-matters/what-is-sel, 2013.
[9] Analoghe considerazioni valgono per il concetto di capitale sociale e sono emerse ad esempio nel dibattito sul suo nesso con le organizzazioni criminali.
[10] P. Sloterdijk, Devi cambiare la tua vita, Milano, Raffaello Cortina, 2015.
[11] J. Arthur, The Re-emergence of Character Education in British Education Policy, in «British Journal of Educational Studies», 53, 3, 2005, pp. 239-254; Id., Traditional Approaches to Character Education in Britain and America, in L. Nucci, D. Narvaez e T. Krettenauer (a cura di), Handbook of Moral and Character Education, London-New York, Routledge, 2014, pp. 43-60.
[12] M.W. Berkowitz, Leading Schools of Character, in A.M. Blankstein e P.D. Houston (a cura di), Leadership for Social Justice and Democracy in Our Schools, Thousand Oaks, Corwin Press, 2011, pp. 93-121; S. Seider, Character Compass: How Powerful School Culture Can Point Students toward Success, Cambridge, Harvard University Press, 2012.
[13] Quanto al carattere e alle SES, chiarirne in modo esauriente divergenze e connessioni richiederebbe uno spazio ulteriore. Per una riflessione in merito mi permetto di rimandare a A. Maccarini, Deep Change and Emergent Structures in Global Society. Explorations in Social Morphogenesis, Dordrecht, Springer, 2019, cap. 8, soprattutto pp. 230-247.